Rimini. Ritorna il Festival Musicale dedicato ai Rondoni e alle loro Voci – Altissime.
Due appuntamenti: il 7 giugno (giornata mondiale dei rondoni) e il 18 luglio (giornata mondiale dell’ascolto).
Organizza l’associazione “Monumenti vivi Rimini”. Fondata tre anni fa, la piccola realtà associativa si occupa nello specifico della tutela dei nidi dei migratori negli edifici, ma più ampiamente del benessere degli uccelli selvatici e dei diritti della natura in contesto urbano. La nostra attività riguarda sia la consulenza nelle buone pratiche in ambito edilizio che iniziative di divulgazione e sensibilizzazione, tra cui rientrano anche gli eventi del Festival ALTISSIME VOCI, alla sua Seconda Edizione.
Fra terra e cielo: il primo Festival di musica vocale dedicato alle voci dei rondoni
Nell’estate 2023 a Rimini ha visto la luce il primo Festival Musicale dedicato ai Rondoni e alle loro Voci – Altissime. O forse dovrei dire che il Festival ha spiccato il primo volo – quello più rischioso, ma anche quello più toccante, in cui metti in gioco tutto l’amore e la passione che ti hanno dato la forza di muovere i primi passi per fare di un’idea una realtà concreta e condivisa. Una primissima edizione densa di incontri umani e non solo: di una nuova sensibilità, che si diffonde in modo quasi silenzioso, ma necessario, con una fermezza che chiede attenzione. Ed era proprio una nuova modalità di attenzione quella che avevo in mente per il Festival Altissime Voci, il cui sottotitolo – Festival musicale tra Terra e Cielo – esprime al meglio il cuore di un’idea che ho concepito dopo mesi di gestazione interiore e che ho concretizzato grazie alla collaborazione tra le due realità associative cui ho dato vita negli ultimi anni: l’Ensemble Vocale Canòpea – il coro il cui nome richiama la chioma degli alberi, la parte che idealmente tocca il cielo e che concretamente ospita gli uccelli e il loro canto – e Monumenti Vivi Rimini – un gruppo locale che fa capo ad un’Associazione Nazionale impegnata nella tutela dei nidi degli uccelli migratori negli edifici. I nostri palazzi storici e moderni sono infatti molto spesso autentici scrigni di biodiversità e l’espressione “monumento vivo” vuole sottolineare come la presenza di specie animali e vegetali nelle cavità dei monumenti costituisca un valore aggiunto a quello storico, artistico e architettonico. La città è un ecosistema complesso di cui gli esseri umani non sono i soli abitanti, e se la natura selvatica è presente dentro la città, i rondoni sono il simbolo più affascinante della biodiversità nel – e del – contesto urbano. Coinquilini discreti – al punto che spesso non sappiamo nulla di loro – ma anche molto musicali. Ogni anno infatti con l’arrivo della primavera il paesaggio sonoro delle nostre città si arricchisce grazie a questi uccelli migratori transahariani – che trascorrono cioè l’inverno a sud del Sahara – e se anche molti di noi non se ne accorgono, per qualche mese il nostro cielo non sarà più lo stesso. Sarà più vivo, più bello, più musicale, in una parola: sarà più!
