– In Italia è scoppiata la psicosi Beppe Grillo. Leggiamo come la pensa Marco Travaglio: “A leggere i giornali di regime (molti), il V-Day è stato il trionfo dell”antipolitica’, del ‘populismo’, del ‘giustizialismo’ e del ‘qualunquismo’. In un Paese che ha smarrito la memoria e abolito la logica, questa inversione del vocabolario ci sta tutta: la vera politica diventa antipolitica, la partecipazione popolare diventa populismo, la sete di giustizia diventa giustizialismo, fare i nomi dei ladri anziché urlare ‘tutti ladri’ è qualunquismo”.
La classe politica italiana è in crisi di credibilità. Gli italiani sono disorientati e spesso colpevoli di quello che accade. Cosa sta succedendo? Stanno venendo al pettine gli antichi vizi di un popolo che trova il suo suggello nella partitocrazia. Ecco i due vizi capitali: la furbizia che erode il concetto vitale di interesse collettivo e di bene comune, e l’occupazione di ogni segmento della società da parte dei partiti. Stella e Rizzo, nel loro libro, hanno trovato la parolina giusta per definire questa classe politica: “casta”.
Questa casta ha capito che si è spezzato il filo della pur esile fiducia da parte dei cittadini; questi stanno capendo il giochino… et voilà! il re appare nella sua putrida nudità. Non è più credibile. Allora cosa fa una casta autoreferenziale per difendersi? Fa quello che fanno i regimi dittatoriali in formato vasellina: usano il manganello più subdolo che oggi si possa usare: i media.
Bisogna anticipare i tempi prima di venire travolti da una rabbia che potrebbe diventare organizzata e cosciente da parte dei cittadini. Sì, perché paradossalmente sono i cittadini a diventare il nemico della casta. Allora bisogna inventare delle parole magiche, capaci di bollare e delegittimare quelle frange più coscienti, più indignate. Queste le parole: antipolitica, populismo, qualunquismo, giustizialismo.
Nei regimi comunisti per eliminare i dissidenti si usava la parola controrivoluzionari. Nelle dittature di destra la parola era: comunista.
No, sono intere popolazioni, quartieri, famiglie che si indignano per le cose che non funzionano, per le assurdità delle scelte calate dall’alto, e vogliono difendere la libertà di potere respirare aria non inquinata, bere acqua non avvelenata, mangiare cibi che non facciano male, avere un lavoro dignitoso, vivere in città più sicure, non violentate dal cemento e dal traffico, dare un senso alla parola futuro che si incarna con loro stessi e i propri figli…
E tutti questi individui hanno la pretesa di non aspettare i tempi loschi della politica nazionale e locale. Basta inciuci e chiacchiere fumose. Non ci stanno più ad essere subalterni e silenziosi a governi “amici” quando i loro comportamenti sono analoghi a quelli dei governi “nemici”.
Allora la casta tutta, da destra a sinistra, di comune amore, si chiude a riccio e si difende. Accusano: “l’antipolitica vuole spazzare via i partiti. I partiti sono la politica, sono la democrazia, sono le istituzioni”. Ecco la difesa finale: “Chi ci contesta mette a repentaglio la democrazia e le istituzioni”. In parole povere vuol dire, lasciateci lavorare in pace e non rompete i coglioni. Bene, bravi, bis!
Ma se provassimo a ribaltare questo ragionamento? La partitocrazia ha occupato tutto: istituzioni, politica, economia, cultura… oggi tutto passa attraverso l’appartenenza agli schieramenti politici. Insomma, una piovra! Non conta il merito, conta l’appartenenza. Ecco perché la macchina burocratica e i servizi pubblici non funzionano. Va a dirigere quello che ha la tessera in tasca, che dà garanzie di fedeltà… anche se è un incapace!
Può durare questa sudditanza? Può durare una gestione delle risorse pubbliche ad uso e consumo delle convenienze clientelari e del consenso della casta? I costi della politica sono la principale causa, se non l’unica, della voragine del debito pubblico. Ciò dimostra che i partiti sono diventati nel tempo una metastasi della democrazia. Nessuno vuole abolirli, ma radicalmente ridimensionare un loro potere abnorme, sì.
Però loro sono furbi. Ci vuole sempre un po’ di fumo per occultare quello che si fa nelle sedi del potere. Si continua usare l’ideologia.
Allora a destra per imbonire e tenere vicino le proprie truppe, si usa la parola comunista per attaccare gli avversari, così a sinistra si usa la parola fascista. Da un po’ di tempo bastava la parola Berlusconi per ricompattare il popolo della sinistra e zittire le voci critiche. Poi scopriamo che le grandi porcate (a partire dalla Bicamerale) ai mega-affari finanziari, li facevano tutti insieme trasversalmente e appassionatamente, usando mezzi leciti e illeciti, con amicizie poco raccomandabili, perfino coi furbetti del quartierino.
Recentemente Gambini, a proposito della vicenda delle scalate bancarie, ha criticato al doppiezza del suo partito (Ds). Infatti nel 2005, mentre lui era relatore in Parlamento sulla legge a tutela del cittadino consumatore e risparmiatore (erano fresche le truffe ai piccoli azionisti Parmalat, Cirio, Bond argentini…), Fassino e Bersani andavano da Fazio per caldeggiare la scalata della Bnl da parte di Unipol e D’Alema flirtava al telefonino con Consorte.
Fateci sognare: andate a quel paese!
Se i cittadini, pur rispettando le loro idee, non la smettono di fare i tifosi dei propri schieramenti, non ci caveranno mai le zampe.
In questo Paese la sinistra non ha mai fatto la sinistra e la destra non ha mai fatto la destra. Ha prevalso sempre l’inciucio, il consociativismo e il trasformismo, dove ognuno, come gruppo, corporazione, famiglia e individualmente, ha cercato di ricavare un proprio tornaconto. Spesso lo si è fatto con le ruberie e le clientele. Tanto i costi li pagano i cittadini con le tasse.
Ma non vi pare assurdo che decenni di governo assoluto della destra (cooptando varie sfumature del centro) non abbia sedimentato una briciola di cultura liberale e di mercato con al centro la libera concorrenza? Per decenni abbiamo tenuto in vita un capitalsimo da terzo mondo sovvenzionato con soldi pubblici e con l’uso distorto, quando si poteva con la lira, della leva della svalutazione della moneta.
E siamo il Paese più arretrato in tema di diritti civili. La laicità è una bestemmia, prevale il bigottismo trasversale per ingraziarsi i buoni servigi del Vaticano. Ma si capisce, perché i sindacati ricevono miliardi di euro per i patronati, sono in tutti i centri di potere che contano, che i partiti di sinistra sono diventati parte attiva e vorace, al pari di quelli di destra, del lauto banchetto della casta.
Se questo, per la casta, è l’antipolitica… allora viva l’antipolitica.
Enzo Cecchini