– Inizia un giro di interviste con i direttori delle associazioni di categoria della provincia di Rimini. Lo scopo è far emergere le debolezze ed i punti di forza del territorio in un periodo economico che richiede la politica come idee e spirito di servizio.
– Con Alessandro Rapone inizia un giro di interviste con i direttori delle associazioni di categoria della provincia di Rimini. Lo scopo è far emergere le debolezze ed i punti di forza del territorio in un periodo economico che richiede il sostegno del sistema-paese: ovvero l’impegno vero della politica.
– Alessandro Rapone è il direttore di Api (Associazione della piccola e media industria) della provincia di Rimini. Passione per la storia, dinamico, sa usare con accortezza bastone e fioretto.
Come vede l’economia riminese dal suo osservatorio?
“Sono ottimista. Le piccole e medie imprese che rappresento, con tutti i limiti strutturali e le insufficienze finanziarie, impossibilitati a far ricerca all’interno, sono estremamente flessibili. E chi è flessibile anche nelle difficoltà riesce ad adattarsi al mercato. Se rivolgiamo lo sguardo al territorio abbiamo il modello turistico che si è inceppato. Nonostante le difficoltà, il riminese è intraprendente; ha la capacità di rimboccarsi le maniche. E’ iper-individualista e, al di là delle risorse, ha un forte spirito imprenditoriale. E’ una carica propria che diventa arma tagliente. Talenti che non si riscontrano a Ravenna, Forlì. Purtroppo l’arricchimento rapido ha by-passato alcuni momenti fondamentali nella formazione”.
Qual è il problema nodale della provincia?
“Il forte dinamismo, il rischiare, la risoluzione sono anche la madre del nostro male peggiore: la rendita. Non sono né un calvinista, né un Savoranola, ma è un freno allo sviluppo sano del nostro territorio. Demotiva l’imprenditore che rischia e frena la modernizzazione. Inoltre, massacra il territorio e la popolazione che aumenta chiede i servizi.
Credo proprio che la politica debba governare simili processi. Purtroppo abbiamo molti imprenditori che sono più interessati all’acquisto dei terreni che a gestire bene le proprie imprese. Insomma, se tutti diventassimo immobiliaristi, sarebbe negativo: l’economia va in metastasi. E quando la bolla speculativa scoppierà, farà male soprattutto ai più deboli. Ed anche chi fa impresa davvero, si chiede se conviene fare tanta fatica, quando sarebbe più semplice con il giro speculativo dei terreni. Va sottolineato che la colpa non è dell’imprenditore ma della politica; è questa che governa il territorio e non il contrario. Credo che la vera politica debba aiutare le imprese vere”.
Quali rimedi?
“Incentivare i settori dell’economia che continuano a fare. Albergatori ed industriali non hanno bisogno della pacca sulle spalle; il vero giudice è il mercato. E ce ne sono di aziende con la voglia di andare avanti”.
Sembra che gli imprenditori provinciali abbiamo bisogno di capannoni, che dice?
“Le aziende che rappresento sono vive ed in crescita. Tante sono in affitto e vorrebbero lo spazio di proprietà. Inoltre, ho una quindicina di imprese che hanno la necessità di ingrandirsi”.
Che cosa chiedere ancora alla politica?
“Risolvere le infrastrutture della provincia. Le comunicazioni sono un tormentone. L’alta velocità ferroviaria non arriva; vediamo se si fa la terza corsia autostradale. L’aeroporto ci servirà anche, ma quanto ci costa. Cerchiamo di affrontare i problemi.
L’altro freno è la burocrazia. Si è tanto decantato lo sportello unico, ma chi l’ha visto? Al momento si sono fatte soltanto tante riunioni. Invece, è stata creata soltanto una sovrastruttura in più. Un altro lato negativo è che a Rimini si raccolgono i capitali e vengono portati via.
Per farli restare ci vogliono grossi progetti. Ecco questa è la fotografia dei nostri problemi. Ora, risolviamoli”.
Sono competitive le nostre aziende?
“Molto lo sono già adesso. Abbiamo tante aziende che sanno farsi valere; spesso sono sconosciute nella stessa città. Rimini rappresenta il 3 per cento delle esportazioni regionali; 15 anni fa era all’uno.
Come si vede c’è un trend positivo. Negli anni il nostro comparto produttivo è diventato una realtà oggettiva: industria ed artigianato hanno superato il turismo. E questo è un sorpasso strutturale e culturale. E su questo dinamismo imprenditoriale va fatta una riflessione”.