E’ una crisi profondissima, impossibile (al momento) percepirne anche il ben che minimo segnale di inversione di tendenza. Sono le 16,30 e presso la Sala “Manzoni” in Via IV Novembre nell’ambito della Conferenza permanente è appena stato istituito “un tavolo anti crisi” molto allargato.
All’incontro sono presenti tutti i principali esponenti della città: c’è il vescovo di Rimini, mons. Francesco Lambiasi, l’assessore regionale al Turismo Maurizio Melucci, il Presidente della Provincia, Stefano Vitali, i Sindaci della provincia, il presidente della Camera di Commercio, Manlio Maggioli, il presidente della locale Confindustria, il Dirigente dell’Ufficio Scolastico Provinciale, il Direttore della Direzione provinciale del Lavoro, i vertici provinciali delle forze di polizia e numerose altre persone.
Dopo questa “plenaria” seguiranno quattro diversi gruppi di lavoro che affronteranno le seguenti tematiche: accesso al credito, semplificazione e sburocratizzazione, lavoro e disagio sociale per favorire collaborazioni inter istituzionali e anche con banche, associazioni, rappresentanze delle varie categorie economiche, rappresentanze dei lavoratori, associazioni di categoria, etc. e porrà le basi per stimolare il perseguimento di obiettivi concreti per il territorio provinciale, fortemente esposto alle intemperie della crisi in atto.
Ecco l’intervento integrale del Prefetto, il Dott. Claudio Palomba, che ha aperto i lavori.
L’idea di un tavolo che affronti nella nostra provincia la tematica della crisi sociale ed economica andando oltre la semplice disamina sulle cause, calandosi profondamente nella realtà locale e verificando quali opportunità possono nascere per risollevare il capo, è nata come comune esigenza di reagire ad eventi che non possono e non devono sopraffarci. Il grido di allarme lanciato dal Presidente della sezione riminese di Confindustria è stato raccolto non solo per un dovere istituzionale, ma perché l’esigenza di incidere sul territorio è stata generalmente condivisa oltre che dai presenti al tavolo anche dal mondo del commercio, dagli operatori del sociale, del sindacato, dell’istruzione, del terziario, dai rappresentanti degli enti locali. Si è condivisa l’idea che ora è necessario cercare di capire quali indirizzi possano servire a migliorare le condizioni di ogni settore del vissuto quotidiano, dall’economia all’impresa, al lavoro, dalla cultura al sociale, dall’educazione al disagio giovanile, per realizzare, con il contributo di tutti, un’alternativa alla situazione attuale.
L’idea di partenza si è così trasformata in proposta concreta. A questo appuntamento che, come ora vi dirò, confluirà in quattro diversi segmenti, si è giunti attraverso una fase propedeutica nella quale sono stati enucleati e dibattuti i diversi profili della conclamata situazione di crisi, con chiaro ed esplicito riferimento alle connotazioni e alle dimensioni che essa ha assunto in provincia. L’attuale situazione va affrontata come un campo aperto dove non esistono risposte già pronte e definite, ma dove ogni idea e ogni esperienza può essere reciprocamente scambiata nel tentativo comune di progredire attraverso il confronto e il dialogo. Sono convinto che una comunità si governa con la collaborazione, con l’ascolto e con il dialogo. Occorre insomma un’alleanza di sistema, una regia a più voci, che coinvolga , pubblico e privato, capitale d’impresa e lavoro. Fare squadra è la strada obbligata per creare condizioni di miglioramento. C’è bisogno di darsi nuove mete, obiettivi chiari. Insomma è nostro compito cercare di creare (missione non facile) un clima di fiducia fra i cittadini, per far ripartire il motore.
