“Ho sudato freddo per cinque anni. Alla fine ci è andata bene; abbiamo incamerato 230mila euro. Però derivati e swap vanno assolutamente vietati ai Comuni”. Daniele Imola (nella foto) fu l’accorto sindaco che nei primi anni del 2000 sottoscrisse i derivati ma con un’accortezza figlia della civiltà contadina. A distanza di anni, dopo aver fatto mettere in cascina al Comune di Riccione 230mila euro, dice la propria. “Posso ricordare – racconta Imola, sindaco dal 1999 al 2009 – che c’è stata tanta paura. Grazie alla fortuna boia ce la siamo cavati. Allora le proposte delle banche e delle finanziarie fecero girare la testa ai 2/3 degli enti pubblici italiani. Sembrava che chi non sottoscrivesse i derivati, andasse contro gli interessi della propria città”.
L’accortezza premia il Comune di Riccione. A differenza della stragrande maggioranza degli enti pubblici (e privati). Il Comune di Riccione incamerò 230mila euro per aver sottoscritto 5 anni di derivati (swap). Ci fu un rischio minimo, in un arco di tempo brevissimo 5 anni (normalmente era di 20 anni). Ricorda Imola: “Credo che siamo nel 2004. Ricevo pressioni e telefonate da ovunque su questi benedetti derivati. Ero a Milano per gli eventi estivi da programmare con Radio Dejee. Il grupo finanziario che mi tallona mi invita in un ottimo ristorante. Tra loro tre bocconiani incravattati. Nelle loro argomentazioni, ogni 10 parole ne capisco due. Mi sentivo ancora più menomato. Pensavo di non essere un drago ma neppure un deficiente. Mi vogliono far firmare subito. Ma prendo tempo. Dico che ne devo parlare con i miei, con la giunta, con i dirigenti”.
“Torno a Riccione – continua nel ricordo un rilassato Imola -. E ne parlo coi dirigenti Righetti e Pio Biagini. La tentazione era fortissima. C’erano a disposizione grosse cifre per fare le opere pubbliche. Però ci si poneva una domanda semplice tuttavia senza risposte: da dove arrivano questi soldi? Mi fidavo di Castellani e Biagini. In giunta, c’era un assessore che spingeva forte. Un garibaldino in buona fede. Per assottigliare i rischi, li facemmo, questi derivati, di breve durata: cinque anni. Scommettemmo sui tassi di interessi. Se fossero stati sotto il 4 per cento ci avremmo guadagnato; oltre tale soglia ci avremmo rimesso”.
“Nel 2009, alla scadenza del contratto – rimarca con un’immagine contadina Imola – ci asciugammo la fronte. A me pesava rischiare un solo euro del Comune di Riccione. Invece, fummo tra i pochi Comuni italiani a guadagnare. Nella stipula dei derivati, su di noi c’erano forti pressioni. Fummo, tra gli ultimi enti pubblici della provincia di Rimini. Fummo preceduti dalla Provincia di Rimini, dai Comuni di Rimini, Cattolica, Misano”.
“Per un amministratore – analizza Imola – c’era lo stimolo di dare alla città un’altra opera pubblica. Allora, anche se sembra impossibile, si rischiava di finire sui giornali per aver rifiutato i soldi. Per aver danneggiato la città. Grazie al fatto che sono una persona che arriva dalla campagna, c’era qualcosa che non mi tornava. E il fatto che dopo le proposte non si capiva nulla, mi confermavano i miei timori. Righetti e Biagini confermavano le mie paure”. Uno dei dirigenti di allora era Pio Biagini, un ragioniere dalla mente raffinata e spiccia. Racconta: “Ricordo un’offerta di una banca. Chi proponeva il derivato per la sola istruttoria della pratica pretendeva 5mila euro. Francamente mi sembrava un’esagerazione. Facemmo cadere la loro proposta. Dicevano che costava così tanto la pratica perché era più che vantaggiosa per l’ente pubblico”. Nel 2009, per avere raggrenellato i 230mila euro, una rarità per coloro i quali avevvvano fatto incetta di derivati, Imola venne intervistato da Milano Finanza e il Sole-24Ore. Imola: “Così ho vinto coi derivati, ma vanno vietati ai Comuni”.
Candidato al Senato nelle elezioni dello scorso 24-25 febbraio, oggi professione albergatore (titolare del “Taca banda” a San Lorenzo), a chi gli chiede col senno di poi che farebbe, è lapidario: “Chi prende i derivati, è come chi va dalla maghetta per vincere al Totocalcio. Se è così certa di farti vincere perché non gioca lei? Se le offerte delle banche e delle finanziarie sono così vantaggiose perché non sono le stesse a fare tali investimenti degne del miglior pinocchio?”
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