– Sicuramente il nuovo pastificio inizierà la produzione dal gennaio dell’anno prossimo. Forse il mulino verrà costruito. E se le cose dovessero funzionare si potrebbe pensare anche a tirar su il mangimificio. Questo è lo scenario prossimo della Ghigi illustrato da Alessandra Ascari Raccagni, dallo scorso novembre nuovo amministratore delegato. Sposata, tre figli, laurea in Economia e Commercio, master in business administration, passione per i viaggi, è figlia di Renato Ascari Raccagni, da anni presidente di Consvagri, la cooperativa che controlla la Ghigi, nonché presidente della Cassa dei Risparmi di Forlì.
Nel 2005 non è stato l’unico volto nuovo dentro la dirigenza della Ghigi, ma sono arrivate altre figure professionali che dovrebbero ridare dinamismo al prestigioso marchio in crisi. Sono: Luca Guerrieri (direttore commerciale), un bocconiano, Daniele Bianchet (direttore di stabilimento), esperienza in Nestlè, Anna Piccari (responsabile amministrativa) e Paolo Venerandi (controllo di gestione), ex Colussi. Inoltre, è stato dato l’incarico per le relazioni industriali a Paolo Foschi, già dirigente d’azienda, insegnante all’Isia (la scuola che sforna progettisti) di Faenza.
Signora Ascari il sindacato afferma che non avete un Piano industriale, che cosa risponde?
“La Ghigi deve fare un salto culturale e questo non è facile per nessuno. C’è resistenza al cambiamento. Siamo in un settore fermo, con più concorrenza e dove la pasta costa meno di 10 anni fa, dunque per crescere dobbiamo togliere quote di mercato a qualcun altro. Oggi il fattore fondamentale non è produrre ma vendere. Nel nuovo stabilimento a San Clemente, noi abbiamo fatto una scommessa calcolata ricorrendo al credito.
Per stare sul mercato dobbiamo produrre con efficienza; i nostri concorrenti già lo fanno e con meno personale. Il Piano industriale è noto alle organizzazioni sindacali, con le quali l’azienda si è a lungo confrontata, nel rispetto dei reciproci ruoli (30 incontri nel 2005), assistite 6 volte dalle segreterie provinciali”.
Quanto costerà il nuovo pastificio?
“Tra i 14 ed i 15 milioni di euro”.
L’accordo di programma stilato col pubblico prevede anche il mulino ed il mangimificio, invece le voci dicono che non saranno costruiti, che dice?
“Sul mulino ed il mangimificio si stanno effettuando analisi economiche finanziarie di convenienza. Il comparto zootecnico è in calo ed i mangimifici registrano pesanti perdite. Sul mangimificio abbiamo una pratica di finanziamento aperta presso l’Istituto di sviluppo agroalimentare che presta molta attenzione a finanziare settori che non prevedano prospettive di sicuro ritorno economico.
Ma se la costruzione del mangimificio fa saltare la nostra azienda, è il caso di procedere nell’operazione? Ricordo che oggi vi lavorano 6-8 persone che potrebbero essere facilmente riconvertite con qualche difficoltà, sia chiaro, in altre equivalenti mansioni ed assorbite, in prospettiva, all’interno delle attuali lavorazioni.
Quanto al mulino, investimento previsto 6-7 milioni di euro, è importante averlo; acquistando validi ed efficienti macchinari ricondizionati e comunque garantiti, l’ordine di grandezza dell’investimento si può ridurre a circa 3 milioni”.
Qual è la vostra forza lavoro?
“Circa 100 unità; una settantina i fissi; il resto sono stagionali”.
I ricavi?
