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Portocanale di Gabicce Mare, anni ’50. Rammendo delle reti da sarda. Da sinistra: Bigìn d’Busòn, Mario d’Busòn, Gino d’Papèt. (Foto Centro Culturale Polivalente di Cattolica)
…successivi ha avuto larghissima diffusione nella marineria di Cattolica e Gabicce.
“La pesca della sardina, importata da mio padre da Chioggia, diede un notevole sviluppo economico. Fiorirono officine meccaniche, botteghe per la vendita e la tinta delle reti, tutta una catena che portò benessere. Alcuni alberghi a Gabicce furono costruiti grazie alla pesca della sardina. A questo punto voglio ricordare i prìncipi sardelleri di Gabicce Mare: i Michelini ‘Muròt’ con la barca Rex, capitano Mario Michelini, Angelo Tonnini ‘Tuzlèn’, Sebastiano Palazzi ‘Marzòn’ e Umberto Galeazzi ‘Galiàz’, Eugenio Pratelli ‘Coppi’, Salvatore e Enrico Caldari ‘Bagòra’, Antonio Morini ‘Tunèn’ e Giacomo Morini ‘Iacmòn’ e altri. A Cattolica i Pozzi, i Maestri ‘Bailèna’, Amedeo Tonti ‘Sai-Cros’, Carlèn Barulli e tanti altri… una vera flotta sardellera.
Mio padre insegnò anche il rammendo delle reti da pesca della sardina e molti ragazzi e ragazze venivano a casa mia per imparare. Quando non c’era lui, rimaneva mia madre Celestina (‘la Cilena’), ognuno aveva una rete attaccata chi ad un gancio della finestra, chi ad una maniglia della porta… qualcuno raccontava barzellette, altri avventure di mare… era davvero una grande comunità piena di allegria. Capitava spesso di tornare in terra con le reti strappate: a causa di corpi estranei, barriera in mare (prisura) oppure i delfini.
Le ragazze che non potevano lavorare in fabbrica, andavano a riparare le reti sul porto. Le ricordo al riparo dal sole con dei gran cappelli tipo sombrero, sedute a rammendare le reti lungo il molo di Gabicce che cominciava dal faro, giù fino al vecchio acquedotto e fino al ponte dell’Arrigoni. Una stesa di reti da sarda di cotone macò che non dovevano prendere la calda, l’umidità, dovevano asciugare bene altrimenti marcivano. Il cotone non era come il nylon di adesso, che più sta nell’umido e più diventa resistente, la rete di cotone voleva il sole e si dovevano asciugare bene. I ragazzi che andavano in mare e che sapevano riparare le reti prendevano una quartarola in più.
Mio padre si dedicava anche al commercio di articoli marittimi situato nella nostra casa che comprò nel 1926, trasferitosi da Cattolica a Gabicce con sua moglie Celestina Gerboni e i due figli Enrico e Rosina. A casa nostra si vendeva: corde, corde catramate ‘la sparazena’, reti, ami per sgombri, sughero, il catrame, articoli per barche e la polvere di pino ‘al zapèn’ per tingere le reti. Per chi voleva fare la tinta da sè si metteva su una botte d’acqua, la si faceva bollire con la polvere di pino e si creava una tinta che proteggeva con la resina le reti di cotone.
Chi veniva da Pesaro, Riccione, Bellaria, chi aveva le ‘nasse’ acquistava da noi pezzi di rete per coprire le gabbie usate per la pesca costiera delle seppie. Si vendeva anche la ‘stoppa’ per calatafare le barche, arrivavano da Pesaro dall’armatore Ubaldo Gennari e da Rimini dal commerciante di articoli marittimi Fava. Sempre aiutato nel lavoro da mia madre, mio padre si dedicava anche alla catramatura delle corde. Faceva bollire il catrame e metteva a bagno i rotoli di corde di canapa nel catrame bollente dentro una ‘gorna’, un apposito contenitore in ferro.
Pò le riv la guèra, un bel mumènt i tedèsc in ci’à fat andè piò in mer. Il giorno di ferragosto del 1944 (a simie sfulèd a Sin Gian) al mi bà l’era stè ciapèd dai tedèsc insen sa ch’ielt omne per fè li bus sò ma la Madona dal Mont per fè dli pustaziòn ad difesa. Alora le pas du ragaz marinèr dla Catolga e i dis: Oh! Pritelli a si ichè? Al sa vi che i tedèsc i va but a fond la berca? Ià trat li canunèd dal Mont Vici. Cinq barctèn e iera anche al vost. Al mi bà l’avù una gran passiòn. Era il “Nuovo Lorenzo”.
A guerra finita con la presenza delle forze di occupazione, mio padre era stato chiamato dagli alleati a dirigere il comune: sindaco Fernando Fronzoni, vicesindaco mio padre, assessori Ofer Badioli e Primo Del Baldo. Poi i consiglieri di Gabicce Monte tra i quali un certo Spadoni. Segretario comunale, quel Loris Sgarbi che qualche anno fa abbiamo saputo come l’artefice del salvataggio di 15 ebrei.
Un giorno mio padre chiese all’allora governatore inglese di Pesaro se gli poteva mandare un ‘pontone’ per tirare su quelle barche affondate che erano il pane e il lavoro per tanti marinai. Ma il governatore disse che non disponeva del mezzo e che non poteva aiutarli”.
(Continua sul prossimo numero)