di Alessandro Bovicelli, ricercatore di Ginecologia oncologica all’Università di Bologna
E’ uno dei delitti più efferati quello di Martina Patti nei confronti della figlia Elena, ma è diverso da tutti gli altri precedenti a cui avevamo assistito. Qui è entrata in campo la perfetta sindrome di Medea, di vendetta nei confronti dell’ex partner, un omicidio premeditato in piena lucidità che ha riflesso sulla povera bambina tutto l’astio che la Patti aveva nei confronti dell’ex compagno colpevole di essersi rifatto una vita e di avere una compagna a cui Elena si era affezionata. Un evento drammatico che trova poco spazio in soluzioni future per l’infanticida. Di solito il figlio è l’essere intoccabile a cui vuoi più bene; questa volta la figlia si è trasformata a cinque anni nel capro espiatorio di una torbida vicenda.