Tratto da lavoce.info
DI ANDREA GAVOSTO, direttore della Fondazione Giovanni Agnelli dal 2008
E BARBARA ROMANO, ricercatrice alla Fondazione Agnelli
Dai risultati in lettura dell’indagine internazionale Pirls del 2021 su bambini e bambine di IV primaria arrivano buone notizie per l’Italia. Restano punti critici sui divari territoriali e sociali. E servirebbe una riflessione sulla fascia di età 0-6 anni.
Cosa misura l’indagine Pirls
Pirls (Progress in International Reading Literacy Study) è un’indagine internazionale condotta ogni cinque anni da Iea (International Association for the Evaluation of Educational Achievement) su studenti al quarto anno di scuola, per misurare la literacy, ossia l’abilità di comprendere e utilizzare forme di linguaggio scritto: sono competenze importanti in questo stadio della scolarizzazione, in cui si passa dall’apprendere a leggere al “leggere per apprendere”, e che quindi condizionano gli sviluppi successivi. Come vedremo più avanti, sono anche la spia di quanto è stato fatto negli anni precedenti, nella fase prescolare.
Utilizzando testi narrativi e informativi, l’indagine misura i quattro processi ritenuti dai pedagogisti a livello internazionale come più significativi in termini di capacità discriminative della competenza di lettura dei bambini di scuola primaria, ossia:
1. ricavare informazioni e concetti esplicitamente espressi nel testo;
2. fare inferenze (cogliere significati e intenzioni non esplicitamente presenti nel testo);
3. interpretare e integrare informazioni e concetti;
4. analizzare e valutare il contenuto, la lingua e gli elementi testuali.
I risultati degli studenti di primaria
L’indagine Pirls si è svolta nel corso del 2021 e – anche se con ordini di grandezza differenti nei vari paesi – i punteggi hanno quasi certamente risentito delle chiusure dovute al Covid-19. Pertanto, i trend temporali vanno presi con cautela, mentre invece più affidabili sono i confronti nazionali o internazionali.
I risultati per il nostro paese sono sicuramente confortanti: gli alunni italiani si collocano nelle posizioni più alte della graduatoria internazionale, con un valore pari a 537 punti, che supera di 10 punti la media internazionale dei 50 paesi partecipanti all’indagine. Il dato è tanto più interessante se si considera che i nostri studenti hanno un’età media tra le più basse tra i partecipanti all’indagine, quasi un anno in meno rispetto ai tre paesi europei (Finlandia, Svezia e Polonia) che hanno punteggi superiori ai nostri.
Tuttavia, si evidenziano importanti divari territoriali nei risultati, con una differenza fra Nord-Ovest e Sud pari a 36 punti, equivalenti a 8 mesi di scuola.
Inoltre, guardando alla distribuzione nella scala a quattro livelli di competenza definita in Pirls, abbiamo meno studenti eccellenti rispetto ai paesi con punteggi medi simili al nostro: solo il 7 per cento contro circa il 15 per cento.
Che cosa è successo? Un’ipotesi è che le scuole del Nord abbiano lavorato di più su alcuni specifici processi di reading literacy – confronti con altre letture effettuate, generalizzazioni e previsioni sullo sviluppo narrativo – che erano risultati carenti nelle precedenti versioni delle rilevazioni internazionali e nazionali. Se fosse così, i docenti dimostrerebbero di aver fatto un uso intelligente del feedback fornito dalle prove di valutazione, anziché demonizzarle, come avveniva in passato.
Nella capacità di lettura si registra un divario a vantaggio delle ragazze (a differenza di quanto avviene in matematica), anche se in Italia meno marcato di altri paesi: a livello internazionale, infatti, la differenza è di 16 punti in media, mentre nel nostro paese è di 7 con pochissima variabilità tra le aree territoriali.
Una parte importante dei divari è probabilmente spiegata dallo status socioeconomico (Ses): un elevato indice socioeconomico e culturale è associato a un migliore rendimento degli studenti in lettura. In Italia la differenza tra studenti con Ses “alto” e Ses “basso” è di 64 punti. Inoltre, le differenze tra aree geografiche tendono ad aumentare per gli studenti con livello socioeconomico più basso.
La relazione tra esperienze pre-scolastiche e rendimento in lettura
In questa rilevazione Pirls è stata costruita una scala di partecipazione ad attività di pre-alfabetizzazione svolte dai bambini prima di iniziare la scuola primaria: i genitori hanno risposto sulla frequenza con cui hanno svolto nove differenti attività insieme ai loro figli negli anni precedenti la scuola primaria, come raccontare storie, giocare con le lettere dell’alfabeto, leggere loro libri, fare giochi di parole. Sia a livello internazionale sia per ciò che riguarda trasversalmente tutte le aree del nostro paese si vede una chiara relazione positiva, statisticamente significativa e di entità rilevante: mediamente 20 punti separano i bambini che hanno fruito di queste esperienze e quelli che non hanno avuto questa opportunità.
Si tratta di una correlazione, non necessariamente di un rapporto causa-effetto. Ad esempio, un contesto familiare svantaggiato, soprattutto dal punto di vista culturale, può determinare al tempo stesso una partecipazione minore – come quantità di tempo o qualità del contributo – dei genitori alle attività con i figli e risultati insoddisfacenti nelle prove.
Recentemente il ministero dell’Istruzione ha adottato due documenti-chiave dell’educazione 0-6 anni – nel dicembre 2021 e marzo 2022 – elaborati dalla Commissione per il sistema integrato di educazione e di istruzione: le Linee pedagogiche per il sistema integrato 0-6 e gli Orientamenti nazionali per lo 0-3. Tuttavia, l’attuazione dei decreti procede a rilento: in particolare, in pochi territori sono stati costituiti i coordinamenti pedagogici territoriali, che dovrebbero essere un concreto strumento di progettazione, confronto e interazione tra i diversi soggetti gestori, dallo Stato ai comuni ai privati. A questi ritardi vanno aggiunte le note e importanti difficoltà di attuazione del piano di investimenti per i nidi previsto dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (2,4 miliardi), soprattutto nelle regioni meridionali. I risultati di Pirls confermano quanto sarebbe sbagliato non sfruttare questa occasione per ampliare i servizi educativi a vantaggio dei più piccoli.
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