Tratto da lavoce.info
DI ALBERTO CHIUMENTO, laureato in Scienze dell’Economia all’Università Cattolica di Milano scrive per alcune testate nazionali
All’uscita dal primo lockdown, la Germania ha sostenuto la sua economia facendo ricorso anche allo strumento della riduzione temporanea dell’Iva. Un intervento inusuale, reso efficace dal comportamento delle imprese. I riflessi sull’inflazione.
Il taglio temporaneo dell’Iva
Il 3 giugno 2020 il governo tedesco annunciò un piano di aiuti per sostenere la popolazione e l’economia dal valore di 130 miliardi di euro. L’intervento, che seguiva un primo sostegno statale stanziato a marzo, mirava a facilitare la ripresa dopo le limitazioni imposte per evitare la diffusione del Coronavirus.
Le principali forme di sostegno prevedevano per le famiglie un’indennità una tantum da 300 euro a figlio, il cui costo totale è stato di 4,3 miliardi di euro; per le imprese la possibilità di rinviare il pagamento delle tasse; e per i comuni circa 10 miliardi di euro da investire nella spesa pubblica e nelle infrastrutture.
A sorpresa, il governo introdusse anche una riduzione temporanea dell’Iva nel tentativo di rilanciare i consumi: dal 1° luglio 2020 fino al 31 dicembre 2020 l’Iva ordinaria venne abbassata dal 19 al 16 per cento e l’imposta ridotta, che si applica in particolare a molti tipi di alimenti e bevande, passò dal 7 al 5 per cento, con un costo previsto per lo stato di 20 miliardi di euro.
L’obiettivo era stimolare la domanda interna attraverso la creazione di incentivi per spingere i consumatori ad anticipare le loro spese. Secondo la teoria economica, questo può avvenire se il taglio dell’Iva raggiunge i consumatori attraverso una riduzione del prezzo finale dei beni. Le imprese – sulle quali il governo non può intervenire – hanno quindi un ruolo chiave: possono sia abbassare i prezzi di vendita trasmettendo lo stimolo fiscale ai consumatori e dunque all’intero sistema economico oppure mantenere i prezzi fissi, aumentando i propri margini di ricavo. Per esempio, Starbucks scelse la seconda opzione: dopo la riduzione dell’Iva la società dichiarò l’intenzione di non modificare i suoi prezzi, dirigendo però parte dei maggiori guadagni sui dipendenti, aumentandone gli stipendi.
A distanza di nove mesi dalla conclusione del progetto, e a poche settimane dalle elezioni federali, che efficacia ha avuto sull’economia la scelta del governo tedesco?
Perché ha funzionato
Ridurre l’Iva è una misura di politica economica non convenzionale, adottata raramente dai governi nazionali, anche per via dell’elevato costo. È la particolarità della crisi dovuta al Covid, in cui molti settori economici sono stati costretti a fermarsi per mesi, che ha spinto Berlino a utilizzarla.
In precedenza, l’esempio più importante di taglio dell’Iva temporaneo proviene dal Regno Unito. Il governo britannico decise di ridurre l’Iva di 2,5 punti percentuali per 13 mesi poco dopo lo scoppio della crisi finanziaria del 2008. Durante la crisi pandemica, invece, il Regno Unito non ha ripetuto la stessa scelta e ha abbassato l’Iva in modo mirato, solo nel settore dell’ospitalità.
In Germania, l’Iva ordinaria si applica a quasi due terzi dei beni che compongono il paniere su cui si calcola l’indice Hicp dell’inflazione, compresi ad esempio i prodotti del settore energetico. L’Iva ridotta, invece, riguarda circa il 15 per cento dei beni, prevalentemente cibi e bevande.
La Bundesbank stimava che qualora le aziende avessero passato in modo completo lo stimolo ai consumatori attraverso la modifica dei prezzi, l’indice Hicp sarebbe diminuito di 1,8 punti percentuali nei mesi tra luglio e dicembre.
Per giudicare l’efficacia della decisione tedesca è necessario guardare contemporaneamente a due aspetti: le variazioni dei prezzi e l’andamento dei consumi.
