Speciale Economia del 17 febbraio 2013
Parlando di obbligazioni bancarie emesse da Monte dei Paschi di Siena, qualcuno potrebbe pensare: l’avete presa un bel po’ alla larga come Speciale Economia locale! In un certo senso è vero. Ma in un batter d’occhio arriveremo al dunque. Ecco perchè. Ciò che ci interessa è indagare la realtà locale, per cercare di capire quali siano, ancora oggi, i principali ostacoli che impediscono al terriorio della Provincia di Rimini di impostare piani di sviluppo economici e occupazionali coerenti (e che facciano leva) sulle proprie specificità e potenzialità. Rimini ha già dimostrato, in passato, di saper fare “miracoli”. Uno di questi è avvenuto (e tocchiamo un tasto delicato) proprio nell’edilizia. Va ricordato, infatti, che nel periodo 2005-2009 il settore delle costruzioni è cresciuto ad un ritmo di circa il 5% annuo quando, nello stesso periodo in Emilia Romagna e in Italia, lo stesso è calato di oltre 1 punto percentuale (fonte: Rapporto Economico Camera di Commercio di Rimini). Non solo. Nello stesso periodo l’economia riminese ha registrato dati positivi superiori alla media regionale e italiana anche in altri settori. Questo a dimostrazione del fatto che la macchina c’è e sa correre.
Nel 2008 l’incantesimo si rompe. E nonostante da allora siano trascorsi ormai 4 anni e pur disponendo di analisi sempre più raffinate sulle origini della crisi e sulle possibili vie d’uscita, la macchina dell’economia riminese stenta a ripartire. Cosa c’è che non va? Nel sistema economico si realizza, all’ennesima potenza, un fitto intreccio di relazioni, che mettono in moto anche importanti quantità di denaro e di interessi, pubblici e privati. Tutti gli attori li immaginiamo intorno a un tavolo (virtuale) alla costante ricerca di soddisfare un proprio bisogno (generalmente economico). Chi vince e chi perde in questo gioco?
Il fattaccio Monte dei Paschi è esploso proprio nei giorni immediatamente precedenti l’avvio di questo Speciale così abbiamo colto la palla al balzo per entrare “a gamba tesa” in argomento. Il passo successivo sarà, invece, analizzare le emissioni obbligazionarie degli istituti di credito locali anche per capire se (e come) vengono proposte alla propria clientela. Ci riferiamo naturalmente a Cassa di Risparmio di Rimini, Banca di Rimini, Banca Bcc Valmarecchia, Banca Popolare Valconca, Banca Malatestiana.
Eccoci quindi con la seconda parte relativa alle obbligazioni bancarie che affrontiamo con la collaborazione di Paolo Calcinari Ansidei, partner di Azimut Consulenza Sim Spa sede di Rimini. Per due motivi. Primo: le obbligazioni bancarie rappresentano ancora oggi (giustamente) un porto sicuro per gli investimenti (piccoli e grandi) di migliaia di cittadini. Secondo: perchè grazie a questa raccolta le nostre banche locali possono esercitare l’attività tipica, quella di intermediazione creditizia. Quindi le banche finanziano le imprese e se gli affari vanno bene, ecco che le imprese possono pagare dipendenti e fornitori, assolvere a tutti gli obblighi previsti dalla legge. I lavoratori torneranno in banca a depositare le proprie entrate ed una parte di queste potrà anche diventare risparmio investito a breve e medio lungo termine. Così la banca raccoglie risparmio dunque potrà continuare ad erogare credito. In buona sostanza è così che funziona. Facile intuire quale disastro sia, per la collettività, se questo circolo virtuoso s’interrompe. Come purtroppo è accaduto.
