Marco Simoncelli
Il 20 gennaio è il compleanno di Marco Simoncelli, l’indimenticato campione Sic 58. In n questa data viene inaugurata a S. Andrea in Besanigo la Casa Marco Simoncelli della Fondazione Marco Simoncelli, con una messa alle 1o in suo ricordo celebrata dal vescovo di Rimini.
Segue il taglio del nastro e un aperitivo con i vini delle Terre di Coriano.
Nel pomeriggio alle 15 appuntamento al Castello Malatestiano in via Malatesta per l’apposizione della bandiera comunale al castello e a seguire la sfilata con le autorità e il Gonfalone verso piazza don Minzoni.
Alle 15.30 l’omaggio a San Sebastiano e la consegna ufficiale dall’Auser alla cittadinanza di un mezzo dedicato a persone con limitata mobilità.
Riportiamo una sua intervista a questo giornale
– Entusiasmo e sfrenata voglia di combattere. E una simpatia contagiosa che non lasciava indifferenti. Se n’è andato in un batter di ciglio, un colpo di gas verrebbe da dire, Supersic, Marco Simoncelli. E’ “salito dagli angeli ad insegnare loro a volare” lo scorso 23 ottobre, a Sepang (Malesia) durante la gara di MotoGp.
Erano le 10,56 ora italiana. Al secondo giro, curva 11, Marco perde il controllo, rientra in pista verso destra. Viene investito dall’americano Colin Edwards e dall’amico Valentino Rossi che lo seguivano ad un battito d’ali. Resta in terra a volto in giù, con il casco che gli era volato via. Come l’elmo di Ettore, il più umano e toccante degli eroi di Omero. Che per diventare mito se ne devono andare giovani: Achille, Paride, Patroclo.
Qualche anno fa, anche se sembra un secolo ormai, venne alla nostra redazione per un’intervista. Era il 2006 e lui era già un “piccolo” campione. Ma venne lui con l’Ape fino a Misano per parlarci di sé e della sua carriera, con l’umiltà di chi sapeva di avere molto da imparare ancora e la determinazione di chi non avrebbe mai rinunciato ai suoi sogni. Quei sogni di cui ci aveva parlato si sono poi avverati, molto presto. Due anni dopo avrebbe conquistato il mondiale della 250, proprio a Sepang, in Malesia, su quella striscia di asfalto che ha anche segnato la fine della sua brevissima vita. E poi il salto nella classe regina, la MotoGp. Riproponiamo ora quella chiacchierata con la sensazione che le domande anche ieri sarebbero potute essere le stesse e le risposte le medesime, da un personaggio come lui, modesto e scanzonato, uguale a nessuno.
– Il 17 febbraio (siamo nel 2006, ndr), Marco Simoncelli è in Portogallo per provare la sua Gilera 250 ufficiale in prospettiva motomondiale. Durante la giornata sullo spento telefonino gli arriva una chiamata da uno sconosciuto; alle 8 e mezzo di sera richiama: sana umiltà.
Corianese-riccionese, 19 anni, 1,83 cm di altezza, 72 chilogrammi di peso, Marco Simoncelli ha un linguaggio spigliato e colorito, come i ragazzi della sua età. Ed è spigliato e colorito anche nella vita. Non a caso ha grandi affinità con Valentino Rossi e molto poca con i piloti musoni e che se la tirano.
E’ giovanissimo ma già un veterano delle due ruote. Ha debuttato nel motomondiale, Aprilia 125, a 15 anni, il premio per aver vinto il Campionato Europeo. E’ alla corte di Matteoni, uno dei suoi maestri.
L’anno scorso, era uno dei piloti di punta dell’Aprilia 125 ufficiale. Era partito bene, ma un paio di errori ed un fisico troppo importante e poco adatto alla cilindrata lo hanno frenato. Quinto assoluto, condito da una vittoria (Jerez) e 6 podi.
Ricorda: “Ero forse più veloce che nel 2004, ma molto più costante. Infatti, solo tre volte non sono giunto al traguardo. Mentre prima quando partivo male mi lasciavo prendere dalla foga del recupero. Mentre ora credo che ci sia il tempo per le prime piazze. Se si è a posto con la testa e con la moto, vieni fuori”.
Quali sono le piste che più le piacciono?
“Quelle dai curvoni veloci, da 170-180 all’ora, dove ci vuole il pelo per entrarci. Dove il pilota riesce a fare la differenza. E godi quando entri forte in quella curva. I miei posti giusti sono: Jerez (Spagna), Assen (Olanda) e Phillips Island (Australia)”.
