Tratto da lavoce.info
DI LEONZIO RIZZO, professore ordinario di Scienza delle Finanze all’Università di Ferrara e research affiliate presso l’IEB dell’Università di Barcellona.
Le risorse necessarie per finanziare il Superbonus hanno raggiunto livelli insostenibili. Il governo ha perciò cambiato le modalità di fruizione dell’agevolazione, finendo però per favorire i redditi più alti. Erano possibili soluzioni più eque.
Come si è creata un’emergenza finanziaria
Nell’ultima audizione della Commissione Finanze e Tesoro, il direttore generale delle Finanze ha riportato una previsione di fabbisogno necessario per il Superbonus pari a 61 miliardi. Circa 25 miliardi in più rispetto a quanto programmato. Ci troviamo chiaramente di fronte a un’emergenza finanziaria, visto che attualmente è stato ristrutturato solo il 2 per cento del patrimonio immobiliare. A suo tempo, Giuseppe Pisauro aveva stimato che se tutto il potenziale patrimonio edilizio avesse fruito del bonus 110 per cento, sarebbero stati necessari circa 2 mila miliardi per rimborsare i crediti.
È evidente che l’operazione non è finanziariamente sostenibile. Con il decreto legge emanato il 16 febbraio, il governo ha eliminato la possibilità di fruire dell’agevolazione di tutti i bonus fiscali, compreso il Superbonus, tramite lo sconto in fattura o la cessione del credito. Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha tranquillizzato i cittadini dicendo che il governo non elimina la possibilità di avvalersi dell’agevolazione prevista, ma interviene solo sulla modalità con cui se ne fruisce e sono comunque esclusi dalla novità gli interventi già avviati.
In realtà, eliminando la possibilità dello sconto in fattura e della cessione del credito si circoscrive la possibilità di giovarsi della misura ai soli contribuenti cosiddetti capienti. Infatti, il decreto legge prevede che si possa fruire unicamente della detrazione (attualmente del 90 per cento delle spese per il Superbonus) spalmata su quattro anni (legge di bilancio 2022 art. 1 comma 28). Tutti coloro i quali hanno reddito bassi e pagano poche imposte non riuscirebbero a scontare le proprie spese e quindi a beneficiare dell’agevolazione.
In questo modo, sicuramente si limita l’entità delle risorse necessarie a finanziare il Superbonus, ma a scapito dei contribuenti a basso reddito, contribuendo a diminuire il livello di progressività del sistema fiscale. Ad esempio, con una spesa di 50mila euro, per essere capienti per l’intera detrazione spettante da suddividere in quattro anni, nel caso di un lavoratore dipendente, è necessario avere un reddito almeno pari a 43 mila euro. Quindi solo il 9 per cento dei lavoratori dipendenti sarebbe in grado di fruire pienamente della detrazione. Il rimanente 91 per cento ne perderebbe una parte. Nel caso di lavori pari a 100 mila euro, il reddito necessario per fruire della detrazione piena, sempre per un lavoratore dipendente, sale ad almeno 69 mila euro. In quest’ultimo caso, solo il 4 per cento potrebbe fruire della detrazione piena, mentre il restante 96 per cento ne perderebbe una parte. Peraltro, i nostri due esempi risultano inferiori alla spesa media registrata per le case unifamiliari, che al 31 gennaio 2023 era pari a 113 mila euro, secondo Enea.
Soluzioni migliori
L’ammontare straordinariamente elevato di risorse necessarie a finanziare il superbonus è dovuto non solo alla possibilità di fruirne da parte degli incapienti, ma anche al fatto che quasi l’intera somma spesa possa essere ripagata dallo stato. Ciò ha generato un incremento incontrollato dei prezzi dei lavori: c’è stato un incentivo ad aumentare la domanda senza alcun controllo sul prezzo da pagare.
Una misura più equa rispetto a quella varata dal governo potrebbe consistere nell’abbassare immediatamente la percentuale di spese detraibili, portandole dall’attuale 90 per cento al massimo al 65 per cento, come tra l’altro previsto dalla legge di bilancio del 2022, benché solo a partire dalle spese sostenute nell’anno 2025. Si potrebbe poi lasciare la possibilità per i non capienti di ottenere il rimborso della parte di detrazione che non riescono a utilizzare perché non hanno abbastanza imposte da pagare: una sorta di imposta negativa limitata solo al superbonus. Così si eliminerebbero i problemi generati finora dal farraginoso meccanismo di cessione del credito. Se anche così il meccanismo risultasse troppo oneroso, allora la scelta potrebbe essere quella di privilegiare i meno abbienti, modulando la quota di spese da portare in detrazione in modo inversamente proporzionale al reddito.
Lavoce è di tutti: sostienila!
Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!
SOSTIENI LAVOCE
DI LEONZIO RIZZO IL 17/02/2023 IN IN EVIDENZA
Le risorse necessarie per finanziare il Superbonus hanno raggiunto livelli insostenibili. Il governo ha perciò cambiato le modalità di fruizione dell’agevolazione, finendo però per favorire i redditi più alti. Erano possibili soluzioni più eque.
Come si è creata un’emergenza finanziaria
Nell’ultima audizione della Commissione Finanze e Tesoro, il direttore generale delle Finanze ha riportato una previsione di fabbisogno necessario per il Superbonus pari a 61 miliardi. Circa 25 miliardi in più rispetto a quanto programmato. Ci troviamo chiaramente di fronte a un’emergenza finanziaria, visto che attualmente è stato ristrutturato solo il 2 per cento del patrimonio immobiliare. A suo tempo, Giuseppe Pisauro aveva stimato che se tutto il potenziale patrimonio edilizio avesse fruito del bonus 110 per cento, sarebbero stati necessari circa 2 mila miliardi per rimborsare i crediti.
È evidente che l’operazione non è finanziariamente sostenibile. Con il decreto legge emanato il 16 febbraio, il governo ha eliminato la possibilità di fruire dell’agevolazione di tutti i bonus fiscali, compreso il Superbonus, tramite lo sconto in fattura o la cessione del credito. Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha tranquillizzato i cittadini dicendo che il governo non elimina la possibilità di avvalersi dell’agevolazione prevista, ma interviene solo sulla modalità con cui se ne fruisce e sono comunque esclusi dalla novità gli interventi già avviati.
In realtà, eliminando la possibilità dello sconto in fattura e della cessione del credito si circoscrive la possibilità di giovarsi della misura ai soli contribuenti cosiddetti capienti. Infatti, il decreto legge prevede che si possa fruire unicamente della detrazione (attualmente del 90 per cento delle spese per il Superbonus) spalmata su quattro anni (legge di bilancio 2022 art. 1 comma 28). Tutti coloro i quali hanno reddito bassi e pagano poche imposte non riuscirebbero a scontare le proprie spese e quindi a beneficiare dell’agevolazione.
In questo modo, sicuramente si limita l’entità delle risorse necessarie a finanziare il Superbonus, ma a scapito dei contribuenti a basso reddito, contribuendo a diminuire il livello di progressività del sistema fiscale. Ad esempio, con una spesa di 50mila euro, per essere capienti per l’intera detrazione spettante da suddividere in quattro anni, nel caso di un lavoratore dipendente, è necessario avere un reddito almeno pari a 43 mila euro. Quindi solo il 9 per cento dei lavoratori dipendenti sarebbe in grado di fruire pienamente della detrazione. Il rimanente 91 per cento ne perderebbe una parte. Nel caso di lavori pari a 100 mila euro, il reddito necessario per fruire della detrazione piena, sempre per un lavoratore dipendente, sale ad almeno 69 mila euro. In quest’ultimo caso, solo il 4 per cento potrebbe fruire della detrazione piena, mentre il restante 96 per cento ne perderebbe una parte. Peraltro, i nostri due esempi risultano inferiori alla spesa media registrata per le case unifamiliari, che al 31 gennaio 2023 era pari a 113 mila euro, secondo Enea.
Soluzioni migliori
L’ammontare straordinariamente elevato di risorse necessarie a finanziare il superbonus è dovuto non solo alla possibilità di fruirne da parte degli incapienti, ma anche al fatto che quasi l’intera somma spesa possa essere ripagata dallo stato. Ciò ha generato un incremento incontrollato dei prezzi dei lavori: c’è stato un incentivo ad aumentare la domanda senza alcun controllo sul prezzo da pagare.
Una misura più equa rispetto a quella varata dal governo potrebbe consistere nell’abbassare immediatamente la percentuale di spese detraibili, portandole dall’attuale 90 per cento al massimo al 65 per cento, come tra l’altro previsto dalla legge di bilancio del 2022, benché solo a partire dalle spese sostenute nell’anno 2025. Si potrebbe poi lasciare la possibilità per i non capienti di ottenere il rimborso della parte di detrazione che non riescono a utilizzare perché non hanno abbastanza imposte da pagare: una sorta di imposta negativa limitata solo al superbonus. Così si eliminerebbero i problemi generati finora dal farraginoso meccanismo di cessione del credito. Se anche così il meccanismo risultasse troppo oneroso, allora la scelta potrebbe essere quella di privilegiare i meno abbienti, modulando la quota di spese da portare in detrazione in modo inversamente proporzionale al reddito.
Lavoce è di tutti: sostienila!
Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!
SOSTIENI LAVOCE