di Gianfranco Vanzini
Per aiutarci a mantenere la rotta e per non farci andare fuori strada, Dio ci dà un precetto chiaro su un bene fondamentale da proteggere: la vita.
Usando una espressione del codice della strada, possiamo dire che ci dà un segnale di divieto; con il quinto Comandamento ci dice: “Non uccidere”. Il messaggio è limpido e non lascia spazio a equivoci, fraintendimenti o finzioni.
Come al solito, ogni “non” dei Comandamenti protegge un valore importante. In questo caso Dio, attraverso un divieto, ci dice: rispetta la vita. Sempre e quella di tutti.
Solo Dio, infatti, è il Signore della vita, dal suo inizio alla sua fine. Nessuno, in nessuna circostanza, può rivendicare a sé il diritto di distruggere un essere umano.
Inoltre se uccidi, o anche solo se offendi un tuo fratello in maniera grave e in forme diverse, poi starai male e non sarai affatto felice.
E quando Dio dice: “Non uccidere” si riferisce a tutto il genere umano e non fa distinzioni di razza, di sesso, di età, di genere, di ceto sociale.
Tutti vuol dire tutti ! Il perché è molto semplice: siamo figli di Dio e, come tali, siamo tutti fratelli e abbiamo pertanto il dovere di volerci bene e non di odiarci o, peggio ancora, di ucciderci.
Il celebre scienziato Albert Einstein quando un impiegato dell’ufficio immigrazione, al suo arrivo negli Stati Uniti, gli chiese di che razza fosse rispose: “Umana”. E aveva ragione. Come ha ragione San Josemarìa Escrivà quando dice: “Apparteniamo tutti alla razza dei figli di Dio”.
Queste indicazioni precise e nette, se messe in pratica, risolverebbero molti dei problemi presenti in maniera abbastanza diffusa oggi. Concentrarsi su una retta cultura della vita, quella di tutti, risolverebbe anche il problema del femminicidio che oggi tanto spaventa.
La vita è sacra. Quella di tutti. Ed è quella di tutti che va tutelata e difesa. Non c’è chi ha più diritti e chi meno, chi deve essere protetto e chi no. Siamo uguali in dignità e figliolanza divina.
La vita, una volta concepita va protetta in ogni modo e con ogni cura e non può essere distrutta a nostro piacimento. Per questo il Comandamento esclude l’aborto.
Ora chiariamo un punto che fino a qualche tempo fa sembrava controverso: quando comincia la vita? Gli uomini di scienza sono tutti concordi nel dire che la vita comincia nel momento in cui lo spermatozoo maschile feconda l’ovulo femminile. In quel preciso momento scocca la scintilla e nasce una nuova vita. È ancora super-protetta nel grembo materno, ma ha già una sua individualità.
Non ha bisogno di alcun altro intervento esterno. Dopo il concepimento, sopprimerlo, per qualsiasi motivo e in qualsiasi modo, è sopprimere una vita umana. Non grida e non piange, ma c’è. Una volta si diceva anche: non si vede. Oggi con l’ecografia, non si può più dire. Perché c’è e si vede.
Riflettere di più su questa evidenza scientifica, con meno furore ideologico e complicati ragionamenti, osservare la realtà senza pregiudizi e smascherare i copiosi interessi economici che stanno dietro a questa errata concezione di “vita disponibile”, sarebbe certamente cosa molto buona e salutare.
Vale la pena ricordare cosa diceva il dottor Alexis Carrell, Premio Nobel per la medicina: “Poca osservazione e molto ragionamento conducono all’errore; molta osservazione e poco ragionamento conducono alla verità”.
Questo, per concludere il discorso sull’aborto ci insegna l’esperienza quotidiana.
Mi limito a dare voce alle tante lettere che mi è capitato di leggere, su giornali e riviste, di giovani donne che in vari modi e in diverse circostanze hanno abortito.
Il messaggio unanime è: “(…)ho sofferto tanto e soffro ancora” oppure: “(…)la mia creatura oggi compirebbe 3, 4, 7 anni, e invece non c’è più perché l’ho eliminata”.
Non occorre aggiungere altre testimonianze, perché sono tutte sulla stessa lunghezza d’onda.
Se quelle ragazze, aiutate dai padri delle loro creature (dai loro partner come si dice oggi) dai loro genitori, dalla comunità circostante (Stato, Comune, Parrocchia, Associazioni di volontariato) avessero fatto nascere i loro figli, molto probabilmente sarebbero andate incontro a difficoltà economiche, sociali, a volte anche pesanti, ma oggi sarebbero senz’altro molto più serene e con meno sofferenze nell’anima.
Anche per questo Comandamento siamo alla solita conclusione, e non potrebbe essere diversamente: ascoltare i messaggi che Dio ci ha dato e metterli in pratica fa evitare gli errori e fa vivere bene (…) qui (…) oggi.
Gianfranco Vanzini
Continua
P.S. Sintesi tratta dal libro: Un Padre buono e premuroso, un Giudice misericordioso (pag.58) La Piazza Editore – di Gianfranco Vanzini e Simone Lombardi – Cell. 339.3034.210
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