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Home Località Cattolica

Cattolica. A proposito di denatalità, anziché congedi di paternità-part-time retribuito dalle mamme. Risposta a Carlotta Ruggeri

Redazione di Redazione
30 Settembre 2025
in Cattolica, Focus
Tempo di lettura : 3 minuti necessari
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Gianfranco Vanzini

Gianfranco Vanzini

di Gianfranco Vanzini

 

Ho appena finto di leggere su la Piazza nell’articolo di Carlotta Ruggeri la richiesta per un congedo di paternità di 30 giorni. A mio avviso sarebbero soldi buttati e spiego perché.
Vorrei fare presente che, anche se il mondo è molto cambiato, specialmente negli ultimi 50 anni, una cosa è rimasta sempre invariata: I FIGLI NASCONO sempre dalle donne, sempre PICCOLI E HANNO sempre BISOGNO DELLA LORO MAMMA, la cui presenza è fondamentale, ALMENO NEI LORO PRIMI ANNI DI VITA. Da questo non si può prescindere.
Per combattere la DENATALITA’ occorre fare più figli. Non c’è un’altra strada. E i figli li fanno le donne. Perciò.
Prima di tutto dobbiamo rivalutare la funzione materna che deve essere opportunamente considerata e valorizzata. Le mamme pertanto devono essere adeguatamente protette.
Le donne conoscono bene questa situazione e desidererebbero, prima di tutto, poter fare tranquillamente dei figli, poi stare con loro tutto il tempo necessario per accudirli e seguirli al meglio. Qualsiasi seria indagine statistica su questo punto non può fare altro che confermarlo.
Una volta stabilito che la tranquillità della madre in una famiglia dove ci sono figli piccoli è molto importante, non possiamo e non dobbiamo dimenticare che motivi di: realizzazione personale, desiderio di svolgere una professione extra casalinga, condizioni economiche, ecc. possono portare la donna ad avere una sua attività esterna. Desiderio assolutamente legittimo e degno di essere tutelato, ma come? Problema serio, complesso e di non facile soluzione.
Come conciliare queste due esigenze entrambe importanti e meritevoli del miglior compromesso possibile?
A mio avviso il LAVORO PART -TIME (lavoro parziale – orario ridotto) rappresenta la soluzione migliore in assoluto.
Un orario di lavoro modulato sulle esigenze e sugli orari della famiglia può consentire alle lavoratrici madri un adeguato e gratificante svolgimento delle due mansioni.
Favorire e incentivare la possibilità per le MAMME di lavorare part-time risolve il dilemma: Facciamo o non facciamo un altro figlio/a?, se lo facciamo devo lavorare il doppio (casa e professione) o devo licenziarmi?
Lavorare part-time significa passare da: questo o quello, ad un più giusto e auspicabile: questo e quello. Tempo per i figli e la famiglia e altrettanto per un lavoro professionale.
Questa allora potrebbe essere una proposta operativa che potrebbe essere realizzata da subito, con grande sollievo per le mamme e le rispettive famiglie.
Codificare per le madri il diritto di chiedere e di ottenere che il ritorno al lavoro possa avvenire con un orario RIDOTTO (part-time 4/5/6 ore a seconda delle esigenze), fino a quando il figlio più piccolo non raggiunga almeno i 12 anni di età. Vediamolo in dettaglio.
Dopo la nascita del bambino/a la mamma, allo scadere del congedo obbligatorio, ha il diritto di poter rientrare al lavoro con un
orario ridotto (part-time).
Non deve essere una concessione del datore di lavoro, ma un diritto codificato che diventa un aiuto concreto che arriva dallo Stato a tutte le mamme.
Questo potrebbe essere fatto in poco tempo con grande sollievo per le mamme e le rispettive famiglie.
In pratica:
– nasce il bambino/a,
– la madre ha diritto ai 5 mesi di maternità obbligatoria retribuita al 100%.
Terminato questo primo periodo:
a) la madre decide di rientrare full-time, oppure:
b) la madre chiede di rientrare part-time.
In questo secondo caso scatta “ la possibilità di chiedere un orario ridotto per maternità (part time)” ovvero: la madre CHIEDE di rientrare al lavoro per un minimo di 4, massimo 6 ore giornaliere, fino al compimento dei 12 anni del bambino/a.
L’assenso al rientro con orario ridotto non è una concessione del datore di lavoro, ma un diritto della lavoratrice madre.
La cosa URGENTISSIMA da fare è quella di codificare subito il diritto ad ottenere l’orario ridotto, diritto che può non costare niente allo Stato e richiede solo un piccolo sforzo organizzativo alle aziende.
Se vogliamo contrastare con la DENATALITA’, lo Stato potrebbe dare un riconoscimento concreto alla madre che sceglie di restare a casa e a lavorare per il bene della sua famiglia. Si può concedere alla madre una sorta di retribuzione attraverso un contributo, erogato dall’Inps, pari almeno al 50% della retribuzione oraria ordinaria, per le ore non lavorate, come se le avesse lavorate.
In effetti, la madre che lavora a casa sta svolgendo un lavoro prezioso per la sua famiglia e per l’intera società collaborando attivamente al suo futuro e combattendo efficacemente il triste fenomeno della denatalità.
Questo non è paternalismo, è concretezza e voglia di affrontare seriamente i problemi.
Sono a disposizione per ulteriori chiarimenti e considerazioni anche telefonicamente.

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