Tratto da lavoce.info
DI PAOLO FIGINI, professore Associato di Politica Economica presso il Dipartimento di Scienze Economiche, Università di Bologna
Le previsioni del tempo incidono sull’industria turistica. Mettere sotto accusa i meteorologi però serve a poco: gli operatori dovrebbero prendere atto che il turismo dipende anche da fattori che non sono sotto il loro controllo. E agire di conseguenza.
Albergatori contro meteorologi
Con l’arrivo della bella stagione non torneranno soltanto i cinema all’aperto e i riti dell’estate, come cantava qualche anno fa Raphael Gualazzi. Torneranno anche le polemiche sulle previsioni del tempo errate e i conseguenti effetti sul turismo, in primis il settore alberghiero. Polemiche che, alimentate anche dalle associazioni degli albergatori e amplificate dalla stampa, hanno portato addirittura a definire “meteo-terroristi” i servizi di previsione meteorologica. Questi, secondo gli albergatori, sarebbero più interessati a produrre previsioni estreme e sistematicamente scorrette per attrarre un maggiore interesse (e numero di click) da parte degli utenti che non a fornire un servizio affidabile. Un’anteprima della polemica che ci accompagnerà nella prossima estate ha riguardato il ponte del Primo Maggio ed è riportata qui.
La ricerca
Un recente articolo pubblicato sull’Italian Economic Journal inizia a fare ordine sul tema, sottolineandone gli aspetti rilevanti, che interessano anche altre forme di turismo, come quello montano o lacustre. Innanzitutto, la ricerca distingue gli effetti delle condizioni meteo da quelli provocati da eventuali previsioni errate. È indubbio che il valore di un’esperienza turistica dipenda anche dalle condizioni meteorologiche, da cui scaturisce la disponibilità a pagare dei turisti. Siccome l’acquisto dei servizi vacanzieri avviene normalmente in anticipo utilizzando i portali di prenotazione online, il monitoraggio dei prezzi pubblicati su questi siti e il confronto con le previsioni meteo disponibili al momento della prenotazione e con le condizioni effettivamente realizzatesi permette di separare i due effetti.
Dal punto di vista teorico, le previsioni meteo sono un esempio di informazione pubblica, conosciuta (o conoscibile) a costo molto limitato sia dalla domanda che dall’offerta. La disponibilità di previsioni permette ai turisti di capire quali attività potranno essere intraprese durante il soggiorno e di anticipare il livello di soddisfazione e la conseguente disponibilità a pagare. Come è intuibile, una previsione di pioggia per il fine settimana in cui si vuole andare al mare è associata a una minore disponibilità a pagare e, al limite, a viaggiare. Monitorando il peggioramento della domanda e il numero minore di prenotazioni in caso di previsioni negative, gli albergatori tendono ad abbassare i prezzi per ristabilire un equilibrio di mercato coerente con i propri obiettivi strategici. È facile prevedere che l’effetto delle previsioni sul prezzo sia maggiore alla vigilia del soggiorno (quando le previsioni sono più affidabili) e all’inizio e alla fine della stagione estiva, quando le condizioni climatiche sono storicamente più instabili e quindi le previsioni più incerte.
Per confermare le previsioni teoriche, gli autori dell’articolo hanno poi considerato l’andamento dei prezzi pubblicati su Booking.com dagli hotel di una importante destinazione balneare (Rimini) durante un’intera stagione estiva (pre-Covid). Sono state analizzate tutte le offerte presenti sul sito relative a soggiorni nei fine settimana e per finestre di prenotazione che partono dai 14 giorni precedenti l’arrivo a Rimini. In questo lasso temporale hanno accoppiato i prezzi presenti su Booking.com con le previsioni meteo disponibili nelle stesse giornate sui principali siti e applicazioni usate in Italia.
