Rimini. Meeting 46^ edizione, chiuso dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni
Ha preso la parola nell’Auditorium isybank D3 di Rimini. Un evento trasmesso in diretta da oltre quindici testate e canali televisivi nazionali – tra cui Agi, Ansa, Avvenire, Corriere.it, Famiglia Cristiana, Il Sole 24 Ore, La Stampa, Repubblica, TgCom24 – a testimonianza dell’attenzione mediatica verso un momento di sintesi del Meeting e, allo stesso tempo, di confronto con il futuro politico e sociale dell’Italia.
Ad accogliere la presidente del Consiglio è stato Bernhard Scholz, presidente della Fondazione Meeting ETS, che ha ricordato come nei giorni precedenti si siano susseguiti dialoghi e testimonianze di grande attualità: dal conflitto in Medio Oriente alle prospettive dell’Unione Europea, dalle trasformazioni del lavoro al ruolo dell’intelligenza artificiale, fino alla crisi educativa e demografica. «Abbiamo visto che nei deserti della violenza e dell’ingiustizia – ha sottolineato Scholz – è possibile costruire relazioni nuove e riconciliate. Abbiamo ascoltato famiglie e insegnanti capaci di accogliere i ragazzi in momenti di disagio, lavoratori che hanno cercato di rispondere con creatività ai cambiamenti del mondo produttivo, giovani che hanno testimoniato la forza della speranza. Ora, Presidente, siamo curiosi di sapere quali sono i mattoni nuovi con cui intende costruire il futuro dell’Italia».
Meloni ha iniziato il suo intervento partendo proprio dal titolo dell’edizione 2025: «Nei luoghi deserti costruiremo con mattoni nuovi», tratto da un testo di Thomas Stearns Eliot. Una citazione che, per la Premier, non è rimasta letteraria: «Gli operai di Eliot, chiamati a edificare una chiesa in un deserto ostile, incontrano difficoltà e resistenze, ma non si arrendono e riescono a portare a termine la loro opera. È una metafora che ci parla oggi: viviamo in un’epoca che vorrebbe ridurre gli uomini a consumatori senza identità, a individui anestetizzati, senza appartenenza, senza memoria. Noi siamo chiamati a un compito diverso: non fuggire, ma edificare. E questo – ha aggiunto – vale per la politica come per la vita sociale, familiare, comunitaria». L’immagine del “deserto” e dei “mattoni” ha scandito tutto il discorso. «Costruire con mattoni nuovi – ha affermato Meloni – significa comprendere il tempo in cui viviamo e saper calare in esso i nostri valori, senza timore di innovare i metodi e superare le paludi burocratiche che spesso bloccano l’Italia. Significa agire non nel campo delle ideologie ma nel campo del reale, mettendo al centro la persona, perché – come ricordava Jean Guitton – mille miliardi di idee non valgono una sola persona».
Il primo capitolo affrontato è stato quello delle relazioni estere. Meloni ha rivendicato la nuova autorevolezza internazionale del Paese: «In questi tre anni abbiamo dimostrato che l’Italia non è più la “grande malata d’Europa”, ma un modello di stabilità, serietà e credibilità. Lo dimostrano i mercati, che oggi ci considerano una nazione sicura; lo dimostrano gli investitori, che ci guardano come opportunità; lo certifica la Commissione europea, che ci ha riconosciuto come primi nell’attuazione del PNRR». Sul conflitto in Ucraina la Presidente ha ricordato il contributo italiano: «Abbiamo sempre detto che la chiave per una pace giusta è garantire robuste misure di sicurezza per Kiev. La proposta italiana, ispirata all’articolo 5 della Nato, è oggi la principale sul tavolo. È un mattone nuovo che l’Italia ha offerto alla costruzione della pace». Quanto al Medio Oriente, Meloni ha mantenuto un equilibrio difficile: «Abbiamo sostenuto il diritto di Israele a difendersi dopo l’attacco del 7 ottobre, ma non possiamo tacere di fronte a una reazione sproporzionata che ha mietuto troppe vittime innocenti. Chiediamo il rilascio degli ostaggi da parte di Hamas, ma chiediamo anche a Israele di cessare l’occupazione militare a Gaza e di consentire il pieno accesso agli aiuti umanitari». Un passaggio accolto da un lungo applauso quando ha ricordato il ruolo dell’Italia: «Siamo il primo Paese non musulmano per evacuazioni sanitarie da Gaza. Noi non scriviamo solo emozioni o slogan: noi salviamo bambini».
Il discorso si è poi spostato sul futuro dell’Unione Europea. Meloni ha richiamato le analisi di Mario Draghi, ospite al Meeting pochi giorni prima: «Ha detto parole dure ma vere: l’Europa rischia l’irrilevanza geopolitica se non affronta con coraggio le sfide della competitività. Io condivido molte delle sue osservazioni. Per anni ho criticato l’Unione per eccessi burocratici e cecità politica. Oggi quelle critiche sono patrimonio comune». La Premier ha insistito sulla necessità di riscoprire le radici: «Se non sai chi sei, non puoi avere un ruolo nel mondo. Le nostre radici – culturali, storiche, religiose – sono state colpevolmente negate. Costruire mattoni nuovi non significa vergognarsi della propria identità, ma reinventarla per il presente». Ha citato Eliot: «La tradizione va sempre reinventata. Essere conservatori non significa rifugiarsi nei mattoni vecchi, ma edificare con mattoni nuovi una casa che altri hanno iniziato».
Ampio spazio è stato riservato all’Africa e alla politica migratoria. «Con il Piano Mattei – ha detto Meloni – non vogliamo sfruttare il continente per le sue materie prime. Vogliamo costruire partenariati paritari, basati sul rispetto reciproco e sulla fiducia, aiutando l’Africa a crescere con noi». Sulle migrazioni ha sottolineato: «L’immigrazione regolare è una ricchezza, ma quella illegale è un danno. Vogliamo difendere il diritto a non dover emigrare. Abbiamo ridotto arrivi irregolari e morti in mare: è il risultato di cui vado più fiera. Non c’è burocrate che possa impedirci di combattere i trafficanti e salvare vite umane».
Meloni ha ricordato l’impegno del Governo in territori difficili: «Siamo partiti da Caivano, simbolo di degrado e di abbandono, e abbiamo dimostrato che lo Stato può mantenere la parola data. Abbiamo restituito scuole, parchi, centri sportivi, alternative concrete alla criminalità». Il modello, ha spiegato, sarà esteso ad altre otto aree critiche del Paese: «Non pretendiamo di risolvere tutto, ma non vogliamo girarci dall’altra parte. La rassegnazione non è un’opzione».