[b]di Giona Di Giacomi*[/b]
[img align=left]http://www.lapiazza.rn.it/piazza/dicembre/giona.jpg[/img]Già dal 2000, Tiziano Carradori, come lui stesso ha dichiarato, ha in progetto di chiuderlo e di trasferire il personale medico e infermieristico nel reparto di oncologia dell’ospedale di Rimini. Le ragioni di tale scelta non sono mai state esplicitate, ma nutriamo il forte sospetto che siano solo freddi calcoli di risparmio economico, a giustificare la chiusura di un reparto che rappresenta un esempio di sanità pubblica efficiente e vicina alle esigenze degli ammalati (oncologia, anche dopo l’infelice scelta della Fondazione, é sempre rimasta sotto la ASL). Dal punto di vista sanitario non ci sono argomenti plausibili per tale scelta.
L’altro reparto di oncologia della nostra provincia, quello di Rimini, è al limite della saturazione e, nell’eventualità di una chiusura del reparto di Cattolica, non sopporterebbe il peso dei pazienti che si rivolgono al Cervesi. Ciò comporterebbe pesanti disagi per gli ammalati: liste d’attesa, ritardi nella lettura degli esami e nelle consulenze, ecc. E’ superfluo ricordare che chi si rivolge ad oncologia non é un ammalato qualsiasi e che ritardare un intervento o una consulenza può avere pesanti conseguenze sia a livello fisico che psicologico. Nel reparto di Cattolica l’assistenza ad ogni paziente è personalizzata, nel senso che è seguito costantemente dallo stesso medico, cosa che non sempre avviene nei grandi reparti, inoltre le consulenze e gli interventi si effettuano nel giro di pochi giorni.
L’oncologia di Cattolica ha una media annuale di ricoveri che si aggira attorno ai 600 pazienti. Il 20% di questi proviene dalle Marche, circa 150 da Cattolica, altrettanti da Riccione, 50 da Misano e da San Giovanni, ma diversi pazienti provengono anche da Rimini, oltre che dagli altri paesi della Valconca. Immaginate, in caso di chiusura del reparto di Cattolica, quali disagi dovrebbero affrontare questi ammalati, molti dei quali sono anziani, nel doversi recare a Rimini.
Nel 2001 nel reparto di Cattolica sono state effettuate: 4.539 visite senologiche, 3.368 ecografie mammarie, 496 pap-test, 9.800 giornate di degenza, 393 consulenze, 2.189 visite ambulatoriali.
Il reparto é dotato di 6 posti letto ed effettua 20-25 interventi giornalieri con un tasso di occupazione dei posti letto del 300-400%, esattamente il doppio del tasso nazionale.
Carradori ci dovrebbe inoltre spiegare per quale motivo le province limitrofe alla nostra, Pesaro, Ravenna, Forlì, sono dotate di 3 reparti di oncologia ciascuna, mentre, Rimini, secondo le intenzioni del suo direttore sanitario, sarebbe destinata, con la chiusura di Cattolica, ad averne uno solo.
Da alcune settimane Rifondazione Comunista é impegnata a presentare in tutti i Consigli comunali della provincia di Rimini, un ordine del giorno che vincola i sindaci o i loro delegati presso la Conferenza Provinciale dei sindaci, a respingere qualsiasi ipotesi di chiusura del reparto di oncologia dell’ospedale di Cattolica.
Nel momento in cui scriviamo, tale ordine del giorno é stato approvato all’unanimità dai Consigli comunali di Misano, Rimini e Riccione. Non ci sono mai piaciuti gli unanimismi, ma in questo caso, la sensibilità di tutti i consiglieri e dei sindaci di questi comuni ha saputo cogliere l’importanza e la drammaticità del problema. Se il reparto di oncologia di Cattolica non chiuderà, sarà soprattutto merito di questa condotta. Unico neo, la maggioranza del consiglio comunale di San Giovanni ed il suo sindaco Funelli, che, dopo aver invitato Carradori a relazionare sul futuro dell’ospedale di Cattolica, con un incredibile atto di sottomissione politica al direttore sanitario, ha respinto l’ordine del giorno.
Ma, a parte e nonostante questo raro esempio, oggi la battaglia per mantenere oncologia si può vincere anche perché si inserisce a pieno titolo nella lotta ormai decennale per la difesa dell’esistenza stessa del Cervesi. Infatti oncologia é l’unico reparto che non ha doppioni nel circondario, le altre specialità presenti nel nostro ospedale sono invece attive anche nei vicini nosocomi di Morciano e Riccione. E un ospedale fatto solo di doppioni avrebbe una breve e precaria esistenza. Inoltre i segnali che arrivano dalla Regione ci spingono ad un fondato ottimismo, per questi motivi, la battaglia per la difesa di oncologia, unita a quella contro i tagli del personale, deve costituire l’asse centrale dell’iniziativa politica per rilanciare la sanità pubblica nella nostra città.
*Consigliere comunale
di Rifondazione comunista