I risultati sono coerenti con il modello e con l’intuizione. Dopo aver controllato per tutti i fattori che lo possono influenzare (la qualità delle camere e del trattamento, la diversa stagionalità), il prezzo risulta essere più basso del 3-4 per cento se è prevista pioggia durante il weekend. Inoltre, l’effetto è più debole nel pieno della stagione estiva rispetto ai mesi di giugno e di settembre, dove arriva quasi al 6 per cento, ed è più marcato negli ultimi 2-3 giorni prima del soggiorno, quando le previsioni sono più affidabili e precise. La ricerca, è importante ricordarlo, non indaga gli effetti derivanti dalla cancellazione delle prenotazioni che, soprattutto quelle all’ultimo minuto, producono ulteriori effetti sulla redditività.
Da una prospettiva economica, la diminuzione del prezzo in presenza di previsioni meteo negative è coerente con il mantenimento dell’efficienza di mercato, provocando essenzialmente una redistribuzione di benessere dal produttore al consumatore rispetto al caso in cui i prezzi non dovessero variare. Se le previsioni fossero sistematicamente corrette, quindi, gli albergatori dovrebbero prendersela unicamente con madre natura, e i loro minori introiti sarebbero la giusta conseguenza di offrire un servizio “esperienziale” di minore qualità a causa di peggiori fattori ambientali. Diverso sarebbe il discorso se le previsioni fossero sistematicamente errate. Ma lo sono? Gli autori della ricerca si concentrano sulle ultime 72 ore, in cui le previsioni raggiungono un grado di accuratezza elevato e in cui anche il servizio dell’Aeronautica Militare pubblica le proprie: il confronto tra le previsioni e i dati meteo reali usati nell’articolo permette di sottolineare due aspetti (tabella 1). Il primo è che il servizio pubblico (esente quindi da strategie commerciali) non è sistematicamente migliore di quello privato. In altre parole, l’accuratezza sembra dipendere più dal modello previsionale utilizzato che non da un’eventuale ricerca del clickbait. Il secondo è che non c’è una asimmetria significativa nella percentuale di errore quando consideriamo le previsioni errate di pioggia e quelle di sole. Cioè, le previsioni meteo non sono sistematicamente pessimistiche. Detto in altri termini, quello che gli albergatori perdono a causa di previsioni (errate) di pioggia viene riguadagnato quando ci sono previsioni (errate) di bel tempo.
Le strategie da seguire
Seppur senza volontà di generalizzare (il confronto tra previsioni e condizioni reali riguarda una singola estate e una sola città), dai risultati della ricerca sembra che i servizi commerciali di previsione debbano essere assolti dall’accusa di “meteo terrorismo”. La meteorologia ha certamente le sue colpe, legate forse più alle strategie di comunicazione che non alle previsioni in sé. Le comunicazioni meteo sono spesso improntate a prudenza (il cosiddetto wet bias) sia per obiettivi di protezione civile (si creano relativamente più danni se il maltempo non viene preannunciato) sia per ovviare alla diversa predisposizione psicologica delle persone di fronte a cambiamenti delle condizioni meteo di valore opposto.
In conclusione, invece di prendersela con i meteorologi, gli albergatori dovrebbero invece concentrarsi sul fatto che il turismo dipende spesso da condizioni ambientali che sono al di fuori dal loro controllo. Le strade su cui devono lavorare sono quindi due: promuovere strumenti assicurativi che da un lato riducano i costi imposti alle strutture dalla disdetta di prenotazioni quando ci sono condizioni negative (non a caso le tariffe che permettono la cancellazione sono più alte di quelle non rimborsabili), e dall’altro risarciscano i clienti per i danni provocati da vacanza rovinata dal maltempo. Inoltre, può essere efficace ampliare i servizi offerti dalle strutture arricchendoli con attività alternative che possano essere svolte in maniera soddisfacente anche in caso di brutto tempo. Altrimenti, non rimane che aspettare che la crisi climatica riduca ulteriormente la quantità di pioggia che cadrà nel nostro paese. A quel punto, però, i problemi da affrontare saranno ben peggiori.
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