Alessandro Gambalunga
La Biblioteca Gambalunga che quest’anno compie i 400 anni conserva uno straordinario patrimonio di libri antichi.
Ad oggi possiede circa settantamila volumi di testi a stampa, di cui 382 incunaboli, e circa 7000 cinquecentine. I manoscritti sono invece all’incirca 1350.
In origine, la biblioteca personale di Gambalunga, che ancora in vita ne affidò le cure al bibliotecario Michele Moretti, contava 1438 volumi per poco meno di 2000 opere a stampa. Non c’erano manoscritti, ad eccezione di un’esemplare del ‘400 de Le Metamorfosi di Ovidio tutt’oggi conservato in Gambalunga.
Michele Moretti fu bibliotecario dal 1616 al 1649. A lui si devono le eleganti legature alle armi, note come gambalunghiane, realizzate a Venezia dal libraio Filippo Severini in marocchino rosso, pergamena naturale e pergamena tinta in verde. Tra i meriti di Moretti vi fu anche quello di incrementare il patrimonio librario fino a raddoppiarlo.
I precedenti di biblioteche aperte al pubblico in Italia furono l’Ambrosiana di Milano aperta nel 1609 dal cardinale Federico Borromeo (citata nei Promessi Sposi di Manzoni) e l’Angelica di Roma aperta nel 1614. Furono entrambe biblioteche eccelesiastiche. La particolarità della Gambalunga fu quella di essere stata promossa da un laico che scelse di coniugare la destinazione pubblica alla gestione civica.
I codici della Biblioteca Gambalunga offrono una interessante campionatura delle diverse stagioni e delle varie scuole della miniatura italiana. Il codice più antico è un Evangelario del tempo e dei santi di scuola beneventana datato XI secolo.
Nel Settecento Giuseppe Garampi, futuro arcivescovo, cardinale, nunzio apostolico e prefetto degli Archivi vaticani, riesce a fare donare alla Gambalunga incunaboli e codici della Confraternita di San Girolamo, tra cui il Passionario riminese del XII secolo e il De Civitate Dei scritto per Pandolfo Malatesta. Lui stesso, ancora in vita, donò alla biblioteca la Regalis Historia un altro manoscritto proveniente dalla biblioteca dei Signori di Rimini, mentre alla sua morte, nel 1792, donò 27 incunaboli, tra cui l’editio princeps de De re militari di Roberto Valturio e 86 codici.
Nella prima sala, del ‘600, si possono ancora osservare le scansie chiuse da una grata metallica: servivano a custodire i “libri proibiti” iscritti all’Indice dei libri proibiti della Chiesa Cattolica, come predisposto dal testamento di Gambalunga, che recitava: “far fare un armario appartato… et ivi rinchiuderli sotto chiave”.
A fine ‘700 fu acquistata l’edizione del 1758 dell’Encyclopédie di Diderot e D’Alambert, libro proibito per eccellenza, disponibile alla lettura per chi avesse l’autorizzazione del vescovo.
I MANOSCRITTI
Della seconda metà del Trecento sono ad esempio i preziosi codici
• La Divina Commedia Gradenighiana ovvero esemplata dal patrizio veneziano Giacomo Gradenigo raffinato poeta storico e letterato. Il codice riminese costituisce uno dei momenti più significativi dell’illustrazione veneta del poema dantesco.
• Malatesti Regalis Historia: commissionata da Carlo Malatesta, narra in maniera mitica le origini del casato.
Del Quattrocento
• De Civitate Dei eseguito per Pandolfo Malatesta, reca lo stemma dei Malatesta e l’iniziale raddoppiata PP. E’ probabilmente il codice più prezioso di proprietà della Gambalunga.
• Metamorfosi di Ovidio Questo codice è stato miniato da un maestro anonimo che ha poi preso il nome proprio da questo codice: Maestro dell’Ovidio di Rimini, uno tra i più rappresentativi tra Venezia e Padova.
I TESTI ANTICHI A STAMPA
Una categoria speciale di testi antichi a stampa è quella degli incunaboli. Sono 382 quelli della Gambalunga. Tra questi, da segnalare, la prima edizione a stampa, arricchita da incisioni acquerellate, del De re militari di Roberto Valturio, consigliere di Sigismondo Pandolfo Malatesta.