– Fondata negli anni Sessanta, la cantina Enio Ottaviani di Montalbano è guidata da una coppia di cugini giovanissimi e appassionati, tra i 25 e i 37 anni: Milena e Marco Tonelli e Massimo e Davide Lorenzi. Dal vino sfuso a quello imbottigliato, senza dimenticare fondamentali importanti come le etichette. Per numero di bottiglie è tra i maggiori del Riminese: 300.000 col tappo di sughero, il 25 per cento è fatto da Sangiovese. Il loro mercato è quello dell’Emilia Romagna, Marche, Umbria. Ma stanno muovendosi in Lombardia e si stanno affacciando sul mercato estero: Svizzera, Germania, Gran Bretagna e qualcosa in America (un importatore porta i vini marignanesi nell’alta ristorazione). Hanno svalicato le Alpi solo nel 2005, ma vale già il 15 per cento dei loro volumi.
Da pochi anni si sono affacciati anche alle fiere di settore. Quest’anno ne hanno preso parte a quattro: Mia (Rimini), Vinitaly (Verona), Pro Wein (Germania) e Win Fire (Londra). Tranne il Vinitaly, sono tutte alla prima esperienza. Dicono i fratelli Massimo e Davide Lorenzi, entrambi ex calciatori del Cattolica: “In fiera nascono molti contatti; poi c’è il momento della concretizzazione. Noi siamo giovani e puntiamo ad espanderci, a crescere, con la passione e con la qualità del prodotto. Il vino prima si vende con la passione e poi con la competenza”.
I cugini Ottaviani hanno un piccolo grande neo: non sono produttori, ma imbottigliano soltanto.
Davide: “Siamo nati come commercianti. Fino all’88 abbiamo servito il vino sfuso. Poi è giunta la prima etichetta. Non abbiamo i vigneti, ma chi lo fa per noi segue gli indirizzi del nostro agronomo e del nostro enologo. Da un pezzo stiamo pensando ad un’azienda agricola con 7-8 ettari di vigneto; cosa che ci permetterebbe di fare il salto di qualità. Di fare accoglienza in uno scenario giusto, emozionante. Il nostro intento è di restare nell’ambito del territorio del nostro comune”.
Cura della qualità e cura dell’immagine è la filosofia dei quattro cugini. Nel 2006 partecipano per la prima volta a Vinitaly e vengono subito premiati col Diploma di Gran Menzione, grazie al Sangiovese Riserva. “Nulla da invidiare agli amaroni e ai brunello”. Riservano un’estrema attenzione all’estetica della bottiglia: etichette eleganti, belle, ben stampate, capaci di catturare l’attenzione”.
Ma sono anche sperimentatori. Hanno messo in bottiglia una miscela di Sangiovese (85%) e Cabernet (15). Danno dei nomi propri legati alla cultura del nostro territorio; ad esempio il Sangiovese Superiore lo hanno denominato “Caciara”.