di Paolo Giannini
Non e’ solo il compagno da degustare durante i pasti, ma anche un ingrediente importante per poter raggiungere una armonia dei sapori: l’accoppiata cibo vino, in compagnia di spezie e condimenti per raggiungere armonia e carattere. Già nel primo secolo avanti CRISTO, Clelio Apicio, grande cuoco e poeta della antica Roma, nei suoi immensi studi e scritti’ cita delle ricette salsa con vino; condimento meraviglioso, diceva, far cuocere a lungo un MERUM di FALERNO con miele, aceto, zafferano e piccola percentuale di zenzero. Condimento piccante, rimasto oggi in grande auge se pur lievemente aggiornata nei templi stellati, come piatti salati per confetture e canditi. Nel ricettario troviamo anche il suino; prosciutto cotto in caldai, con la salsa sopra da noi, accennata con vino ed erbe, servito con datteri e fichi. Impasti di carne di toro, maiale e pesce era cosa di tutti i giorni. Sempre con molto vino, la carne era conservata sotto aceto e il vino. Sicuramente la nascita della marinata era aggiunta a noi, vino con erbe aromatiche, specialmente selvaggina avvenuta dal mare; da qui il nome marinata, soprattutto per cinghiali da Carolis, diventato poi Cagliari. Del vino e cibo, in un saggio sulla cucina nei tempi moderni nel quattordicesimo secolo, si accenna anche del nostro TREBBIANO, per insaporire volatili di qualunque esemplare. Anche nelle Fraterie, il vino era da padrone, non solo nel berlo: la famigerata TORTA con PORRI, accompagnata dal campanile e preghiere. Del quindicesimo secolo, riapparso il ricettario del maestro cuoco Tallavent si trova una ricetta di salsa di pane arrostito, cotto nel vino abbondantemente speziato con cannella, noce moscata, chiodi di garofano. Nasce la Salsa Carmelin. Altre salse furono inventate dove il vino fa da padrone. Esempio (Zuppa Mirao) inventata nel1420 da Bartolomeo Sacchi, detto il Platina, figura poliedrica e affascinante, noto non solo per gli studi umanistici, ma per aver rivoluzionato la cucina rinascimentale, ma per aver scritto un trattato agli inizi del 1500, considerato il primo libro di cucina, dove non si limitò nel descrivere solo ricette classiche, ma alcune rivoluzionarie, come aggiungere del brandi nel cibo; studioso di scienza culinaria e salute, ma anche benessere fisico e morale. Sacchi fu tra i primi nel concepire la cucina appartenente all’arte come letteratura, e altre arti, definendo i cuochi veri artisti e umanisti, per avere il sapere e la conoscenza di ciò che cucinano e il sentimento che offrono ai commensali. Un altro immortale chef, Bernardo Scappi cucinava per i papi Pio quarto e il suo successore; già inizio 1600 cucinava sogliole, lucci e calamari in aromi e aceto, mosto di vino e miele. Scrive molte ricette con il vino nei suoi saggi. Ho voluto presentare una quantità minima documentazione di come nella storia il vino nella cucina sia importante. Nella cucina moderna queste documentazioni storiche sono interpretate ancora, se pur con aggiornamenti dovuti alla totale metamorfosi dei nostri gusti condizionati dal cosiddetto progresso. Ma una parte di noi non è stata coinvolta e smembrata dalle tecnologie di consumo, quindi queste ricerche sono a noi ancora utili. Gli chef moderni usano eccome il vino in cucina. Con attenzione e nuovi studi, vini con bassa acidità, pesci grassi di fiume o di mare vengono cotti anche con del vino rosso poco alcolico, e sempre immersi con il cibo subito dopo aver avuto una rosolatura e cotto da poter saturare, sgrassare e legare la salsa, il vino la lega come nessun altro ingrediente, mai aggiungere a freddo, lo stesso procedimento con l’aceto anche se balsamico. Ma un accorgimento essenziale bianco con il pesce, rosso con la carne. E valutare bene la bottiglia poi che si degusta accompagnandolo, non allontanarsi troppo dalle sue caratteristiche. Da ristoratore una cosa è rimasta nei miei ricordi culinari, in un ricevimento, la cena preparata dal grande chef austriaco Eckart Witzigmann, ritenuto il cuoco del secolo dalla stampa e critici del settore, preparò una trancia di salmone selvatico al vino rosso, scovando una di queste preparazioni coinvolse cuochi stellati e non. Per lungo tempo la stampa del settore ne parlò, per la semplicità, creazione diventata ormai la passione per molti chef. Per dessert? Abbinare possibilmente vini da dessert e lavorare l’impasto con pochi profumi, specialmente nei gelati e zabaioni. Adesso fuggo dal tema, la mia deformazione professionale di sommelier mi include di proporvi alcuni vini a fine tavola, specialmente da poter completare in bellezza, magari aggiornando con alcuni a questi maestri citati pionieri presentate il dolce dove l’accoppiamento con i cosiddetti vini da dessert, magari romagnoli, ne proporrei tre, con un piccolo accenno delle caratteristiche: ALBANA T 58, un po’ di albicocca e frutta esotica, SOLITARIO PASSITO, albana passito, confettura, frutta rossa e nera. Rimaniamo nella storia, date una occhiata in una delle cantine più vecchie della storia, è proprio alle nostre porte; cantina del MONSIGNORE a San Giovanni Marignano, hanno anche ottimi vini da dessert e non solo con immensi profumi organolettici al naso, ma ne hanno uno particolare: IL CALORE E L’ANIMA DELLA ROMAGNA.
BUON APPETITO e BUONE FESTE