La variazione dei prezzi permette di capire quanto lo stimolo dovuto all’abbassamento dell’Iva abbia raggiunto i consumatori. Osservare solo l’inflazione, che in Germania è calata durante tutti i sei mesi di riduzione dell’Iva, non è però sufficiente poiché la dinamica dei prezzi dipende da numerosi fattori.
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Per isolare l’effetto che il taglio dell’Iva ha generato sui prezzi, l’economista Clemens Fuest ha confrontato i prezzi dei beni dei supermercati tedeschi con quelli dell’Austria, paese in cui l’Iva non è stata ridotta, ma dove le riaperture hanno seguito una dinamica simile a quella tedesca. I beni considerati rappresentavano più del 25 per cento della spesa totale delle famiglie tedesche. Il lavoro di Fuest mostra che i prezzi sono diminuiti dell’1,3 per cento, suggerendo che quasi il 70 per cento della riduzione dell’Iva sia stata trasmessa ai consumatori. I prezzi sono poi risaliti nella prima settimana del 2021, ma meno di quanto fossero diminuiti: ne consegue che i produttori hanno passato buona parte della riduzione dell’Iva ai consumatori finali, mentre il ripristino delle aliquote Iva non ha avuto un effetto altrettanto forte.
La trasmissione dello stimolo ai consumatori è avvenuta in modo simile anche nel settore dei carburanti, dove si è propagato circa l’80 per cento della riduzione dell’Iva, come dimostrano Felix Montag e Monika Schnitzer, che hanno confrontato i prezzi di diesel e benzina tedeschi con quelli francesi, non sottoposti a modifiche nell’Iva.
Entrambe le analisi mostrano inoltre che nei settori più concorrenziali, dove l’attenzione per il prezzo è superiore, la trasmissione del taglio dell’Iva sui prezzi finali è stata maggiore. Invece nei mercati in cui è presente un numero minore di aziende i prezzi sono diminuiti di meno e dopo il ripristino dell’Iva alle aliquote standard sono tornati rapidamente al livello iniziale, mentre sono aumentati in modo più contenuto nei mercati con molti concorrenti.
Anche secondo la Bundesbank i consumatori sono stati raggiunti dallo stimolo fiscale: la banca centrale tedesca stima che la modifica dell’Iva si sia trasferita per il 60 per cento del suo peso sull’indice Hicp. L’effetto si è propagato attraverso quasi tutti i prodotti alimentari e quelli industriali, mentre i servizi si sono dimostrati più rigidi.
L’andamento dei consumi
Il secondo aspetto da analizzare riguarda i consumi, che hanno registrato un aumento nel periodo di riduzione dell’Iva. Secondo Destatis, l’ufficio di statistica nazionale tedesco, col tempo è aumentata la percentuale di persone che, grazie alle condizioni di prezzo favorevoli, hanno anticipato un “acquisto o una spesa importante”, passando dal 15 per cento degli intervistati di agosto al 20 per cento di dicembre. In particolare, sono state le famiglie con figli a sfruttare maggiormente l’opzione: il 30 per cento circa ha dichiarato di voler anticipare una spesa programmata, un effetto in parte legato anche al bonus di 300 euro. Gli acquisti anticipati hanno riguardato in particolare gli elettrodomestici come televisioni, frigoriferi e computer.
La riduzione temporanea dell’Iva sembra quindi avere contribuito a facilitare la ripresa economica tedesca.
L’aumento inflattivo previsto dalla Bundesbank sia per il ripristino del valore originario dell’Iva sia per il miglioramento delle condizioni sanitarie ha per ora rispettato le aspettative, che lo ponevano intorno all’1 per cento nei primi mesi del 2021 e al 3 per cento nella seconda parte del 2021. Mentre buona parte dell’ampio (e inaspettato) aumento dell’inflazione che la Germania ha vissuto a gennaio 2021, passando da -0,7 per cento a 1,6 per cento, è da imputare, secondo Destatis, a motivi statistici: i pesi alla base dell’indice Hicp vengono aggiornati ogni anno nel mese di gennaio e la pandemia ha modificato fortemente la composizione dei consumi, con la crescita della spesa per cibo e il crollo di quella per servizi, abbigliamento e turismo.
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