Come tutti sappiamo, gli è andata male, nell’aprile scorso, e peggio nel novembre.
Nel novembre 2006, infatti, nelle elezioni di medio periodo americane, è andata male anche ai loro amici, teocon statunitensi, che non sono riusciti ad evitare il completo successo dei democratici sia alla Camera dei Rappresentanti sia, quel che più conta, al Senato: si è dunque risvegliata l’America dei Jefferson e dei Roosevelt, ed ha sconfitto l’America imperialista dei Bush. In questo stesso mese di novembre, poi, si è spento uno degli idoli degli atei devoti, il grande economista americano, Premio Nobel 1976, Milton Friedman, teorico dei cambi monetari flessibili e dell’abbattimento delle imposte. I suoi cultori italiani hanno però sempre dimenticato di precisare che nel mondo statunitense, nel quale Friedman iniziò la sua predicazione, le tasse si portavano via anche il 91 per cento del reddito!
Va segnalato inoltre il conflitto tra i due leader riconosciuti dell’ateismo devoto italiano: Marcello Pera, ex presidente del Senato, e l’ex comunista Giuliano Ferrara, direttore del “Foglio”. Di tale conflitto si è avuta clamorosa conferma subito dopo il recente IV Convegno nazionale della Chiesa, tenutosi a Verona nell’ottobre scorso. In quell’occasione il cardinale Tettamanzi, nel discorso di apertura, aveva preso le distanze dal fenomeno degli “atei devoti”, dichiarando tra l’altro: “E’ meglio essere cristiani senza dirlo che proclamarlo senza esserlo”.
Il Ferrara, che è persona intelligente, comprese subito l’antifona: Tettamanzi ce l’aveva proprio con lui e con Pera. Di qui la sua reazione, sul “Foglio” del 18 ottobre, nella prima pagina del quale il Ferrara pubblicava un interessante articolo intitolato Lettera di un ateo devoto a S.E.R. Dionigi cardinale Tettamanzi. Sentendosi chiamato in causa come cristiano “impostore” da Tettamanzi, l’ex comunista berlusconiano così rispondeva all’illustre prelato: “Se il suo discorso contro l’impostura pseudocristiana riguardasse politici maldestri, come il presidente del Senato nella scorsa legislatura, che hanno invocato l’amicizia degli ecclesiastici, e perfino del Papa, a scudo protettivo per beghe di cortile politico in quel di Lucca, si abbia tutta la nostra comprensione, ma è un de minimis che ci farebbe soltanto perdere tempo”.
L’allusione alle beghe di cortile “in quel di Lucca”, notorio feudo di Marcello Pera, era semplicemente diabolica, perché tendeva a squalificare il concorrente in ateismo devoto. C’è poco da fare: quando si perde, nasce la discordia nel campo di Agramante, come ben ricordava don Chisciotte nell’osteria del capitolo XLIV del capolavoro di Cervantes.
di Alessandro Roveri Professore di Storia contemporanea all’Università di Ferarara