di Massimo Magnani
“Brain rot”, letteralmente “cervello in decomposizione”. Non si tratta di un termine strettamente scientifico, ma di una metafora che descrive il deterioramento dello stato mentale causato dall’uso eccessivo di contenuti superficiali e dalla dipendenza che producono i dispositivi digitali. Un fenomeno sempre più diffuso che, nel lungo periodo, ma neanche poi così lungo, può avere effetti profondi sul nostro benessere psicologico e cognitivo.
Piattaforme come TikTok, Instagram o Facebook favoriscono spesso un’interazione veloce e ripetitiva nei contenuti. L’attività compulsiva di scrolling cattura la nostra attenzione senza lasciarci molto in cambio, accumuliamo informazioni, spesso irrilevanti, che affollano la mente lungo tutto l’arco della giornata. Inoltre il bisogno continuo di controllare notifiche e aggiornamenti, porta spesso a trascurare momenti di riflessione più profonda ad attività che richiedono maggiore impegno di ragionamento.
Attenzione, non si tratta ancora di una patologia riconosciuta, ma i sintomi più frequenti sono difficoltà di concentrazione, momenti di vuoti mentali, cali della memoria a breve termine, fatica a trattenere informazioni importanti.
Nel lungo periodo gli effetti potrebbero essere anche seri, con la possibilità di sviluppare un vero e proprio declino cognitivo, con innesco di situazioni di stress, stati di ansia e difficoltà nel riposo.
Anche a livello sociale, il rischio è quello di passare più tempo con i dispositivi digitali che con le persone, favorendo l’isolamento e il deterioramento delle relazioni interpersonali.
Esistono alcuni accorgimenti utili per evitare danni come ad esempio riuscire a darsi dei limiti, scegliere più contenuti di qualità, stabilire momenti della giornata di “silenzio digitale”, ovviamente leggere un buon libro, ma soprattutto frequentare persone e coltivare buone relazioni, il tutto rigorosamente, disconnessi.
In altre parole, trovare un equilibrio, è al solito la chiave giusta.