Madre, padre… Sono io.
Ho conosciuto
in un istante l’inferno.
Canticchiavate
sul carro fascista
prima di addormentarmi
e uno sparo,
per zittire un neonato,
mi ha regalato il sonno eterno.
Avete pianto
e piangete ancora.
Tranquilli,
non è tanto male qui:
ora non ho più male al pancino
a causa della mancanza
del mio pupazzo… É con me Kimba,
ha preso vita!
Prego sempre
di non vedervi qua
per un bel po’.
Vi aspetterò,
come ho fatto in tutto questo tempo:
le lancette del nostro orologio
si sono scosse infinite volte.
Canticchiate da laggiù
e godetevi la fine della guerra.
Ci riabbracceremo
quando avrete quasi cent’ anni
e io sempre sette.