Scrivere il secondo romanzo dopo un conclamato successo è una sfida quasi sempre molto, molto difficile. Dopo il boom de “Il Divoratore” con 50mila copie vendute, Lorenza Ghinelli pubblica la sua seconda fatica, “La Colpa”, storia di tre ragazzi uniti dal dolore e dall’abbandono. Estefan, Martino e la piccola Greta. Tre nomi che rimbombano nella nostra testa con tutta l’angoscia, la solitudine e l’incomprensione scaturiti dal rispettivo, crudele passato. Un pugno sferrato con forza allo stomaco del lettore. Psicologico? Tragico? Onirico? Il romanzo esula da qualsiasi tentativo di etichetta, come sostiene anche la giovane autrice cesenate. Attraverso una sintassi ridotta al minimo e una dittatura di punti e frasi nominali (poche le virgole e le congiunzioni, peccato) la lettura procede piuttosto spedita, benché la sovrabbondanza di intensificazioni descrittive arrivi, talvolta, a soffocare. La trama è spezzettata, infranta, con scaglie di passato che riaffiorano nel presente e digressioni oniriche a mio parere troppo lunghe e spesso ripetitive. La Ghinelli entra nel profondo dei propri personaggi, scavandovi impunemente e senza lasciare quel “non detto” e “taciuto” che in un romanzo comunica sovente più del dettaglio macabro. Il lessico, invece, pone davanti agli occhi la contraddizione di leggere metafore molto potenti, poetiche, ricercate, ma puntualmente intervallate dalle parole più volgari del nostro vocabolario. E’ un peccato, perché lo scrittore che sappia “dosare” la parolaccia all’interno del testo possiede uno strumento strabiliante, capace di stuzzicare il lettore, farlo ridere o angosciare, ma sempre e comunque nel presupposto inattaccabile che stia maneggiando, a suo rischio, un’arma a doppio taglio. A mio parere, in questo la Ghinelli si è ferita da sola, incapace di “fare le giuste dosi”. Indicate, invece, le citazioni musicali che accompagnano la narrazione, specialmente i testi del “Duca Bianco” David Bowie e i Clash, colonna sonora di un momento terribile che riaffiora quando il leit motiv si ripresenta. In conclusione “La Colpa” è un romanzo, complessivamente, troppo “carico” e focalizzato su un unico, tripartito universo di dolore. Di certo un romanzo da non leggere, quest’estate, sotto l’ombrellone. A meno che non siate “Emo”… Voto in quinti? 2/5
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