– Sul numero 62 (maggio) di Cubia, campeggiava una lunga intervista al segretario dei Ds Giuseppe Prioli. Sorvolando, con spirito olimpico, tutto il resto, si rileva che alcuni sono rimasti impressionati da una risposta riguardande la costruzione del Video-Gioco-Sport (11mila mq. di cemento adiacente il parco della Pace, in mezzo a quattro scuole, ospedale, Rsa, tutti i centri sportivi, Diamante… il tutto in una zona già altamente urbanizzata). La domanda riferiva sulla necessità della valutazione di impatto ambientale (VIA). Questa la risposta.
“Se la valutazione dell’impatto ambientale ci fosse, sarebbe meglio. … E’ esasperato mettere in relazione la costruzione di un centro, che non è come le Befane, con il fatto che i bambini delle scuole prendono il cancro e muoiono. Manteniamo la misura delle cose. … Non credo che l’aria rimanga ferma lì. Ma se il traffico sarà come quello del Marco Polo, perché probabilmente ci sarà anche un centro commerciale di materiale elettronico, non sarà maggiore di quello del Diamante. E non penso che la popolazione attorno al Diamante sia tutta malata di tumore”…
Leggi una cosa simile e vieni colpito dalla sgradevolezza nei riferimenti della malattia. Poi rimani perplesso sulla superficialità dell’analisi su un problema che sta al vertice delle preoccupazioni di governanti, politici, urbanisti, medici e scienziati di mezzo mondo. Allora pensi, vabbè, ma in fondo è il solito uomo di partito che qualcosa deve pur dire per giustificare scelte controverse. E lasci perdere.
Poi, però, leggi sui giornali che la medesima persona sarà il prossimo vicesindaco della tua città con probabilità di avere le deleghe all’Urbanistica, Lavori Pubblici o Viabilità. O addirittura all’Ambiente… Allora la preoccupazione ti coglie come un crampo allo stomaco e senti l’urgenza di fare qualcosa di utile. La cosa migliore, quindi, è quella d’informare sul problema dell’inquinamento da polveri sottili.
Senza guardare al mondo intero, un cittadino di Cattolica pensa al traffico e inquinamento della sua città, e con orrore (e con la mascherina sulla bocca) si vede in via Allende, Mazzini, Emilia-Romagna… Gli viene anche un sussulto, di rabbia, e pensa se lì venissero installate delle centraline di rilevamento… Dunque, cogliamo l’occasione per saperne di più riportando alcuni stralci di un articolo comparso su La Repubblica del 16 giugno scorso.
Titolo: “Traffico e smog, allarme Oms. In tredici città novemila morti”.
“Lo smog ne uccide uno su dieci. Da uno studio su 13 città italiane con oltre 200 mila abitanti, condotto dall’Oms (Organizzazione mondiale di sanità) e dall’Apat (Agenzia per la protezione dell’ambiente), è venuto fuori un quadro allarmante: tra il 2002 e il 2004 si sono registrati, in media, 8.220 morti all’anno per le polveri sottili. Il che equivale al 9% della mortalità degli over 30, comprendendo tutte le cause tranne gli incidenti stradali.
In altre parole, se l’obiettivo di qualità dell’aria che diventerà legge a partire dal 2010 – una concentrazione massima di PM10 (le particelle con un diametro inferiore a 10 millesimi di millimetro) pari a 20 microgrammi per metro cubo – fosse già in vigore e venisse rispettato, ogni anno si salverebbero più di 8 mila vite.
Oggi la soglia massima di polveri consentite è più alta: 40 microgrammi per metro cubo. A portare la responsabilità di queste morti aggiuntive (a cui si aggiungono 516 vittime da ozono) non è però il passo lento delle direttive europee che ci garantiscono un quadro legale più protettivo, ma lo scarso impegno nel disciplinare il traffico che si è tradotto in un sostanziale aggiramento della legge fondamentale in vigore e di fatto ignorata.
La normativa attuale prevede infatti che quando una città raggiunge i 35 superamenti del tetto massimo di polveri sottili previsto in un anno, scatti un piano di contromisure efficaci.
In questo modo si eviterebbe l’effetto di accumulo che può scatenare, nell’arco di alcuni anni, le malattie elencate nel rapporto Oms-Apat: infarto, cancro al polmone e ictus. Ma questo tetto continua ad essere oltrepassato senza che le città reagiscano.
Anzi, negli ultimi anni il problema si è aggravato. …Il nodo che nessuno sembra voler sciogliere è proprio il traffico. Lo dice con chiarezza il rapporto Oms-Apat che ha fotografato la salute di 9 milioni di persone precisando che nelle città prese in esame, i veicoli a motore sono responsabili di oltre metà dell’inquinamento totale (il resto dipende dal riscaldamento, dalle industrie e, in misura ridotta, da cause naturali).
… I dati Oms e Apat – dichiara il ministro dell’Ambiente Pecoraro Scanio – confermano che siamo di fronte a una situazione grave che richiede interventi energici, mirati e in tempi rapidi. …”.
Sullo studio Oms il Corriere della Sera del 2 luglio dedicava una pagina intera (e altri giornali).
Come si vede il problema è molto grave e complesso e richiede tutt’altro che superficialità e pressapochismo. Sgomentano risposte del tipo “Però dobbiamo decidere se vogliamo stare in Papua Nuova Guinea o in un Paese come l’Italia, dove lo sviluppo economico purtoppo fatica a conciliarsi con il problema dell’ambiente”.
In conclusione si pensa soprattutto agli esterefatti (e intossicati) cittadini di via Allende. Un’idea demenziale (battuta per battuta), tanto per fare qualcosa ci sarebbe. Cambiare nome alla ormai invivibile via Cabral. Intitoliamola Via Papua Nuova Guinea…
di Enzo Cecchini