La fiducia rappresenta un bene pubblico primario: è dovere delle istituzioni alimentarlo. Nei giovani serpeggia un forte senso di rassegnazione, va tentato di tutto perché non si affievolisca in loro la speranza. Il nostro dovere è costruire le condizioni della speranza, lanciare idee, proporre progetti. Tutte le ipotesi di sviluppo vanno favorite, rafforzate e diffuse sul territorio. Abbiamo bisogno di una dose consistente di minimalismo, coscienti che gli orologi si guastano e si aggiustano partendo dalle rotelline interne, non dalle grandi lancette che si vedono sul quadrante esterno. Per realizzare i sogni bisogna fare dei progetti, per realizzare i progetti, come dicevo, bisogna saper lavorare insieme: autorità locali a tutti i livelli, autorità nazionali, organizzazioni imprenditoriali e sindacali, università e scuole e mondo del volontariato. In due parole occorre la massima coesione istituzionale e sociale. Bisogna sapersi porre degli obiettivi temporali, delle scadenze per la realizzazione dei progetti e controllarne periodicamente il grado di avanzamento.
Dobbiamo guardare avanti, scegliere i campi di priorità nei quali concentrare le nostre capacità creative e competitive. Le autorità hanno il compito di elevare il livello qualitativo degli strumenti amministrativi, definire un quadro chiaro e semplice delle regole da rispettare, creare le infrastrutture materiali e immateriali necessarie alla crescita delle iniziative imprenditoriali. Con tali presupposti si intende proporre la costituzione di quattro diversi gruppi di lavoro, con quattro tematiche che tra loro si intersecano e si condizionano, ma che per la loro complessità vanno anche esaminate in distinti momenti, per poi sforzarsi di corrispondere ad un’esigenza di sintesi : lavoro e occupazione, accesso al credito, disagio sociale e sburocratizzazione.
In merito alla questione lavoro emerge innanzitutto l’esigenza di riaffermare il valore del lavoro, tanto di quello materiale, quanto di quello della conoscenza. E’ necessario innanzitutto rivalutare il lavoro moralmente, socialmente, economicamente, anche in relazione alla crescente disoccupazione e precarietà del lavoro (che tocca particolarmente i giovani, ma anche fasce di lavoratori più avanti negli anni, in attesa di poter accedere alla pensione). I dati sul lavoro che emergono in provincia, come è possibile leggere sulle schede che vi sono state preparate e che vi verranno illustrate, non sono affatto confortanti: un tasso di disoccupazione al 9,8%, con quello giovanile che è schizzato addirittura al 15,8%; oltre 9 milioni di ore di cassa integrazione erogate nel 2012, con un’impennata di oltre il 30% rispetto all’anno precedente; 93 imprese dichiarate fallite, anche qui con un balzo in avanti del 28% rispetto al 2011.
Queste ultime e tante altre che “navigano a vista”, ma anche le aziende sane e capaci di programmare, che intendono investire in strutture, ricerca, attrezzature etc. soffrono enormemente la difficoltà di accesso al credito. La difficoltà di accedere a risorse rende tutto più difficile e non può in alcun modo creare condizioni di sviluppo. Ecco perché la creazione di un tavolo specifico con l’obiettivo di poter eventualmente favorire le opportunità di accesso al credito, fondamentali per chiunque faccia impresa ed indispensabili per stimolare un mondo che potrebbe diventare stagnante nonostante la volontà, l’intelligenza, la professionalità e l’intuito di chi in esso opera.
Dal tavolo dell’accesso al credito, al quale è indispensabile la partecipazione di rappresentanti degli istituti bancari del territorio, è auspicabile che emergano iniziative che possano consentire di sbloccare situazioni per rilanciare il settore delle imprese e dare sostegno alle famiglie. Alcune riflessioni già sono state effettuate, come vedrete dalla illustrazione delle schede tematiche, per cui è necessario che i principali attori convergano su ipotesi condivise di soluzioni di immediata fattibilità. Correlata con il mondo del lavoro e delle imprese, vi è indubbiamente anche la fase procedurale che caratterizza i rapporti tra il pubblico e il privato, oltre che tra privati o, anche, tra pubblico e pubblico.
