I patrizi dell’ antica Roma vestivano alla moda? Si, tunica di tela, lino, seta e pelliccia, i loro sarti? i famigliari; aghi di spina di pesce e ossi appuntiti erano gli attrezzi. Conciavano con vegetali e urina. Al calar del sole gli schiavi la raccoglievano nei pitali nelle strade. Il vestire e tanti altri costumi, furono ereditati dagli Etruschi. Approfondire di più sugli imperi romani, e sugli etruschi, bisognerebbe impegnare tempi in ricerca, come la professoressa storica e filologa Antonietta Dosi, documentando secoli della loro storia anche nel vestire. Decaduti, arrivarono Barbari, Ottomani e altre culture, rivoluzionando anche il modo di vestire. Papa Gregorio XIII, docente, nel 1575 istituì l’ UNIVERSITA dei SARTORI, ancora esistente. I laureati, mal pagati con pochi scudi, avrebbero dovuto cucire paramenti, talari e lussuosi e altro sacrale per le vaticane autorità. Nella creatività medievale e nel rinascimento, smaglanti costumi, pregiate stoffe e vivi colori, per nobili e mercanti e artisti. Le forgiate forbici avevano molto da tagliare. La professoressa Elsa Tosi Brandi, documenta la difficoltà avessero per poter avere il riconoscimento della professione SARTO e formare la loro corporazione.
La Rivoluzione Francese portò stravolgenti cambiamenti sociali; borghesia, aristocrazia persero privilegi economici e di potere, gli fu imposto dai ribelli di privarsi degli artigiani e servitù. Sarti, cuochi, parrucchieri e altri si ritrovarono privi di lavoro, costretti ad aprire bottega, i cuochi aprirono ristoranti e osterie, scrivendo la vera storia di questo mestiere; molti nomi e ricette rimangono immortali. Nacquero anche sarti ambulanti, arrivando con i muli, cucivano in luoghi rurali. Altri cucivano per i nuovi al potere; confezioni semplici e rivoluzionarie, per la poca borghesia rimasta, clero e artisti, qualità di stoffe con brillanti colori. La Belle Epoche ai sarti ingigantisce la creatività: artisti, letterati, musici, nobili, mercanti e altri, chiedono moda individuale.
I futuri conflitti li riportarono nel cucire per gerarchi militari, soldati e ospedali. Post guerra, negli anni cinquanta in lambretta anche a piedi, avvendandosi casa per casa in cerca di futuri clienti, anche tra il semplice popolo, non solo benestanti, proponendogli cuciture MISURA E METTI. Riuscendoci, cambiando radicalmente lo stile di vestire, anche al popolo. Anni 70, la Alta Moda Italiana, attualmente giunta nella vetta del mondo, molti sarti furono assunti nel farne parte con le loro cuciture storiche artistiche, adattate alle future mode con famosi designer. Poche botteghe si salvano, conosciute o meno, la sartoria bolognese del ghetto e altre.
A Roma Gammarelli veste ancora i gerarchi vaticani. Papa Francesco ne ha scelto uno nuovo, per cucirgli i Santissimi paramenti non vuole ricami, oro e altri lussi. E un artista Filippo Sarcinelli, conosciuto in molte parti del mondo, bottega a Sant’Arcangelo di Romagna. Giuseppe Bruni cuce camice per lui. Per loro, Thames & Hudson, sono venti i migliori sarti rimasti in Italia, li citano documentando nel avvolgente libro THE ITALIAN GENTLEMAN, essendo profondi esperti e storici ricercatori di sarti e “stoffaroli” non solo in Italia. Di Bologna nominano la bottega Policardi, la più antica di Romagna e Lolli’s Passion, come profondo conoscitore di stoffe di altissima qualità. Molti esperti e sociologi si chiedono, come un popolo con questa storia e cultura nel vestire, possa essere giunto ad imbrattassi con insignificanti tatuaggi tribali, magliette scarabocchiate di sponsor sconosciuti, jeans, morsicati e strappati, si come li vestivano i portuali di Genova, dove nasce anche il nome. Li vestivano accorciati e strappati per alleggerirsi dalle acque se sapessero magari crederebbero ad un riconoscente omaggio. A voi artisti della forbice, un piccolo museo sarebbe obbligato. Ai sarti di Alta Moda, botteghe, MISURA E METTI, rattoppatori, testimoni di cambiamenti culturali e costumi, vi aspettiamo nuovamente tra noi. Eccovi una poesia di un immortale: un solo uomo d’avvero dotato di sensibilità, che ho incontrato in vita mia, era il mio sarto.
Articolo di Paolo Giannini