Che cosa le dicevano gli amici del Liceo al ritorno dalle gare?
“Nulla di particolare; erano contenti per me”.
Chi sono i suoi amici?
“Quelli delle elementari: Baffo, Mattia”.
C’è la paura in moto?
“In corsa mai; c’è quando stai per cadere e cerchi di non andarci per terra. Invece, quando sei in moto pensi solo ad andare più forte possibile, altrimenti non riusciresti ad andar forte”.
Quali aspettative in 250?
“La prima parte della stagione sarà dura e farò esperienza. Nella seconda spero di tenere il passo dei primi e magari di vincere una gara. Ci sono un sacco di piloti che vanno forte”.
Quali sono i suoi hobby?
“Fare il cross in moto, andare in bici e le ragazze”.
Come si allena?
“Per la 125, dove non ci vuole forza ma fiato, andavo in bici da strada; 4-5 uscite la settimana per 80 chilometri per volta. Nelle 250, alla bici, ho affiancato la palestra per avere più forza nelle braccia”.
Quando ha iniziato?
“Con le minimoto a Cattolica. Avevo 7 anni. A 8 mi hanno regalato la prima minimoto. Tra le minimoto ho vinto dei titoli italiani, due volte secondo e secondo anche nell’europeo. A 14 anni è avvenuto il salto nel campionato italiano e Trofeo Honda col team Matteoni. Cadevo molto e Matteoni mi consiglia di piegare meno rispetto alla minimoto. A 15 anni faccio l’europeo: una vittoria e tre secondi posto”.
Nel motomondiale quali sono gli amici?
”Vado molto d’accordo con Valentino; ci troviamo abbastanza bene come carattere. Il mio amico migliore è Alex Baldolini, un ragazzo di Pesaro”.
E Biaggi?
“Più simpatico di come si presenta in Tv”.
Cosa vuol dire mettere a punto la moto?
“Il pilota deve essere bravo a raccontare le sensazioni che prova ai tecnici. Magari ci sono due soluzioni e sono i tecnici e decidere come muoversi. In questo Valentino è un autentico maestro”.
Che cos’è il talento?
“Il talento lo hai dentro. Magari alcuni piloti lo tirano fuori prima, altri dopo. Per me però conta più il fattore mente rispetto a quello naturale”
E Valentino Rossi?
”E’ un caso a parte. E’ un talento innato ed ha molta testa. Scherza, ride in griglia, ma quando si infila il casco ha una capacità di concentrazione come nessuno”.
Che cosa voleva diventare nella vita?
“Il pilota, da quando vedevo le gare in Tv”.
I suoi sogni?
“Vincere il mondiale nelle 250 e fare il salto in Moto Gp”.
Cosa pensa dell’eventuale passaggio di Rossi in Formula 1?
”Spero di no. Sarei contento se rimanesse con noi, così potremo correre insieme”.
Qual è il complimento che più le piace?
“Sono fiero quando dicono che il successo mi ha lasciato tale e quale a prima”.
Che cosa si porta della Romagna in giro per il mondo?
“La piadina”.
In quale team si mangia meglio?
“Da Matteoni si mangia da dio. Ha una ‘arzdora’ come cuoca”.
Qual è la moto più veloce?
“Ai livelli mondiali si equivalgono. L’Aprilia è penalizzata sui tracciati lenti. Ed è più da corsa rispetto alle Honda. L’Aprilia per andar forte vuole una messa a punto perfetta. E’ più scorbutica, con una erogazione della potenza più violenta”.
AMARCORD
A Marco
Vi racconto un amore che odora di ottani,
di cavalli selvaggi, di carene e bulloni.
Vi racconto l’eccesso di quel crine anormale,
di un sorriso si grande da scordare ogni male.
Vi racconto del vento che fischiava nel casco
di sorpassi azzardati di avversari battuti.
Di un amico il dolore e il privato lamento
Di quel male che ha dentro, innocente strumento
della fine di un sogno, di un dolore composto.
Vi racconto di gente silenziosa e presente
e di rose e lumini e il ricordo struggente,
e di Marco ormai morto ma ancor sorridente!
Di un rombo di moto che scavalca le nubi
trascinando con sé i pensieri più cupi.
E di un posto lontano dove gli angeli impennano,
perché Sic glielo insegna ed i Santi s’impegnano.
E di sguardi a quel cielo che ci lascia il dolore
Ma di Lui che ci dice “Io vi resto nel cuore!”
Claudio Casadei