La burocrazia non sempre costituisce il “cappio al collo”, ma serve o dovrebbe servire a regolamentare situazioni e rapporti che altrimenti sarebbero lasciati al libero arbitrio e foriere delle peggiori negatività. E’ di tutta evidenza però che essa deve essere sapientemente dosata e saggiamente impiegata. Il grido di allarme lanciato dal Presidente Vitali in occasione del saluto natalizio e le doglianze reiteratamente manifestate da più parti della vita economica e sociale del nostro territorio, hanno sollevato il problema di un eccesso di adempimenti burocratici, costituenti un ulteriore freno per l’economia locale, anche in relazione all’incertezza dei tempi di conclusione dei procedimenti relativi all’avvio di attività produttive. Da qui dunque la necessità di costituire anche un tavolo che si occupi direttamente di verificare quali modifiche o interventi possono essere seriamente effettuati per favorire una semplificazione e una “sburocratizzazione” degli iter. Anche su questi aspetti ci sono stati una serie di incontri, anche con la Regione – che ringrazio per la disponibilità – per esaminare prime soluzioni: quali ad esempio la creazione del Distretto turistico riminese o della riviera, che comporterebbe per le imprese una serie di vantaggi fiscali , amministrativi e finanziari, ovvero l’istituzione della realtà di Rimini come zona a burocrazia zero da cui potrebbero derivare benefici per i procedimenti riguardanti le attività produttive i cui tempi di definizione sarebbero enormemente ridotti. Si potrebbe anche pensare allo sviluppo di accordi quadro derogatori tra enti territoriali, con previsione di interventi a mezzo di presentazione di progetti direttamente attuativi, in forma di silenzio assenso, asseverati da tecnici esperti con attivazione di un sistema di monitoraggio successivo non ostativo, ma di indirizzo e sestegno per eventuali modifiche progettuali.
La mancanza di lavoro, i problemi delle imprese, la difficoltà di accedere a finanziamenti, non solo da parte delle imprese, ma anche per i privati che chiedono prestiti, uniti ad una crisi valoriale, confluiscono in un’ulteriore ferita, anch’essa allargatasi nell’ultimo anno: il disagio sociale. La crisi ha colpito e sta colpendo duro anche in questo territorio ed ha reso evidente una fragilità che rende assai difficile, per molte famiglie, coprire le necessità, anche più elementari del quotidiano, tanto che non appare più sufficiente parlare oggi di semplice disagio sociale, ma di “questione sociale” da porre al centro dell’attenzione dell’azione pubblica.
E allora che fare? E’ una faticosa sfida all’evidenza dei dati economici e sociali – oltre 10 mila persone che si rivolgono agli sportelli sociali del territorio provinciale, centinaia di interventi per gli alloggi di prima accoglienza, un numero esorbitante di pasti presso le mense, 1.450 domande di sfratto, etc. – ma occorre provare a ripartire da quei principi di solidarietà e sussidiarietà che costituiscono anche l’ossatura delle tradizioni e del modo di essere della gente romagnola, mai doma e sempre capace di innovarsi senza trascurare chi è più in difficoltà. Anche su questo delicato tema sono emersi alcuni spunti propositivi che andranno sviluppati e concretizzati in sede di gruppo di lavoro.
Un tavolo dedicato al disagio sociale vuol essere il segnale che la crisi non potrà avere soluzione senza il recupero dell’immenso valore della dignità delle persone e senza che ad esse vengano offerte opportunità. Il progetto dei quattro tavoli: lavoro e occupazione, accesso al credito, semplificazione e sburocratizzazione e disagio sociale, non nasce dunque con alcun intento velleitario, ma con il desiderio e l’aspirazione di poter contribuire in questo territorio a immaginare che al futuro ci si possa pensare senza illusioni, ma anche senza incubi. Pur in un quadro cupo, esempi positivi nella nostra provincia non mancano. Provarci non è solo un dovere, ma anche una opportunità.