I dati diffusi da Infocamere Movimprese elaborati e comunicati dall’Ufficio Statistica della Provincia di Rimini sono impietosi. Il saldo tra nascite e cessazioni tra 2011 e 2012 segna un “bel” segno negativo: – 168 aziende. Tante sarebbero le aziende in meno nella nostra provincia. Il dettaglio: 2940 imprese cessate a fine 2012 contro le 2749 del 2011. Al tempo stesso, le nuove iscrizioni scendono da 2888 a 2851. Le imprese attive sul territorio provinciale scendono da 35949 a 35781.
A soffrire di più è il settore delle costruzioni, con -102 imprese rispetto al 2011 (pari a -1,8%); segue il manifatturiero, con -82 aziende (-2,9%). La percentuale negativa è superiore perché le imprese di costruzioni sono di più: 5622 contro le 2760 del manifatturiero. Al terzo posto si colloca il settore, da tempo in crisi endemica a livello nazionale, comprendente agricoltura, silvicoltura e pesca (-58 imprese, -1,9%). Le imprese sono scese, per questo comparto, dalle 2987 del 2011 alle 2929 del 2012. Il settore riguardante il commercio all’ingrosso e al dettaglio, le riparazioni di autoveicoli e motocicli è anch’esso in segno negativo con un saldo di -23 imprese, dopo lunghi anni di saldo attivo. Le imprese, infatti, scendono complessivamente da 9378 (2011) a 9355 (2012). “Quando tre settori portanti come le costruzioni, il manifatturiero e l’agroalimentare appaiono a consuntivo con segno “-“ è evidente che ci troviamo dinnanzi ad una sofferenza complessiva del nostro territorio – ha commentato l’Assessore alle Attività Produttive della Provincia di Rimini, Juri Magrini.
“I dati diffusi da Infocamere Movimprese certificano una realtà che da almeno due anni andiamo descrivendo” dichiara Mauro Gardenghi, segretario generale di Confartigiano della provincia di Rimini. – Le piccole e medie imprese, quelle che identifichiamo come ceto medio produttivo, soffrono perché stremate da un livello di tassazione che tarpa le ali ad ogni programma di sviluppo, da una burocrazia soffocante, dalla quasi impossibilità di accedere al credito. Altri i problemi si aggiungono: costi energetici esorbitanti, rigidità e costo del lavoro, cuneo fiscale, mancanza di infrastrutture, giustizia lenta, progressiva distanza fra la sofisticata ricerca universitaria e ciò che servirebbe davvero alle imprese. Così è impossibile ‘fare impresa’.” I problemi sul tavolo sono molti. “Dalle Amministrazioni ascoltiamo quasi soltanto demagogia, picconate e criminalizzazioni. Mentre i problemi giacciono irrisolti, si incentivano le fratture, si esaltano i particolarismi. Cerchiamo tutti una maggiore concretezza. Per uscire dalla recessione – conclude Gardenghi – dobbiamo creare nuovo lavoro, soprattutto per i giovani. Ma non ci sarà lavoro se non ci saranno imprese; e non ci sarà crescita se non ci sarà lavoro.”
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