“Circa 18 milioni di euro; il 25 per cento arriva dai mangimi, il resto dalla pasta. Noi esportiamo il 50 per cento della produzione. Negli Stati Uniti abbiamo una presenza importante, pesiamo il 3 per cento della pasta importata. Mentre la quota di mercato in Italia vale lo 0,5 per cento: Marche, Bassa Romagna, Umbria e Lazio, le nostre zone di forza. Ricordo che in Italia ci sono 134 pastifici, molti dei quali avviati alla cessazione, o operanti a regime ridotto con largo ricorso alla Cassa integrazione e che la Ghigi per grandezza è al 20° posto”.
La Ghigi produce pasta per conto terzi. Per chi?
“Per la Barilla produciamo le tagliatelle per il mercato svizzero, Spar Austria, Sidis, Selex”.
Il pubblico ha permesso alla Ghigi l’operazione immobiliare nel vecchio stabilimento di Morciano e facilitato l’acquisto della terra a San Clemente a prezzi appetibili. Qualcuno dice che c’è stata troppa sensibilità, qual è il vostro punto di vista?
“I pastifici hanno margini ridottissimi. La sopravvivenza si gioca sul piano dell’efficienza e della riduzione dei costi che devono essere limati giorno per giorno con azioni di risparmio, oltre ai contributi europei per l’obiettivo 2. E’ giusto che le istituzioni siano interessate a creare condizioni perché attività ad alta intensità di manodopera recuperino efficienza in modo tale da ritornare competitive sul mercato. Nella vallata del Bidente l’insediamento sarebbe stato favorito mediante la cessione del terreno ad un prezzo simbolico, oltre ai contributi europei dell’obiettivo 2”.
Non sono troppi 11 ettari per costruire il pastificio. La venderete quella terra?
“Non credo”.
Quanto c’è di vero che il sindacato si è rifiutato di far fare gli straordinari?
“Dal 2002, formalmente, c’è il blocco degli straordinari, dietro il quale si trincera chi non vuole dare una mano per risolvere i problemi che si presentano. Abbiamo proposto, con scarso successo, le modalità con le quali aumentare temporaneamente la capacità produttiva proseguendo alcune lavorazioni il sabato e la domenica. Non è stato possibile raggiungere accordi strutturali anche se diversi lavoratori si sono generosamente prestati e di ciò vanno ringraziati.
Così l’anno scorso abbiamo rifiutato commesse importanti; perché il nuovo management commerciale, molto professionale e aggressivo, sviluppando una capacità di vendita superiore a quella produttiva, è stato così fatale dover commissionare produzioni all’esterno. Quest’anno vogliamo produrre 250.000 quintali di pasta. Alcuni ritengono che si voglia costruire il solo pastificio e che si voglia effettuare una mera operazione speculativa. Non è così.
Alle associazioni sindacali e ai lavoratori è stata formalmente offerta l’opportunità di acquisire quote di ‘Rinnovamento Ghigi’, la società che presiede alla realizzazione del Pru (Piano riqualificazione urbana di Morciano) perché venisse fugato ogni sospetto. L’opportunità non è stata colta. Chi sostiene l’assenza del Piano industriale è smentito dal mondo bancario che lo ha apprezzato e in base al quale ha concesso il credito necessario per il trasferimento del complesso Ghigi in Sant’Andrea in Casale”.
In febbraio, la Ghigi inaugura il magazzino a San Clemente nel nuovo complesso. Ed è notizia fresca; è stato appena acquistato, per meno di 100.000 euro, “Tomadini 1843”, marchio noto in Veneto e Friuli Venezia Giulia e che dovrebbe valere 50.000 quintali di pasta l’anno.
GLI UOMINI
– Il consiglio di amministrazione che decide le sorti della Ghigi è presieduto da molti anni da Renato Ascari Raccagni. Tutto l’organigramma.
Presidente
Renato Ascari Raccagni
Amministratore delegato
Alessandra Ascari Raccagni
Consiglieri: Widmer Bassi, Walter Canali, Ettore Fabbri, Giancarlo Fagioli, Paolo Foschi, Valentino Ciuffoli, Enrico Piccari, Silvano Tomidei, Bruno Benvenuti.