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Riccione. 1941, il danzatore Alberto Spadolini come Nijinsky e Lifar. Talento riscoperto solo nel 2005

Redazione di Redazione
4 Febbraio 2020
in Cultura, Riccione
Tempo di lettura : 2 minuti necessari
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Alberto Spadolini (1907 – 1972)
“Toute la vie”, 11 dicembre 1941. Appena pochi giorni prima il Giappone era entrato in guerra contro gli Stati Uniti e la rivista francese dedica un articolo al danzatore Alberto Spadolini paragonandolo a Nijinsky e a Serge Lifar.
Il genio nascosto in una scatola piena di carte apparentemente insignificanti che sta per essere buttata via. Siamo nel ’78, Marco Travaglini, a Riccione da 40 anni, professore all’istituto Fellini, va ad aiutare le due zie di Fermo che devono fare un trasloco. Nota una vecchia scatola da cassonetto. La prende con sé. E’ un vaso di Pandora: foto, articoli di giornali, documenti di Alberto Spadolini (1907-1972), il fratello della madre.
In famiglia hanno sempre pensato che il congiunto si fosse guadagnato di che campare in Francia e Svezia con la pittura. Invece, Spadolini è stato uno dei grandi animatori della vita parigina dagli anni Trenta fino alla sua morte. Ha ballato nei maggiori teatri del mondo: da Londra a New York (Metropolitan). Ha dipinto scenografie e manifesti pubblicitari per avvenimenti notevoli. Amico del principe russo Felix Yussupov (l’uccisore di Rasputin), del principe romano Dodo Ruspoli. Una storia tenera con l’immortale Joséphine Baker. Articoli sul prestigioso quotidiano “Le Monde”. Critiche firmate da Jean Cocteau, Maurice Ravel (l’autore del Bolero), Paul Valery. Gli disse l’attrice tedesca Marlene Dietrich: “Se ero una ballerina è voi che avrei scelto come partner!”. Considerato frivolo, come spesso capita, era uomo profondamente religioso e colto. La sua è stata una vita avventurosa da esempio per i giovani e buona per la sceneggiatura di un film.
Spadolini nasce ad Ancona nel 1907 da una famiglia molto religiosa e con pochi mezzi. A 14 anni lascia Ancona per Roma, dove studia scenografie al Teatro degli Indipendenti. A circa 20 anni va in Francia da clandestino; espulso vi fa ritorno e diventa Spadò, come sanno fare soltanto i francesi: si appropriano delle belli menti che capitano da quelle parti. Al rientro, grazie al talento, la stella gli arride. Paul Colin gli dà lavoro come decoratore di scenografie teatrali; disegna manifesti promozionali per ballerine come Joséphine Baker, Mistinguett. Durante le pause di un allestimento in una discoteca si mette a ballare; lo vede un impresario e dopo pochi giorni debutta. E’ l’inizio, poi i maggiori teatri del mondo. Si esercita in modo strano alla danza. Ascolta il pezzo sprofondato in poltrona e crea i passi nella propria mente.
Lo chiama il cinema; recita con un giovane Jean Marais. Continua a dipingere e scolpire. Nel dopoguerra affresca un castello della Loira, restaura ville nel Fermano. Si ferma anche a Rimini; dipinti sulle pareti della discoteca del Grand Hotel. Sembra che siano di Spadolini due quadri collocati all’ingresso dell’albergo amato da Fellini.
Tutto questo ed altro ancora lo ha scoperto con certosina pazienza Marco Travaglini, il nipote. Per onorarne la figura il Fellini, nel 2005, in collaborazione del Comune di Riccione ed il patrocinio delle ambasciate di Francia e Svezia, Fondazione Carim e Provincia di Rimini, ha organizzato una mostra con 200 pezzi. “Bolero-Spadò, il cinema, la danza, la musica, la pittura nella Parigi degli anni ’30”  al castello degli Agolanti dal 7 al 29 maggio (16-19, l’orario, ingresso libero). La mostra nata a Riccione poi andata a Fermo, Ancona, Parigi e Stoccolma. Riccione che esporta cultura e grazie all’istituto Fellini, ai giovani. La mostra ha ricevuto la medaglia d’oro.
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