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Don Oreste, anima con due motori

Redazione di Redazione
19 Dicembre 2007
in L'altra pagina
Tempo di lettura : 3 minuti necessari
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– Parlare a caldo di don Oreste è impresa che “fa tremar le vene e i polsi”. Sei consapevole che il peccato di omissione è in agguato e finirà col prevalere. Quanti scriveranno dopo, a bocce ferme, facilmente più volte ti scavalcheranno. Consapevole di questa svantaggiata partenza, prendo il coraggio a due mani e mi butto.
Due motori
Parto mettendo in evidenza due motori fondamentali che lo hanno non solo trainato, ma anche orientato nel suo cammino. Strutturalmente non è stato un contestatore di vocazione. Ha accettato, anche con scrupolo, l’educazione e i contenuti che gli venivano offerti in seminario, che ai suoi tempi non brillava per particolari aperture. Solo che, a differenza di altri, li ha presi sul serio e ne ha tratto conseguenze che i suoi educatori minimamente immaginavano. La sua rivoluzione, perché di rivoluzione si tratta, è nata “da dentro”, per coerenza con la Parola del Vangelo. Il secondo motore, altrettanto potente, è dato dalla sua capacità e facilità di rapporto con gli uomini. Questi dunque i suoi maestri: il vangelo, vissuto alla lettera, e i poveri con i loro bisogni, la loro umanità, la loro ricchezza.
L’evidente presenza in lui di queste due virtù, chiamiamole così, lo ha favorito e così è stato scelto come direttore spirituale del seminario minore. In questa funzione, vissuta con stile amicale, non formale, ha conosciuto e aiutato decine e decine di preti, ancora vegeti e operanti nella Chiesa riminese. Questo è stato il suo primo significativo contributo alla nostra comunità. Non ha vissuto il seminario come un serraglio. Soprattutto in estate il suo rapporto coi giovani è stato costante. Campeggi, incontri, confessione e direzione spirituale erano all’ordine del giorno. Di qui, la sua idea di edificare una bella struttura, che poi è diventata “Casa Madonna delle Vette” ad Alba di Canazei in Val di Fassa, in Trentino. Non potendo attingere direttamente alle casse diocesane, non si è scoraggiato e si è fatto “pellegrino questuante” più volte negli Stati Uniti. Immagino sorridendo il suo inglese nei primi giorni. Ma la mimica romagnola e la sua capacità di creare simpatia hanno abbondantemente supplito alla carenza linguistica. Così il suo movimento è rapidamente cresciuto e si è consolidato. Prezioso supporto ad educatori in erba, sacerdoti e laici. E’ stata una vera manna dal cielo! Questa scelta di impegnarsi con i giovani non è nata solo per naturale propensione, ma anche per consapevolezza sociale. I giovani sono il futuro di una società, e lo stesso succede per la Chiesa. Ma non sono l’unico problema.
Sempre fedele allo stesso spirito, le incarnazioni successive sono state non solo numerose, ma anche diverse. Per analizzarle in maniera dettagliata occorrerebbe avere a disposizione un intero volume. Ci accontentiamo perciò di alcuni dettagli. Chi non ricorda le “case famiglia dei bambini” dell’associazione Papa Giovanni? Qui il ditino è stato messo sulla piaga “famiglia”. E contemporaneamente gli handicappati, di qualunque tipo, per cause fisiche o mentali. E fin qui il consenso della gente è stato unanime. Non si poteva che considerare benemerita un’ associazione che operava per sollevare tali sofferenze.
Ma quando poi si è interessato delle prostitute, spesso e volentieri sfruttate, è stato un vero scandalo! A chi gli diceva che i preti non devono interessarsi di prostitute, rispondeva provocatoriamente che, poiché in Italia il numero di queste corrispondeva grosso modo a quello dei preti in circolazione, se ogni prete se ne fosse presa a carico una, questa piaga sarebbe stata ipso facto cancellata! E, comunque, di queste critiche non sapeva che farsene, forte del fatto che anche il suo maestro, Gesù, era stato criticato dai “buoni” per essere amico dei pubblicani, dei peccatori e delle prostitute.
Non gli è andata meglio quando ha incominciato a interessarsi dei nomadi, o zingari che dir si voglia! “Rubano, stuprano, commettono violenze! Sarebbero da cacciare via tutti!”. Ma lui tirava dritto; barboni, zingari, drogati, prostitute? erano ancor prima esseri umani che bisognava ascoltare, accogliere, avvicinare.
Ultimo passo fatto è stato quello delle missioni. La Comunità Papa Giovanni è così diventata una realtà mondiale che spazia dalla Siberia alle Americhe, dall’Europa all’Africa. Don Oreste è stato un maestro e molti sono i discepoli. La sua Associazione è soprattutto una scuola di vita per quanti ci operano e anche per coloro che pur non facendone parte sono costretti comunque a misurarsi con essa, con le sue provocazioni. E’ anche tuttavia necessariamente un’organizzazione che pertanto necessita di personale e strutture. Spesso lo Spirito e la struttura si trovano a confliggere, e non sempre a favore del primo. Ma don Oreste da lassù vigila!

Pier Giorgio Terenzi

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