Dite la verità, avete proprio voglia di leggere delle epiche gesta di Meloni Letta Conte Salvini Berlusconi Calenzi (l’ultimo è un ibrido elettorale di due politici famosi)? La virgola è superflua e l’ordine, secondo sondaggi. Il bisogno di pettegolezzo su questi tristi figuri è, invece, tanto necessario quanto in primavera un’allergia ai pollini.
Se ci fosse qualche dubbio, se le sirene del talk show serali diventassero irresistibili, si miri in mediateca le richieste a Mario Draghi, da parte di Salvini Berlusconi Conte, d’intervenire per mitigare gli effetti delle emergenze su energia guerra bilanci clima, nonostante la crisi di governo che, proprio Salvini Berlusconi Conte, hanno creato senza considerazione alcuna per queste emergenze. È una confessione d’incapacità sovrana.
Con queste premesse, volete veramente ancora leggere di questa campagna elettorale ferragostana? Non vi basta il buon Tremonti, l’uomo che sapeva tutto e non ne ha azzeccava una da superministro all’economia di Berlusconi che, ora, pregusta il suo trionfale ritorno sotto la vincente Meloni, rammentando in televisione il complotto globale ai suoi danni? Nella narrazione di Tremonti (piace dire così quando si raccontano storie) i conti dell’Italia erano encomiabili, almeno finché la lettera Trichet-Draghi della BCE non gli ha fatto notare il dettaglio di un’Italia sull’orlo della bancarotta. E che dire del capitano Salvini, neo-residente di Pantelleria che punta su scostamenti di bilancio come un ludopatico alla roulette?
Ci sono poi parole che possano onorare come conviene il Conte-Che Guevara che sfiducia il Conte Presidente del consiglio con i voti di tutti e la fiducia di nessuno? Ormai la lotta è tra titani della politica, e qui ben figura l’ibrido Calenzi il cui ego metafisico supera le già importanti vette che i singoli Calenda e Renzi avevano toccato, per giunta, mai sbagliando sul come essere sempre dalla parte di sé stessi.
Nel Jurassic Park della politica non poteva certo mancare il sauro geneticamente modificato di Berlusconi che, in versione digitale (non si sa se ci siano altre versioni), allieta il mondo sponsorizzando se stesso sulla piattaforma per ragazzini TikTok. Intervento provvidenziale perché se c’è qualcuno che dev’essere allietato. Costui è il mai troppo sereno Letta. Rimasto solo a sostenere il Governo, nei sei mesi di mandato che ancora gli restavano, è stato sbeffeggiato da tutti. Ma proprio tutti. Forse il suo PD diventerà il partito più forte dell’opposizione e, dedicandosi a molta meditazione trascendentale, troverà in sé quegli spazi politici che fuori gli sono negati.
Certo saranno le urne a decidere, ma ve lo immaginate un elettore che premia la lealtà politica a un governo, la preoccupazione per clima lavoro guerra, il rispetto per un’Europa che finanzia con le tasse dei cittadini europei la ricostruzione italiana? Se poi la lealtà, la preoccupazione, il rispetto di Letta sono sentimenti suggeriti dai sondaggi, beh, nessuno è perfetto. Per ragioni opposte, anche la Meloni scommetteva sulla fine naturale del mandato Draghi.
Se proprio si vuole ragionare di politica, si prenda un argomento sulle bocche di tutti i politici, e nella testa di pochi di loro. Molte di queste bocche propongono di cambiare i termini di un contratto sottoscritto dall’Italia con l’Unione europea: propongono di cambiare il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR).
Lasciando da parte la dilettevole idea che gli Stati potrebbero fare quel che non è consentito alle persone, vale a dire, violare senza conseguenze gli impegni reciprocamente presi (quando se ne è parlato a lezione, Boris Johnson e Victor Orban erano assenti), la vera domanda è chi conosce veramente questo PNRR? Chi sa qual è il suo legame col piano dell’Unione europea chiamato Next Generation EU? Chi sa quanti soldi sono prestati e quanti regalati all’Italia per la resilienza delle sue infrastrutture, dei suoi servizi, del suo capitale umano, naturale, sociale? Chi sa poi cosa vuole dire resilienza?
Partiamo dall’ultimo. La resilienza diventata «password della guarigione, l’abracadabra del futuro, la parola-regina che ci porta fuori dalla pandemia», citata più del ‘debito buono’ dal Presidente del Consiglio dei ministri Draghi, più ‘dell’immunità di gregge’ dal ministro della Sanità Speranza, più del decreto sostegni dal ministro del tesoro Franco (c.f. Merlo, Repubblica 2021) ha significati ancorati nella definizione dell’acciaio, passati alla resistenza dei tessuti, traslati nella psicologia, l’ecologia, la sociologia, l’economia e, infine, nella politica.
Molti di questi significati sono fuorvianti. Alcuni sottintendono l’indistruttibilità della materia: un concetto che non appartiene alle cose dell’uomo non può essere preso dalla politica che tali cose vuole gestire. Non aiuta nemmeno l’idea di un ‘riprendere le forme originarie’: un concetto alieno alla vita che è mai un ‘eterno ritorno’, un ciclo della storia, un essere senza mai un divenire. La vita è movimento e la politica che interagisce con la vita non può essere altro.
Dunque, la resilienza è riprendere una forma senza rimanerne prigioniera: è figlia e non clone di quel che ha sofferto un’avversità. Un’immagine in fondo bella, che dà speranza. C’è bisogno di questa speranza, almeno a chi dovrà poi ripagare i miliardi che accompagneranno le riforme, gli investimenti e i servizi di questo resiliente progetto politico europeo tradotto in un Piano d’azione: iniziato solo ieri, non può certo morire domani.
Cosa rimane delle altre domande: cos’è il PNRR? Qual è il suo legame con il Next Generation EU? Quanti soldi sono prestati e quanti regalati dall’Unione europea? E visto che siamo in vena di domande: quali sono poi i progetti di questo piano, quali i tempi di realizzazione, quali i controlli? Per avere una risposta basta dare un’occhiata all’aggiornato sito del Governo: italiadomani.gov.it. Prescritta dall’Unione europea, è una piacevole sorpresa, dato il rapporto spesso incerto che la politica ha con la comunicazione trasparente ed efficace.
Alessandro Bondi
Professore, Cattedra di Diritto Penale, Direttore Centro Studi Giuridici Europei Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Urbino