Avendo “copertura” pubblica, alcune aziende sarebbero in contrasto con i principi della libera concorrenza, andando contro tutta una serie di norme. Vediamo di che cosa si tratta. Il comma primo dell’art. 13 della Legge 223 del 4 luglio 2006 (Decreto Bersani) stabilisce che le società a capitale interamente pubblico o misto costituite dalle amministrazioni pubbliche per la produzione di beni e servizi strumentali all’attività di tali enti devono operare esclusivamente con gli enti costituenti ed affidanti, non potendo svolgere prestazioni a favore di altri soggetti pubblici o privati. La ratio della norma – continua il testo dell’interrogazione della consigliera Carla Franchini (foto) – è quella di evitare che un soggetto, che svolge attività amministrativa, eserciti allo stesso tempo attività d’impresa, beneficiando dei privilegi dei quali esso può godere in quanto pubblica amministrazione, rimediando ad una commistione che il legislatore ha ritenuto distorsiva della concorrenza. A sottolineare il divieto ci sarebbe anche una sentenza della Corte Costituzionale. La n. 326 del 1 agosto 2008 che ha affermato come “il divieto imposto alle società strumentali di detenere partecipazioni in altre società è volto ad evitare che le società in questione svolgano indirettamente, attraverso proprie partecipazioni o articolazioni, attività loro precluse” precisando che l’applicazione del precetto di cui all’art. 13 ricorre in presenza di “detenzione di partecipazioni in società o enti che operino in settori preclusi alle società stesse”.
A Rimini ce ne sarebbero ben ventidue di queste “anomalie” societarie. Tra le più note – precisa la consigliera di opposizione – ci sarebbe niente meno che Rimini Fiera con tutta una serie di aziende, che “come il gioco delle scatole cinesi, rimandano alla “controllante” Rimini Fiera, appunto. I nomi e i settori in cui operano: Summertrade (Catering), Promospazio (Allestimenti fieristici), Eventioggi (Eventi), Vigilanza Malatestiana (Vigilanza privata). Il senso del Decreto Bersani prevede che tali società svolgano servizi o altro solo ed esclusivamente per la società controllante, in autoproduzione “al fine di impedire turbative in un mercato di libera concorrenza”. Se questo non accade – precisa la consigliera – la concorrenza risulta ovviamente sleale nei confronti delle altre aziende. La consigliera ha quindi chiesto espressamente al Sindaco “di fare piena luce attraverso una apposita commissione speciale”.
In Consiglio Carla Franchini ha fatto anche notare come alla luce della giurisprudenza costituzionale possono di già essere formulate alcune fondamentali considerazione. “Fino a quando permanga inalterato nella sostanza l’apporto finanziario dello Stato mediante una partecipazione esclusiva o prevalente al capitale azionario delle S.p.A.” e cioè sino alla “effettiva dismissione delle quote azionarie in mano pubblica”, la forma privatistica adottata per l’ente, non ha alcun effetto sui connotati sostanzialmente publicistici che permangono invariati nell’ente stesso.” Inoltre che “la costituzione di società con capitale totalmente o prevalentemente pubblico si presta ad “alterazioni o distorsioni della concorrenza”, materia tutelata con particolare vigore dalle norme comunitarie, tanto da richiedere anche l’emanazione di norme statuali stringenti a tutela del libero mercato.” Infine “il prospettato abuso nella costituzione di enti che, per definizione, “sottraggono l’agire amministrativo ai canoni della trasparenza e del controllo da parte degli enti pubblici”, ha raggiunto dimensioni intollerabili, tanto è vero che la più recente normativa ha adottato criteri sempre più restrittivi, da ultimo, quelli contenuti nella così detta “spending review” (d.l. n. 95/2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135/2012) e nel d.l. 10 ottobre 2012 n. 174. Insomma, di carne al fuoco ne è stata messa tanta. Vedremo che fine farà.
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