– Un ombrellone, un lettino, una spiaggia e qualche raggio sole si trovano un po’ dappertutto: Mediterraneo, Caraibi, Mar Rosso, la pace della Polinesia. Forse anche più abbondanti: non piove mai. Di certo più a buon mercato. Attirare i turisti con tali ingredienti, per la Riviera Romagnola, significa sicura sconfitta sul medio e lungoperiodo. Invece, vendere la Terra di Romagna, con la sua tradizione, la sua tipicità diventa un unico. Nel senso che si trovano solo qui. Insomma, la cultura dei nostri luoghi anche se siamo sprofondati in un momento di imitazioni, non è clonabile.
Partendo da questa riflessione da anni Comuni, Provincia e Regione, associazioni di categoria stanno sensibilizzando gli operatori turistici che per competere è meglio partire dalle proprie radici: dai vini delle colline e dai piatti della nonna.
Come ama dire Massimo Gottifredi, ex assessore provinciale al Turismo e profondo conoscitore della materia: “Dobbiamo convincere il turista a portarsi a casa la nostra bottiglia di vino come regalo per gli amici”.
Se si va in un ristorante toscano, ci sono 9 vini locali ed uno forestiero. In un ristorante della provincia di Rimini avviene l’esatto contrario: si trovano 9 vini “stranieri” ed un Sangiovese ed un Trebbiano. In casi eccezionali ti servono anche un Albana. Ed in casi ancora più rari ti propongono un passito ed il mosto cotto (una prelibatezza assolutamente da assaggiare almeno una volta nella vita).
A Rimini è successo anche questo. Una manciata di anni fa, un personaggio, anche importante, del mondo dell’economia ha ospiti; li porta a mangiare in un locale di prestigio del centro, zona mare, ma non ci sono i nostri vini. Non li ha ordinati ed un po’ è anche arrossito.
Enrico Santini, riminese con origini corianesi è uno dei paladini della tipicità. Fa ottimi vini (pure premiati) ed ha fatto anche un tentativo di negozio con prodotti della nostra terra a Rimini, zona Pescheria, con molte difficoltà. Afferma: “Sicuramente il consumo negli alberghi e nei ristoranti dei prodotti locali, olio, vini, è aumentato; soprattutto nei locali ad un certo livello e nei giovani ristoratori. Insomma, nei posti migliori le nostre cose ci sono. E’ chiaro che per il turismo di un certo tipo è un biglietto da visita. Però ce n’è di strada fare. Dalla Toscana siamo lontani un miliardo di anni luce. In Toscana si mangia solo toscano. Solo che siamo distanti anche dall’Umbria, dal Lazio, dalla stessa Emilia. La nostra arretratezza è culturale. Paghiamo le nostre umili origini. Si aveva paura di proporre i nostri piatti ed i nostri prodotti. Si pensava che fossimo di serie B. Invece, il nostro olio è il migliore ed i nostri vini si fanno ben valere. Credo che la nostra debba essere una visione almeno regionale. L’Emilia Romagna è la prima regione d’Europa per le Doc (Denominazione di origine controllata) ed Igp (Indicazione geografica protetta)”.
Maurizio Cecchini, presidente degli albergatori di Cattolica: “Le serate romagnole sono sempre molto gradite. Credo che proporre la tipicità sia qualcosa di molto professionale per chi fa ristorazione. Anche se spingere i nostri prodotti non sempre è semplice. Quando vai in Toscana e non ti porti un loro prodotto, olio, vino, hai l’impressione di essere in difetto psicologico: di non esserci stato. Il nostro percorso è ancora molto lungo. Ma dire che è determinante la tipicità non ne sono convinto; tuttavia dà una bella mano. I nostri turisti stranieri vengono, spesso, per la nostra cucina, per le sensazioni che riusciamo loro trasmettere. Far resistere la classica lasagna domenicale è qualcosa di molto bello”.
Iliana Baldelli, presidente dei 130 albergatori misanesi: “Tanti alberghi propongono la serata romagnola. Da due anni stiamo seguendo dei corsi sulla tipicità organizzati dalla Provincia. Credo che da uno a dieci, la tipicità, come forza di attrazione valga quattro. Tanti turisti, soprattutto tedeschi, vengono da noi perché si mangia bene”.
Giuseppe Chicchi, amministratore delegato dell’Apt (Azienda promozione turistica dell’Emilia Romagna), già sindaco di Rimini, già assessore regionale al Turismo: “Tre anni fa commissionammo una indagine in Europa. Uno dei buoni motivi per fare vacanza è la gastronomia”.
Mirco Pari, segretario provinciale della Confesercenti, dice: “Attraverso i prodotti del territorio mettiamo nel gioco del turismo cose che gli altri non hanno: il nostro giacimento culturale. Soprattutto il turismo d’affari, fieristico, congressuale vuole la tipicità in tavola. Tipicità che può aiutare il turismo. Nella globalizzazione si va cercare il senso del territorio che ti va a differenziare ed a caratterizzare rispetto agli altri territori. Senza tale percorso, saremmo uno dei tanti luoghi e lentamente ci sarebbe la morte del turismo”.
di Francesco Toti
LA FRASE
Gottifredi: “Dobbiamo convincere il turista a portarsi a casa la nostra bottiglia di vino come regalo per gli amici”
Baldelli: “Da due anni stiamo seguendo dei corsi sulla tipicità organizzati dalla Provincia. Credo che da uno a dieci, la tipicità, come forza di attrazione valga quattro”
Santini: “Dalla Toscana siamo lontani un miliardio di anni luce. In Toscana si mangia solo toscano”
Pari: “Attraverso i prodotti del territorio mettiamo nel gioco del turismo cose che gli altri non hanno: il nostro giacimento culturale”
Cecchini: “Le serate romagnole sono sempre molto gradite. Credo che proporre la tipicità sia qualcosa di molto professionale per chi fa ristorazione”