Sono partita da un piccolo sogno: ho immaginato un concerto all’aperto nel quale il pubblico prestasse ascolto tanto al coro degli umani quanto al coro dei rondoni, con un’ampiezza di attenzione capace di travalicare i confini tra le specie. Da qui l’idea dei due concerti corali in due colonie cittadine: il chiostro della Chiesa di San Giuliano, il cui Borgo omonimo è una grande colonia di rondoni comuni, e lo spazio antistante all’Ex Hotel delle Nazioni, edificio abbandonato dagli uomini, ma non per questo morto, anzi vivissimo! Al suo interno infatti da anni nidifica una enorme colonia di rondoni pallidi, una delle sottospecie di rondoni presenti in Italia. L’idea di fondo del Festival infatti è quella di creare un filo tra la terra e il cielo attraverso il canto e un’esperienza di ascolto aperto alla vastità della vita non umana appena sopra le nostre teste. Un modo per sensibilizzare sulla straordinaria biologia dei rondoni e sulla relazione che ci lega ad essi, ma anche sul tema del paesaggio sonoro e sulla tutela della biodiversità a partire dall’attenzione a quell’elemento che è forse il più aereo – etereo e sottile – di cui disponiamo come esseri umani, oltre ad essere quello stesso elemento che ci avvicina agli uccelli: la voce, e insieme ad essa, come suo miracoloso frutto, il canto. E tra gli uccelli quelli più aerei sono proprio i rondoni, i più intimamente legati all’aria. Volano ininterrottamente per dieci mesi all’anno, senza mai fermarsi: in volo si nutrono, bevono, si accoppiano, in volo dormono. Non si posano mai, se non per nidificare, a partire dal terzo anno di vita, sfruttando nicchie preesistenti, come non avessero il tempo per la costruzione di un giaciglio, troppo impegnati nel librarsi perennemente in volo, un volo che sa di libertà – che insegna la grazia. E la loro vocalità traduce al meglio questa meravigliosa essenza di volo, sembra esserne la più esaustiva materializzazione. Se nella didattica del canto classico si usa l’espressione “voce che corre”, a proposito della voce dei rondoni dovremmo invece parlare di “voce che vola”! Ma il dato più affascinante è l’insegnamento che i rondoni possono trasmetterci: fermatevi ad osservarli e ad ascoltarli, vi accorgerete che le loro voci – inconfondibili – volano e cantano di un volo condiviso! Un vero e proprio coro con le ali, che vola altissimo nel cielo, per poi abbassarsi e sfiorare i tetti, i cornicioni, i cassettoni delle tapparelle: a quale altro sentimento, se non alla gioia, ricondurre i caroselli dei rondoni attorno agli edifici che ne ospitano i nidi? Credo infine che l’armonia delle voci che cantano in un coro traduca perfettamente l’ideale di un’armonia sempre più necessaria tra la specie umana e le altre specie viventi. Ma oltre alla musica c’è di più. I rondoni ci sono benefici, grazie alla loro alimentazione insettivora. Una singola coppia nel periodo riproduttivo può predare fino a 300.000 insetti nell’arco di un mese. Nonostante questo i rondoni, pur tutelati da un punto di vista legislativo tanto in Europa quanto in Italia, versano in una situazione di declino un po’ dovunque. Troppo di frequente infatti lavori di ristrutturazione o interventi anti colombi distruggono in modo permanente i siti di nidificazione, lasciando spesso morire nidiacei e adulti. Una delle principali cause del diminuire progressivo dei rondoni è proprio la cattiva gestione delle cavità nei palazzi storici e moderni. E la prospettiva non diventa rassicurante con i nuovi edifici che anche nell’ambito della bioarchitettura, in virtù del giusto principio dell’isolamento termico, prevedono sempre più spesso superfici perfettamente lisce e perfettamente inospitali per i migratori, poiché prive della più piccola fessura. Per questo è davvero importante fare opera di divulgazione tra i cittadini, perché senza conoscere non è possibile neanche amare e difendere. Conservare la biodiversità non è soltanto un imperativo etico, è necessario per il nostro benessere. La biodiversità infatti ci fornisce i cosiddetti “servizi ecosistemici”, processi ecologici che migliorano la qualità della nostra vita. Considerando che entro il 2050 si stima che fino all’80% della popolazione mondiale vivrà in aree urbane, è di vitale importanza che le città diventino spazi in cui concepire e sperimentare nuove forme di coesistenza tra uomo e natura. Oltre ad abitare poeticamente il cielo (espressione suggeritami da uno dei partecipanti al primo evento del Festival e che trovo perfettamente calzante!) i rondoni sono anche definiti “specie ombrello” poiché condividono il loro habitat con altri piccoli animali “amici” degli uomini, come gechi e pipistrelli. Un particolare che ci ricorda come ogni vita sia in relazione con le altre: siamo tutti parte dello stesso respiro, come voci di uno stesso coro che aspirano all’armonia. Caratteristica di ogni evento è stata quindi la sua doppia veste, con una prima parte divulgativa, affidata ad esperti del settore, e una seconda parte di concerto all’insegna di un suggestivo dialogo tra le voci umane e quelle dei rondoni e degli altri uccelli presenti in quel preciso momento. Parafrasando la scrittrice Helen Macdonald, autrice del libro Voli vespertini e altri saggi su ciò che la natura ci insegna: l’arte ha la grande capacità di mostrarci “la trama qualitativa del mondo”, comunicandoci così il valore delle cose, affinché sempre più persone “possano impegnarsi per salvarle.” Portando al centro il connubio ancestrale tra la musica e la natura, il Festival si pone quindi un grande obiettivo: contribuire a creare una cittadinanza sensibile alle forme di vita non umane che abitano la città e sempre più esigente nei confronti della politica in fatto di tutela ambientale.