Tratto da lavoce.info
DI SOFIA FELICI, economista presso il Centro Studi Confindustria
E CIRO RAPACCIUOLO, senior economist presso il Centro Studi Confindustria a Roma
Il risparmio accumulato dalle famiglie nell’ultimo triennio potrebbe aver alimentato la spesa nella seconda parte del 2022. Ora la situazione è cambiata: rincari dell’energia, inflazione e incertezza potrebbero frenare i consumi e favorire la stagnazione.
Extra-risparmio ancora elevato
Il crollo dei consumi dal 2020, rispetto al reddito, si è riflesso in una maggiore accumulazione di risorse, in gran parte “forzata” o involontaria a causa delle restrizioni anti-pandemia, generando un aumento senza precedenti del risparmio delle famiglie. Nel 2020-2021 la propensione è salita dall’8 per cento a un picco di quasi il 20 per cento. Nel corso del 2022 è gradualmente scesa (7,1 per cento nel terzo trimestre), tornando sotto il livello pre-Covid e interrompendo la dinamica di accumulo di risorse in eccesso.
L’ampliarsi della distanza tra reddito e consumi, calcolata con un esercizio controfattuale, è stato di circa 126 miliardi di euro tra il 1° trimestre 2020 e il 2° trimestre 2022 (7 per cento del Pil). In Italia l’ammontare delle risorse accumulate è in linea con la media dell’Eurozona (7,3 per cento, 900 miliardi di euro), ma inferiore rispetto a quanto registrato negli Usa, dove ha raggiunto il 12 per cento del Pil, favorito anche da sostegni molto generosi durante la pandemia. Al contrario di quanto accaduto in precedenti recessioni economiche, le misure politiche straordinarie prese dai governi sotto forma di sostegno al reddito e all’occupazione hanno attutito l’impatto negativo sul reddito personale disponibile e sulla componente di risparmio precauzionale.
Risorse per la crescita?
L’importanza dell’extra-risparmio deriva chiaramente dal ruolo che potenzialmente può svolgere, come serbatoio di risorse, nel sostenere i consumi tra fine 2022 e il 2023. Ma in che misura? Ci sono tre motivi per cui l’ammontare di risorse che potrà alimentare nuovo consumo è, di fatto, molto minore di quanto accumulato:
Il primo è che le risorse sono distribuite in maniera diseguale. La distribuzione dei risparmi, accumulati soprattutto dalle famiglie ad alto reddito, limita la misura in cui possono essere utilizzate per ammortizzare i rincari energetici e sostenere i consumi. Inoltre, le famiglie più abbienti hanno una minore propensione al consumo. Al contrario, i nuclei a minor reddito, che spenderebbero proporzionalmente di più, non sono stati in grado di aumentare i propri risparmi e sono i più colpiti oggi, poiché la spesa per l’energia rappresenta una percentuale significativa del loro reddito (12,1 per cento nel quintile più basso, contro 6,7 per cento nel quintile più alto – figura 2).
Il secondo motivo è che i risparmi accumulati sono stati in parte investiti. Dai conti finanziari elaborati da Banca d’Italia emerge come parte delle risorse in eccesso sia stata allocata in fondi di investimento e partecipazioni (+23,4 per cento a fine 2021 dal 2019) e fondi assicurativi e pensionistici (+11,2 per cento), immobilizzando il risparmio, il cui valore può aumentare nella misura in cui venisse destinato a strumenti finanziari remunerativi. Da inizio 2022, tuttavia, sebbene rimangano sopra i livelli pre-pandemici, le quote di queste forme di investimento si sono ridotte di nuovo, a favore di depositi e conti correnti. Il motivo può dipendere dal fatto che la crisi energetica e la guerra hanno influito sulle decisioni finanziarie dei risparmiatori che, per prudenza e nonostante i rincari, preferiscono forme liquide.
Il terzo motivo è che le risorse sono erose dall’inflazione. L’andamento crescente dell’inflazione (+11,6 per cento a dicembre) riduce il potere d’acquisto di quanto risparmiato, gravando sulle famiglie e influendo sulle loro decisioni di spesa. Complessivamente, per effetto delle dinamiche inflattive si stima una perdita, catturata dal deflatore dei consumi che depura i valori monetari dall’aumento dei prezzi, di circa 13 miliardi di euro rispetto al totale dell’extra-risparmio. Si riducono, quindi, le risorse disponibili per finanziare la spesa, perché l’extra-risparmio (come il reddito) è colpito dall’incremento dei prezzi, specie la parte che rimane “liquida” sui conti correnti.
Quanto extra-risparmio resta per la spesa?
La possibilità che i risparmi accumulati confluiscano in più alti consumi nei prossimi trimestri dipende, dunque, da molteplici fattori. La concentrazione dei risparmi tra le famiglie più abbienti è il più limitante. La detenzione delle risorse in forma “illiquida” riduce ulteriormente quelle fruibili per esigenze di spesa. Tenuto conto di questi due fattori e dell’erosione dovuta all’inflazione, la parte di extra-risparmio effettivamente spendibile è stimabile in circa 13 miliardi (poco più del 10 per cento).
Inoltre, parte delle risorse accumulate sembra già essere confluita nei consumi delle famiglie, cresciuti molto nel 2° e 3° trimestre (+2,5 per cento in entrambi), più di quanto registrato dagli altri paesi europei. La risalita dei consumi, tornati sopra il periodo pre-Covid (+0,4 per cento), non sembra spiegabile dal reddito disponibile nel 2° trimestre (+1,4 per cento nominale, -0,1 per cento reale), e lo è solo in parte per la modesta crescita del reddito reale nel 3° (+0,3 per cento). È stata spinta, invece, dalla flessione della propensione al risparmio (di -2,3 e -1,9 punti nel 2° e 3° trimestre) e dai risparmi accumulati, sia nel 2° che nel 3° trimestre.
D’altro canto, l’incertezza derivante dal deterioramento delle prospettive economiche potrebbe indurre le famiglie, da fine 2022, a ulteriore risparmio “precauzionale”. E il protrarsi del caro-energia (che riguarda consumi non molto comprimibili) potrebbe assorbire ulteriore extra-risparmio, riducendo l’impulso positivo sui consumi e accelerando la stagnazione.
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