Rieletto Sindaco al primo turno con un’inaspettata valanga di suffragi. Ha saputo parlare un linguaggio nuovo e credibile da paese maturo
All’indomani della sua rielezione, il nostro Teresio Spadoni l’ha incontrato e intervistato. Il testo integrale si trova sul numero di Giugno scorso. La ripubblichiamo sul sito, questa è la prima parte.
Ci ha accolti nel suo studio a Palazzo Garampi in piazza Cavuor. Dal balcone una vista irraccontabile: l’Arco di Augusto, il Ponte di Tiberio, piazza Cavour e l’orizzonte chiuso dalla rupe di San Marino. E’ stato rieletto al primo turno con una inaspettata valanga di voti. La sua visione di città e sviluppo economico sono credibili.
Allora, signor sindaco, come va?
“Come va… va che va di corsa, nel senso che non ti puoi fermare un minuto”.
Nemmeno ora che ha portato a casa un sonoro 57%? Lei è tra i pochissimi sindaci che sono passati al primo turno: complimenti.
“Grazie, ma fino a ieri bisognava lavorare per convincere gli elettori che ciò che gli stavamo raccontando era cosa buona; oggi bisogna lavorare per mantenere fede a quanto raccontato… dunque!”.
Soddisfatto del risultato di “Patto Civico per Gnassi”?
È ovvio che si possa sempre fare meglio, ma quel 13,83% per me è ottimo. È una lista che viene dai territori, fresca: giovani, società civile, medici, imprenditori, artigiani; età media molto bassa. È la rappresentanza di una società che è cambiata.
Da zero a dieci, che voto si dà per i cinque anni passati?
Il voto lo hanno dato gli elettori il 5 giugno. Se si guarda il cambiamento, la direzione di marcia che Rimini ha intrapreso, dico che è una città che ha coraggio come poche in Italia. Qualche mese fa è uscita una rilevazione in contro tendenza rispetto ad un’Italia ripiegata sulla crisi; quella rilevazione diceva che per il sessantasette per cento Rimini si sta modernizzando.
Lei è arrivato a luglio del 2011: cosa ha trovato?
Un mondo che cambiava; un mondo che ha perso interi driver di sviluppo, non singole aziende; un modello riminese degli ultimi settant’anni che aveva prodotto un benessere diffuso e che manifestava i suoi limiti. Vigeva ancora la logica centrata sul modello di sviluppo quantitativo, perché si pensava ancora che l’edilizia potesse continuare a dare sviluppo e ricchezza economica. Comunque: luglio 2011, esplode il tema
delle fogne, non si aprono le paratie sull’Ausa in Piazzale Kennedy e ciò che si sversava in mare in caso di forti piogge invade la città; saltano gli istituti di credito – la Cassa di Risparmio viene commissariata – saltano le associazioni di categoria; salta l’economia… Io non ho mai fatto la “scopa nuova”; ogni amministratore si misura col tempo in cui amministra, ma quando la tua città è colpita da un terremoto economico, politico e sociale, hai davanti due scelte: il consenso a breve – ripari il vetro, l’infisso, le crepe nel muro -, applausi e via; o rifai le fondamenta. Noi abbiamo deciso per la seconda strada; abbiamo cominciato dalle fondamenta. E abbiamo visto giusto.
Quali sono queste fondamenta?
Undicimila case sfitte… troppo cemento. Nel 2012 abbiamo avuto il coraggio di portare in Consiglio la prima variante in diminuzione retroattiva alle previsioni di un PRG (Piano Regolatore Generale) vigente. Non si può fare! Non si può fare? Ricordo che per tutelarci dal problema dei diritti acquisiti andammo a farci le assicurazioni prima di votarla in Consiglio Comunale, ma l’abbiamo portata a casa. Ma anche se cominci a fare meno sopra, e meglio, primaprima devi fare il sotto e oggi la città ha centosessanta milioni di euro di cantieri aperti sul piano
di salvaguardia del sistema idrico fognario: chiuderemo gli undici scolatoi a mare. Oggi si sa che tutta l’Italia è coinvolta dal problema del dissesto idrogeologico; noi siamo l’unica grande città storica sul mare che è in controtendenza. Saremo la prima grande città che non sverserà neanche una goccia di acqua mista nel nostro Adriatico.
