Quelli che negano questa divisione in genere sono di destra; credo sia una distinzione storicamente molto antica.(Odi profanum vulgus et arceo, odio la massa ignorante e la tengo lontano).
E’ evidente però che per una parte di essa il significato della sinistra sia cambiato, in particolare negli ultimi decenni. Finora non è cambiato invece, almeno nei paesi sviluppati, il minimo comune denominatore ideologico che ispira tutte le varie manifestazioni della sinistra. (Omnia tempus habent, ogni cosa ha il suo tempo). Questa base consiste, a vari livelli, nel riferimento a una rivoluzione: quella inglese, che fu alle radici di quella americana; quella francese; fino a quella russa inclusa.
Una parte, e direi la maggioranza della gente che si dichiara di sinistra, in qualche modo guarda all’indietro ad uno o ad un altro aspetto di questa tradizione e alle ideologie associate con quei rivolgimenti. Non è più necessariamente cosi in vaste parti del Terzo mondo. Ma per il mondo occidentale, questo collante esiste ancora. Nel complesso, infatti la tradizione rivoluzionaria non è condivisa dalla destra, anche se quella più moderna ne ha ormai interiorizzato una parte, per esempio il concetto di governo costituzionale.
Ma gli ultimi venti, trenta anni, sono estremamente importanti per gli sviluppi della sinistra. Vi emergono infatti nuovi filoni, detti conservatori, perché vogliono preservare lo status quo, quando non riportare indietro l’orologio dello sviluppo, uno di questi filoni: i”verdi”. Considerato un movimento vicino alla sinistra, ritenuti una parte che è importante e che determina i cambiamenti economici e tecnologici e che cerca di controllarli in un’ottica di ambiente sostenibile.
E poi c’è un altro aspetto della crisi della sinistra: il declino della politica come strumento credibile di trasformazione della società. Dovunque guardiamo, in America o in Europa, vediamo masse sempre più apatiche nei confronti della politica e molto più interessate al portafoglio. C’è qualcosa di anche più profondo che ci ha gravemente indebolito: “la società dei consumi e le sue conseguenze sociali”.
Un tempo si credeva che combattere per la libertà individuale non fosse incompatibile con la lotta per una emancipazione collettiva, ma è sempre più chiaro che queste due esigenze sono in conflitto. La privatizzazione condiziona ormai anche il senso comune della gente e questo colpisce duramente la sinistra, che si batte per obiettivi collettivi, che insegue la giustizia sociale. E’ un grave e generale problema; perché le cose che rendevano possibile alla sinistra di agire in maniera collettiva sono le stesse cose che rendevano possibile una politica democratica. Questa esiste fintantoché è possibile organizzare la gente e farla agire collettivamente E invece sta diventando sempre più difficile, per ogni movimento politico, mobilitare la gente e non solo per i partiti della sinistra.
Assistiamo anche a una corrosione specifica dei valori di essa, un fenomeno generato dagli egoismi privati. Nondimeno restano in piedi grandi capisaldi della tradizione della sinistra: libertà, uguaglianza, fraternità. La fraternità non ha più efficacia, ma libertà e uguaglianza sono ancora lì. Per libertà sappiamo cosa intendiamo; l’uguaglianza in termini pratici, penso che oggi significhi servizi sociali e redistribuzione ad opera dei governi. Qualcosa che il libero mercato non può assicurare.
Persino i conservatori inglesi eredi della Dama di Ferro che più di tutte le destre si impegnarono per radicali cambiamenti sociali in direzione del libero mercato si sono ritirati da questo credo. Riconoscendo, per esempio, che sanità, educazione e una basilare previdenza per la vecchiaia sono compiti prevalenti dello stato e della mano pubblica.
Ci sono beni che non possono essere forniti se non collettivamente. Certo in Europa ci sono varie sinistre, alcune risorte e comunque diverse. Credo comunque che nessuna sinistra possa concepire il mercato come una società ideale, perché come abbiamo visto ci sono cose che il mercato non può ottenere, qualsiasi politica di sinistra, penso anche la più moderata non possa accettare una società di mercato, pur dicendo sì al mercato.
Detto questo, non può sfuggirci e anzi affermare l’idea che esistano due sinistre in Italia e non solo in Italia ben distinte e ben connotate. Da un lato la sinistra buona, pura e dura, bella e seducente, intransigente e di grande avvenire; dall’altra quella riformista, grigia e triste, compromessa e pericolosa, o è sospettata in permanenza di volerlo fare.
E’ una visione semplicistica poiché la debolezza della sinistra comunista, anche se dispone di militanti e di sostegno nell’opinione pubblica, non va oltre il 5 o 6%, sia in Francia come in Italia.
Ma questi groppuscoli hanno un potere sulla sinistra riformista, perché rappresentano un complemento indispensabile per prevalere e quindi ai comunisti si apre un margine di manovra. Ci sono varie fratture e divergenze e la presunzione di rispondere è complessa. In Francia come in Italia l’elettorato di sinistra vorrebbe penalizzare i governi di destra, ma una volta al potere le tensioni tra le due sinistre non tardano a riemergere. Non potendo aspirare al potere, hanno una funzione non so quanto consapevole da pungolo sociale della sinistra riformista e una situazione simile a quella di alcuni paesi del Nord Europa degli anni ottanta, con un forte partito socialdemocratico ma che aveva quella spina nel fianco alla sua sinistra. Comunque, noto che stiamo sempre qui a discutere e metterci in discussione come in una scena filmesca già vista con la differenza, che allora, gli attori principali da mettere in discussione avevano un certo peso. Oggi quegli attori di peso; purtroppo? non esistono più. (Quot homines tot sententiae, tanti uomini tanti modi di pensare).
Giorgio Pizzagalli, Casacce