– Appartenente ad una famiglia originaria di Montecolombo, conosciuta in tutta la Valconca, è nato cinquantasei anni fa a Rimini, dove è vissuto fino a quarant’anni, per poi trasferirsi in pianta stabile a Montefiore (“anche se, dopo questa batosta elettorale, è come se all’improvviso fossi diventato un estraneo”).
Diessino, è fin da giovane uno dei più noti esponenti della sinistra riminese: leader “sessantottino”, è stato segretario provinciale prima della Federazione Giovanile e poi del Partito Comunista, del quale è divenuto anche dirigente regionale.
A livello amministrativo, è stato consigliere comunale, assessore e vicesindaco a Rimini; consigliere comunale e Aassessore a Montefiore; Consigliere comunale a Morciano; consigliere e assessore alla provincia di Forlì; consigliere, assessore e vicepresidente alla Provincia di Rimini.
Ha svolto anche un’intensa attività giornalistica (“il mio primo, grande amore”), sia come direttore di una radio e di vari periodici, che come commentatore e “corsivista” di quotidiani.
– Perché ha scelto di scendere in campo?
“Con un misto di ingenuità e presunzione, avevo creduto ai tanti che mi esortavano a farlo sostenendo che Montefiore avesse bisogno del mio contributo per non indietreggiare rispetto al livello raggiunto grazie al lavoro di Claudio Battazza, che non poteva più candidarsi. Mi ha molto amareggiato sapere che alcuni di quei miei iniziali “istigatori”, alla fine si sono ritrovati a cuocere le salsicce ed a sbirciare i sederi delle ballerine alla serata “Porchetta do Brasil” organizzata da Filippo Berselli dopo la sua vittoria. Inoltre, se fossi stato eletto, mi sarei candidato a presidente dell’Unione dei Comuni, un progetto di cui mi considero il “fondatore politico”, che oggi è ridotta al lumicino ma che, opportunamente rilanciata, è la vera marcia in più di cui la Valconca può disporre”.
Milioni di euro di investimenti che hanno rivoltato Montefiore, 15 anni di buon governo della sinistra non sono bastati per vincere, perché?
“Sia nella prima che nella seconda repubblica, a Montefiore il centrodestra ha sempre viaggiato sul 60-65 %. Fino al ’95, le poche volte che ha perso il Comune è dipeso solo da spaccature e “tradimenti” al suo interno. Le ultime due vittorie di Battazza avevano invece il significato nuovo di un “voto in libertà”, che premiava la sua capacità di amministratore, senza curarsi della targa politica. Perché questa moratoria non ha funzionato nei miei confronti? I casi sono due: o non si è creduto alle mie capacita amministrative; o cosa più probabile uno scontro Berselli Piccari ha esercitato un forte richiamo al tifo di bandiera e al voto di appartenenza politica”.
Quale giudizio su Berselli?
“Siccome un mio giudizio su di lui sarebbe inevitabilmente non obiettivo, mi limiterò a ripetere una definizione che ho raccolto in ambienti riminesi del suo partito: un perfetto mix di clientelismo democristiano e yuppismo craxiano, in salsa berlusconiana”.
Quale considerazione sul cambio di alleanza di Pietro Cipriani?
“Già da alcuni anni mi pareva del tutto chiaro che Berselli avesse deciso di candidarsi a sindaco; e che, avendo bisogno di un “cavallo di Troia”, dopo averci inutilmente provato con Carlo Forlani, avesse optato per Cipriani: ma ogni volta che osavo sostenerlo ero stato sbeffeggiato come visionario. Circa due mesi prima delle elezioni, allorché un alto dirigente repubblicano ci informò riservatamente che Pietro aveva già portato il Pri all’accordo con An, fu facile prevedere che, dovendo egli trovare un pretesto per rompere la precedente alleanza, ci avrebbe chiesto di essere candidato a sindaco, pensando di ricevere un rifiuto. Di fronte al nostro invece inaspettato consenso, è andato in tilt: prima ha accettato, con solitaria decisione; poi, una volta che Berselli, Ciuffoli, Silvagni ecc. hanno scoperto la cosa, intimorito dalla loro furibonda reazione, si è fatto “risucchiare”. Poteva fare il comandante e invece si è accontentato di essere il primo dei quattro “soldatini di latta” che vengono tenuti sull’attenti e fatti marciare dagli ordini che ricevono per telefono. L’ho già detto in Consiglio: per spiegare il comportamento di Cipriani, più che della politica, occorre forse farsi aiutare dalla psicologia”.
Quale chiave di lettura di queste elezioni a livello provinciale?
“Mi pare semplice: il centrosinistra, nonostante qualche acciacco, un po’ di masochismo e un paio di incidenti di percorso, stravince per la manifesta superiorità dei programmi e degli uomini di cui dispone”.
Un’ultima domanda: non crede che abbia nuociuto far parlare Giorgio Ciotti al comizio che ha tenuto a Falda?
“No, assolutamente. E lo dimostra il fatto che Berselli se l’è presa tantissimo, al punto che Tomassoli il suo rinomato portaborse morcianese ha quasi pianto dal dispiacere”.