Per quando saranno finite le fogne?
Già quest’estate chiuderemo completamente gli scolatoi a mare di Rivabella e Viserba; il depuratore è già stato inaugurato; la dorsale nord è già costruita e stiamo facendo le delibere per l’allaccio dei privati; la dorsale sud, vasche di laminazione, Ospedale, Bellariva, è a buon punto. Se tutto procede così è possibile che sia anticipato al 2019 l’obiettivo di non avere più lo sversamento di una sola goccia in mare. Ma il cantiere più grande è in Piazzale Kennedy, esattamente là dove a luglio 2011 non si sono aperte le paratie. Erano previsti un grattacielo e una galleria commerciale; invece facciamo una vasca di laminazione profonda trentasei metri che raccoglierà trentacinquemila metri cubi di acque. Inoltre va detto che non stiamo spendendo un euro in più di quanto programmato, anzi! Con alcune economie abbiamo programmato altri lavori pubblici.
Quali forze hanno osteggiato questo deciso no al cemento?
Finiamo prima con le fondamenta. La mobilità: fatti gli investimenti sulla Fiera, sulla mobilità eravamo rimasti indietro. Con i lavori integrativi alla terza corsia dell’autostrada, la SS16 diventerà una vera nuova circonvallazione con svincoli Cimitero andrà collegarsi a Santarcangelo alla strada di gronda che va a Verucchio. “Fila dritto”, dalla Fiera a Miramare, sull’asse urbano interno, non si troveranno più semafori ma svincoli
rotatori; con il prolungamento della Via Roma a Miramare c’è oggi un collegamento strutturale interno tra Riccione, Miramare e Fiera. Una città ha bisogno di pensieri. Il motore immobiliare è stato sostituito dai i motori culturali. Oggi viaggiano un miliardo e trecentomila persone che tra poco arriveranno due miliardi (dati dell’Organizzazione Mondiale del Turismo).
Cosa chiedono i viaggiatori?
L’Europa. E dell’Europa? l’Italia. L’Italia ha duemila anni di storia e di bellezze. Là (si alza e indica con la mano), Via Garibaldi- Via IV Novembre e il Corso d’Augusto (già Via Emilia), il Cardo e il Decumano; cosa chiedono? Chiedono la tua scia infinita di bellezze; Rimini
è una città romana, è una città rinascimentale, è una città dell’Ottocento che ha inventato i bagni. Noi dobbiamo dare la bellezza. Rimini sta costruendo i più potenti motori culturali che ci sono in Italia. Si sta rialzando il Teatro inaugurato da una prima verdiana (4 agosto 1857 Giuseppe Verdi suona a Rimini, unico teatro in cui ha suonato e diretto in Emilia Romagna) distrutto dalla guerra, che si spalanca
sul retro e va ad abbracciare la Rocca. Era un sogno, adesso è un cantiere; siamo riusciti a spostare il mercato ambulante!
E ancora: il welfare; il pubblico non ce la fa più da solo, il sistema sanitario nazionale non sta più in piedi. Abbiamo avviato il processo dell’Area Vasta Romagna sulla sanità che vuol dire la miglior sanità possibile a portata di quaranta minuti; a Rimini abbiamo le migliori sale chirurgiche d’Italia, e Tonini è il direttore dell’Area Vasta Romagna. Oggi abbiamo una sanità forte e c’è un welfare di comunità che, dove il pubblico
non ce la fa, attinge dal protagonismo privato per dare servizi pubblici. Abbiamo fatto il residence dei babbi per i padri separati, per coloro che non essendo in grado di pagare gli alimenti non potevano vedere i figli; abbiamo fatto un albergo sociale con la Papa Giovanni; non ci sono quasi più liste di attesa negli asili nido.