Il principe della dieta mediterranea non ha proprio nulla di Mediterraneo. Insieme a mais, patata, arriva dall’America grazie a Cristoforo Colombo. Nei primi tempi venne coltivato solo negli orti botanici, come una rarità. E’ solo dalla metà del ‘600 che inizia ad essere prodotto su vasta scala. Non per scelta, ma per necessità: la fame. E l’orto era considerato zona franca del podere; non c’era corresponsione verso il proprietario. La pasta col pomodoro inizia ad arrivare sulle tavole solo ai primi dell’800 ed in quelle delle famiglie ricche. Le classi sociali più basse erano troppo conservatrici e prevenute verso il nuovo.
Il pomodoro è nativo della zona del Centro America, Sud America e della parte meridionale del Nord America. Gli Aztechi lo chiamarono xitomatl, il termine tomatl indicava vari frutti simili fra loro, in genere sugosi. La salsa di pomodoro divenne parte integrante della cucina azteca. Si diceva che il pomodoro avesse proprietà afrodisiache; sarebbe questo il motivo per cui i francesi anticamente lo definivano pomme d’amour, “pomo d’amore”. La credenza è presente anche in Italia. In alcuni paesi dell’interno della Sicilia, è indicato anche col nome di pùma-d’amùri (pomo dell’amore). Si dice che dopo la sua introduzione in Europa sir Walter Raleigh avrebbe donato questa piantina carica di frutti alla regina Elisabetta, battezzandola col nome di apples of love (pomo d’amore).
In Europa arrivò nel 1540 quando lo spagnolo Hernán Cortés rientrò in patria e ne portò gli esemplari; ma la sua coltivazione e diffusione attese fino alla seconda metà del XVII secolo. E fu figlia della fame e dell’aumento della popolazione Arriva in Italia nel 1596. Più tardi, trovando condizioni climatiche favorevoli al sud, l’originario colore oro, che diede il nome alla pianta, diventa rosso, grazie a selezioni e innesti. L’industria del pomodoro è tipicamente italiana. La sua culla sarebbe stata Parma, nelle cui campagne dopo la metà dell’Ottocento i contadini producevano pani di polpa essiccata, al sole, e non per nulla chiamati “pani neri”. Avrebbe imposto la svolta il professor Rognoni, docente all’Istituto tecnico di Parma, che avrebbe sperimentato la coltura, nei propri poderi, dal 1865, e sarebbe stato protagonista della diffusione, prima del 1895, dei primi processi razionali, presto adottati da numerosi laboratori artigianali. Nel 1875 il piemontese (era di Asti) Francesco Cirio creò, intanto, a Napoli, la prima industria conserviera meridionale.
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