Matteo Ricci e Massimo Recalcati
C’è incertezza sul domani, ma non prevalgano le divisioni. Il nemico non è l’altro ma il virus». Dialogo tra Ricci e Recalcati.
Matteo Ricci «lontano ma vicino» a Massimo Recalcati, in diretta Instagram, al tempo della quarantena. Il sindaco chiama lo psicoanalista collegato da Milano: «Il virus ci ha reso tutti più fragili e anche più uguali. Perché purtroppo colpisce di più anziani e malati, ma non guarda in faccia a nessuno. Ciò che rimarrà, tuttavia, è difficile da immaginare. C’è incertezza sul tipo di società che ci ritroveremo. Anche se, per ipotesi, il virus dovesse sparire questa estate, la diffidenza potrebbe rimanere nelle nostre teste per mesi. E forse cambiarci definitivamente. Il punto è comprendere che il virus non è l’altro, ma un nemico da combattere insieme. Altrimenti le divisioni prevarranno sull’unità», constata Ricci. «E’ saltato il più arcaico schema difensivo che organizza anche la vita psichica degli uomini», osserva il professore. «E’ la distinzione tra l’amico e il nemico, l’ignoto e il noto: anche l’amico può essere infetto e la famiglia, paradossalmente, il luogo della malattia. In questo senso il virus è terrorista: non ha confine, non si può localizzare, né individuare con precisione. Può infiltrarsi ovunque. La sensazione diffusa è quindi l’angoscia». La conclusione di Recalcati è che «di sicuro non potremo più tornare ad essere come eravamo. È ingenuo pensare che la fase due sia in netta discontinuità con la fase uno. Il trauma non è alle spalle, in realtà c’è un ‘traumatismo del ricominciamento’. Bisognerà integrare la fase uno e la fase due, la paura e il coraggio». Per Ricci, «un’operazione complessa, che richiede capacità di mantenere l’equilibrio tra due spinte necessarie». «Si può rispondere traducendo la potenza negativa che stiamo vivendo in potenza affermativa. Con una ‘sburocratizzazione’ che libera il pensiero, lo slancio, la visione», afferma lo psicoanalista. «Il tema della velocità diventa centrale: è una grande opportunità per fare uscire da questa fase un Paese più semplice», evidenzia il sindaco. Che aggiunge: «Una parte della nostra testa non accetta questo modo di vivere. Non riusciamo a immaginare un mondo a distanza sociale. C’è resistenza perché abbiamo riscoperto quando era bello il vecchio. E non lo vogliamo abbandonare». «Sarebbe una tragedia nella tragedia non fare tesoro delle lezioni traumatiche», nota il professore. Lo dice con un esempio: «Il concetto di libertà come proprietà dell’individuo, espressione del proprio io, è saltato per aria. La libertà è una forma eticamente alta della solidarietà o non ha valore. Lo abbiamo visto: o ci salviamo insieme, attraverso i comportamenti individuali di ciascuno, oppure siamo perduti. Dobbiamo essere di più e diversi. Introducendo qualcosa di nuovo».