di Chiara Mazzavillani Vasi
Il metallo in gabbia è vivo
C’era una volta una giovincella. Non riusciva a parlare con nessuno e, quando provava ad aprire la bocca, balbettava. La notte picchiava il cuscino della sua povera brandina ammaccata. Era il rifugio per superare le notti disperate: urlava, piangeva, con la bocca tappata dal cuscino… Finché non si addormentava. Ma decise di migliorare la sua persona: voltò pagina per sempre… Quella notte si addormentò e fece un sogno che non dimenticò mai. Il protagonista era un uomo molto più grande di lei che divenne come un padre per lei, perché la faceva sentire la figlia del re (per suo vero padre non era mai stata una principessa).
Bryant era un detenuto nel braccio della morte.
Nel sogno era una bambina che possedeva tutte le lettere d’affetto del suo papà nel cassetto e le annusava finché non si calmava, grazie all’odore della carta vecchia. C’erano lacrime di gioia e pensieri, trascritti, di un padre amorevole che viaggiavano tra due cassette postali invisibili. La stanza buia strabordava di lucciole e una sporca cella veniva accarezzata dalla posta, finché al piccione viaggiatore, che attraversava un sogno intero, non venne un crepacuore. Appena la nostra giovane ragazza si svegliò pianse a dirotto… Iniziò a mettere la camera in soqquadro. Non si capacitava che il tutto fosse stato solamente un sogno. “Bryant deve essere reale,” “Bryant non può essere finzione”… Immobile. Una foto spuntò dal comodino sotto al libro di geografia… Come poteva essere possibile? A volte non c’è spiegazione a quello che accade. Nella fotografia c’era un uomo pelato, con il pizzetto e vestito da detenuto. Sorridente ma triste. La fotografia appena vista svanì di colpo come per magia dalle mani tremanti. Come poteva essere possibile? Non lo era. Lei stava di nuovo sognando: si era addormentata sulla scrivania mentre studiava i capoluoghi d’Italia. Un nuovo sogno. Una visita inaspettata.
<<Non so per quanto tempo sarò vivo, mia cara Clara… Ma voglio dirti che la bellissima libertà non verrà mai accarezzata dalla luna se sarà senza il dovere di esistere, o se sarà in assenza del diritto di sentirsi vivi.>>
<<Perché il non essere liberi è l’equivalente di piangere per l’assenza di latte.>>
<<Giusto, Clara.>>










