– E’ morto a Roma il 7 dicembre scorso Paolo Sylos Labini, un gigante della storia novecentesca del pensiero economico, teorico dell’aumento contestuale dei salari e dei profitti grazie all’aumento della produttività reso possibile dalla ricerca scientifica e dalle conseguenti innovazioni tecnologiche.
Nato nel 1920, Sylos Labini non aveva ancora trent’anni quando ad Harvard, nella più prestigiosa Università degli Stati Uniti d’America, studiava con il grande economista Joseph Schumpeter, vero colosso della storia del pensiero economico. Alcuni anni fa Sylos Labini dimostrò, dati alla mano, che si era rivelata sbagliata la profezia di Marx circa la proletarizzazione e scomparsa dei ceti medi, i quali, al contrario, anche in Italia hanno rafforzato la loro consistenza, fino a costituire il nerbo del sistema produttivo.
Allievo di Salvemini e di Ernesto Rossi, Sylos Labini seppe conciliare, nel modo più serio e conseguente, rigore scientifico e passione civile democratica. Quest’ultima ne fece negli ultimi tre lustri un fiero avversario del berlusconismo.
Mi sembra doveroso rendergli omaggio facendo ascoltare al riguardo la sua voce. Nel volume Un paese a civiltà limitata (Laterza, Roma-Bari 2001), per esempio, Sylos Labini ha scritto tra l’altro: “Io considero l’avvento di Berlusconi una sciagura nazionale. Proprio quando l’Italia cessava di essere il terreno di scontro, combattuto senza esclusione di colpi fra comunisti e anticomunisti, col sostegno anche finanziario delle due superpotenze, e poteva avviarsi sul cammino della civiltà, si è invece affermata Forza Italia. Siamo ancora un paese anormale. Tre reti televisive nazionali ufficiali, più due ufficiose, più due case editrici del peso della Mondadori e dell’Einaudi e vasti organismi pubblicitari, dànno a chi li controlla, cioè a Berlusconi, un potere enorme di condizionamento dell’opinione pubblica”. E, scriverà in altre pagine, di delegittimazione dei migliori magistrati italiani, decisi a rispettare il principio dell’uguaglianza della legge per tutti.
Questo è il modesto omaggio che io gli rendo grazie all’ospitalità della “Piazza”, aperta a tutte le voci e a tutte le tendenze. Ma l’omaggio più grande e significativo gli sarà reso dagli elettori italiani, se alle elezioni politiche del prossimo aprile manderanno a casa Berlusconi e renderanno possibile il cambiamento richiesto dalla doverosa tutela della parte più viva della nostra Costituzione, dei diritti dei lavoratori e delle fasce più deboli del nostro popolo.
di Alessandro Roveri
Professore di Storia contemporanea all’Università di Ferrara