di Arianna Lanci
Domenica mattina, erano quasi le otto, mi è capitato di vedere per la prima volta in vita mia, e da
vicinissimo, un regolo, il più piccolo uccello in Europa. A faccia a faccia con le sue minuscole dimensioni mi
sono sentita trasportata altrove, in una realtà fatta di misteriosi dettagli, di suoni discreti, ma luminosi, e di
una profondità lieve. Una realtà fatta di relazioni silenziose, quelle tra gli uccelli e gli alberi. Una realtà
dentro la realtà, o forse un nuovo spicchio di realtà, come si fosse aperto all’improvviso uno scrigno. Questa
è l’immagine che più si avvicina alla sensazione che ho provato. Ed è stato solo grazie all’ascolto. Ho potuto
accorgermi della presenza del regolo grazie alla sua voce: molto acuta e molto sottile, come un
campanellino, una voce fatta di brina, con un corpo soffice, dentro il cielo invernale di una via cittadina poco
frequentata per via dell’ora e del giorno della settimana. Sembrava proprio che quel regolo mi avesse
chiamata, perché si muoveva lentamente da un ramo all’altro, dandomi la possibilità di osservarlo. Tutto un
modo e un mondo che erano e sono soltanto i suoi, il modo e il mondo del Regolo. Mi ha subito ricordato la
pace, un mondo il cui solo modo è la pace. Vederne il corpo a tal punto piccolo è l’aspetto che più mi ha
commosso. Che gioia ho provato! A due passi da casa, in una strada dove passo continuamente. Una
immagine che mi ha parlato della pace, una pace così concreta. Che gioia ho provato! Ero tutta concentrata
su di lui, quando ad un tratto quell’abete rosso si è riempito di regoli, ne erano arrivati altri nel frattempo,
altri di cui avvertivo la voce e di cui percepivo piccoli voli da un ramo all’altro, senza vederli. E di certo in
quei pochissimi minuti, durati come un’eternità, mi sono sentita parte di quella minuscola realtà, di quel
sogno concreto, di un mondo in pace.
Ero entrata nello scrigno, e una volta uscita, quando i regoli se ne sono andati, lo scrigno era rimasto dentro
di me, come un sentore di meraviglia, come un’attitudine. Ed è ancora così, lo scrigno è ancora qui con me,
entrato a far parte del mio modo, e del mio mondo.
(Ci sono tornata poco dopo con la macchina fotografica, da quell’abete rosso, e ci ho trovato un luì piccolo,
un altro modo e un altro mondo, ma fatto della medesima sostanza: la pace).