Redazione Online
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Le obbligazioni bancarie, come decidere e di chi fidarsi (seconda parte)
di PAOLO CALCINARI ANSIDEI *
Riprendiamo il tema dell’investimento in obbligazioni bancarie ricordando, brevemente, che le banche, da metà degli anni ’90, hanno iniziato a fare concorrenza allo Stato italiano nell’accaparrarsi i risparmi degli italiani. Già nel 2009 la quota di risparmio degli italiani investita in obbligazioni bancarie aveva superato il 10%, dal 2% del 1995, tanto da spingere la Consob nell’avvertire i risparmiatori di non sottovalutarne i rischi. Purtroppo la crisi finanziaria del 2008 e poi la sfiducia sul debito dei paesi periferici dell’Area Euro, ha colpito seriamente la capacità di raccolta a tassi bassi delle banche italiane, nonostante la Banca Centrale Europa abbia portato il tasso di riferimento allo 0,75%.
La necessità di migliorare i parametri patrimoniali, unito all’aumento delle sofferenze (crediti non rimborsati dei clienti), ha spinto e sta spingendo le banche italiane a collocare presso la clientela miliardi di euro di obbligazioni subordinate, allettandoli con tassi elevati. Oltre al rischio emittente, spesso si aggiunge il fatto che molte obbligazioni bancarie sono illiquide, cioè hanno pochi scambi sul mercato, complicando non poco la vita all’investitore che le volesse vendere prima della scadenza.
Riprendendo l’esempio dell’obbligazione MPS già considerato nella prima parte di questo intervento (emessa nel 2008 con scadenza agosto 2018, di tipo subordinato Upper Tier 2, a tasso variabile con pagamento della cedola semestrale), il titolo non viene negoziato sul mercato regolamentato. MPS per fare fronte alle richieste degli obbligazionisti utilizza, come altre banche, un sistema interno di scambi organizzato (Deal Done Trading) gestito da MPS Capital Services.
In sostanza è la stessa Banca Monte Paschi a comprare il titolo che l’investitore vuole vendere, per poi girarlo ad un altro compratore all’interno della propria clientela, ma solo fino al 10% dell’ammontare totale dell’emissione, superato il quale si dovranno trovare acquirenti esterni.
Per la cronaca il titolo venerdì 1° febbraio ha chiuso a 84,75 in perdita di quasi il 15% rispetto al nominale 100 e, notizia di oggi (l’articolo è stato chiuso in redazione il 07/02/2013, ndr) che MPS ha comunicato di non procedere al pagamento delle cedole su una delle proprie obbligazioni subordinate (Tier 1). Nulla di irregolare, perchè tale facoltà è prevista dal contratto che l’investitore sottoscrive. Di certo non è una bella notizia.
L’estrema volatilità delle obbligazioni del Monte Paschi è evidente (vedi grafico sopra). Si potrebbe pensare che si tratti di un’azione ma invece è un’obbligazione bancaria, considerata risparmiatori un investimento sicuro. L’effetto Monte Paschi negli ultimi giorni ha fatto ripiegare i prezzi di tutte le obbligazioni bancarie italiane, dopo che queste alla fine del 2012 avevano segnato un picco di rialzo dai minimi del novembre 2011. Grazie al supporto della Banca Centrale Europea, 1.000 miliardi di euro all’1% tra novembre 2011 e marzo 2012, e al ritorno di fiducia sui titoli di stato italiani, le obbligazioni delle principali banche italiane hanno beneficiato di un importante recupero.
Cosa fare quindi? Diversificare, diversificare a ancora diversificare, senza cercare delle facile soluzioni o delle scorciatoie. Evitare di concentrare il proprio risparmio in poche obbligazioni e pure illiquide, frazionare il rischio emittente e quindi di “default” tra tanti titoli obbligazionari, possibilmente selezionati da professionisti esperti sulla base di parametri oggettivi (esempio il rating). Sforzarsi di non “comprare” il tasso, cioè scegliere un’obbligazione per il tasso offerto, seppure elevato ed appetibile. Ultima regola diffidare di chi parla solo di rendimento senza menzionare la parola “rischio”. (Articolo chiuso in redazione il 11/02/2013)
*Partner Azimut Consulenza Sim Spa – paolo.calcinari@azimut.it
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