Doveva diminuire il numero dei partiti, che sono veramente troppi, e invece l’ha aumentato. In compenso ha spaccato l’Italia in due, facendola tornare al Medio Evo, quando la nostra penisola era divisa in guelfi e ghibellini. Ha ridotto o annullato la rappresentanza delle diverse opinioni politiche. Ha messo in pericolo la democrazia, perché i vincitori delle ultime elezioni hanno ottenuto, grazie alla legge maggioritaria, un vantaggio di seggi in Parlamento assai superiore a quella che è la distanza elettorale tra maggioranza e opposizione, e fanno e disfanno a loro piacimento violando alcuni principi elementari della democrazia, come il pluralismo dell’informazione e l’indipendenza della magistratura.
Si afferma che i sistemi maggioritari garantiscono stabilità e governabilità. Ma non è così.
Come mi insegna l’amico avvocato Antonio Martino, valente giurista del vecchio Partito popolare di Ferrara, “la stabilità e la governabilità, quando si hanno, sono assicurate dal sistema politico e non dal sistema elettorale”; così il sistema è stabile ed efficiente in Inghilterra, ma non, ad esempio, in India, in particolare se viene mandato all’opposizione il partito del Congresso. Oppure, come in USA, il sistema elettorale (maggioritario) assicura la stabilità ma non può assicurare la governabilità; legislativo ed esecutivo restano in carica per tutta la durata dei rispettivi mandati, sono stabili, ma se quotidianamente non trovano accordi sulle decisioni comuni, che sono le più importanti, restano paralizzati. Sappiamo che raramente la maggioranza che ha eletto il presidente degli Usa corrisponde alla maggioranza che elegge il Congresso.
Il sindaco di New York è repubblicano e nel New York City Council, composto di 51 councilman o councilwomen, siedono 47 democratici e 4 repubblicani. Questa è la dimostrazione che dicono il falso o non sanno quello che dicono coloro che sostengono che, estendendo il sistema maggioritario all’elezione di tutti i 630 deputati e i 315 senatori, ed eleggendo direttamente il primo ministro, finalmente avremmo efficienti governi di legislatura.
Le grandi democrazie europee raggiungono risultati di stabilità combinando il sistema proporzionale, con cui si eleggono i rispettivi parlamenti, con la forma di governo. Questa saggia combinazione è detta “neo-parlamentare”, per significare che sono apportati correttivi alla formula parlamentare tradizionale, che ha causato non piccoli problemi, come è testimoniato dall’esperienza della III e della IV Repubblica francese, nonché della cosiddetta Prima Repubblica nostrana.
Le formule “neo-parlamentari” che hanno avuto maggiore successo sono quella tedesca, basata sul sistema della fiducia costruttiva, e quella svedese.
Si dice anche: l’Italia, con il sistema proporzionale, ha avuto 50 governi in 50 anni. E con questo? Si possono forse negare i grandi progressi economici e sociali compiuti da quell’Italia, in cui anche la statura media della popolazione è aumentata? Si dice ancora: nella Prima repubblica allignava la corruzione. E con questo? Ma i corrotti sono anche stati processati in tribunale, mentre ora, con il maggioritario, i corrotti cercano di impedire i processi, ed hanno buone probabilità di riuscirvi. E forse che la corruzione non c’è più? Non scherziamo. Non sono i sistemi elettorali che producono o combattono la corruzione. Magari così fosse. Si farebbe presto ad eliminare una tara che ha tante cause, e ben più profonde.
Alessandro Roveri *Già professore di Storia contemporanea all’Università di Ferrara