di Claudio Saponi
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– La storia: la barbieria condotta da Giuseppe Bianchi è nata nel 1880 e forse anche prima. La tradizione: tutti i sabati pomeriggi una ventina di amici tra i 60 ed i 70 anni si ritrovano attorno a ciambelle, crostate, dolci, con un buon bicchiere di vino nelle mani.
La bottega si trova a Coriano sotto i portici del palazzo comunale. Dall’ottobre del ’56 la gestisce Giuseppe Bianchi (per gli amici Pino della Grena). Oggi, ha 68 anni e dice: “Ho fatto delle ricerche su questa barbieria e sono arrivato con certezza fino al 1880. Allora il proprietario era un certo Mingucci. Dal 1906 al 1916 tocca al figlio Giuseppe che lascia per aprire bottega a Firenze. Gli subentra Domenico Nanni fino ad ottobre del ’56 quando arrivo io”.
Il negozio della storia non conserva che i ricordi. Mobilio e pavimento (consumato dove più viene calpestato) sono stati rifatti una trentina di anni fa. Continua Bianchi: “Il vecchio arredo dell’Ottocento purtroppo è stato buttato via. Allora a queste cose non si dava molta importanza”. Tuttavia spezzoni di storia pendono dalle pareti: due foto con i ragazzi del Coriano calcio del ’48, squadra che sconfisse in casa, in una amichevole, il Cesena per 3 a 1.
Qualcuno calza dei pesanti scarponi di guerra. Nella parete di fronte all’ingresso, in alto, c’è un quadro che reca Coriano. Lo dipinse nei primi anni settanta Ivo Casadei, corianese di ritorno da Milano, famoso per aver fondato la scuola di pittura a Coriano.
Ma la caratteristica forte, romagnola è la “veglia” del sabato pomeriggio, quella che unisce ciambella, vino e ricordi. I 20 amici, a turno, portano le vivande e che vivande. Si stappano delle bottiglie dai profumi delicati, genuini ed autentici. Moscati ed albane che ti restano stampigliati nella mente per sempre. Il vino di Faetanini, Valliano, è una bontà, ad esempio.
Qui c’è molta Coriano, è ancora “forestiero”, per la battuta piccante quanto strappa altre battute, un morcianese a Coriano da quarant’anni. Naturalmente i brindisi sono conditi dalle chiacchiere: politica, caccia, motori e donne, soprattutto donne. Afferma Vincenzo Tononi, cliente dal ’56, uno dei ragazzi della fotografia: “In questi piccoli paesi senza chiacchiere e pettegolezzi come si fa a passare il tempo”. Gli fa eco un amico: “Oramai i nostri discorsi sono più di donne, dato che non c’è più niente da fare”.
Un terzo: “Chi deve avere notizie viene qui e chi vuole portarle via passa sempre di qua”.
La saracinesca della barbieria finora non è mai stata abbassata per malattia o per ferie e fino agli anni sessanta l’insegna riportava anche la scritta docce, quando ancora non c’erano in casa. Nel ’60, per farla, più 3 asciugamani e una saponetta Palmolive piccola, costava 200 lire.
Il benessere diffuso ha cancellato questo servizio pubblico. E fino alla fine degli anni ’50, non c’era una tariffa. Ma era a discrezione del cliente. La prima tariffa fu di 60 lire per i capelli e 50 per la barba; tutt’e due: 100 lire.
La veglia pomeridiana perde molto del suo fascino in ottobre e novembre, per la raccolta dell’uva e delle olive gli amici si riducono: roba da Romagna profonda.