di Claudio Casadei
[img align=left]http://www.lapiazza.rn.it/maggio/cattolica_galluzzi.jpg[/img]Il tempo ci ha provato a sconfiggerlo e a cancellarlo, ma lui, il dialetto, sopravvive a tutti i tentativi che vogliono vederlo morire o relegare in qualche nicchia di presunta sottocultura. Ma da vero protagonista della nostra storia, non abbandona mai la vita quotidiana di quest’angolo di Romagna, anzi ne diventa sempre più orgoglioso segno di distinzione. Il nostro dialetto non ha mai abbandonato la vita e le labbra della nostra gente che fortunatamente ha opposto una inconsapevole resistenza al suo oblio.
Da qualche tempo anzi il dialetto rivive una seconda fresca giovinezza anche grazie alle persone che ne hanno voluto fare il veicolo per comunicare le loro emozioni, i loro sentimenti ed i loro ricordi. Come una lingua prende forma nei versi delle poesie scritte dalla gente comune, spesso senza metriche e senza regole ma con un ingrediente che ne è l’ essenza estrema: la vita quotidiana. E come succede ad ogni cosa, la vita quotidiana modifica e cambia anche il dialetto, lo “sporca” con nuovi termini e moderni modi di dire che sono un imprescindibile segno dei tempi. Sono arrivati e “telefunein” e la “pleistescion” , e “futing” e ” e giogghing”, ” e chetciap” e “e wurstel”. Poi ci sono le parole inventate, quelle che nessuno conosce ma che per sonorità e circostanze tutti capiscono al volo perché hanno l’impareggiabile capacità di descrivere con poche lettere una situazione od un accadimento particolari.
Il dialetto è anche un inconsapevole modo per distinguersi; dichiara sempre la propria provenienza; le parole contate in dialetto sono una carta d’identità che distingue e definisce chi le usa. Ma il dialetto non è mai una elitaria forma di distinzione: è solo una orgogliosa inconsapevole manifestazione di appartenenza. Una appartenenza che non è mai usata per isolare chi non lo conosce, ma solo un modo per comunicare anche a chi è arrivato da poco che imparando quei termini e quelle parole anche in lui crescerà l’amore per una terra che si può solamente amare. Nelle poesie dialettali poi si possono trovare vere perle da gustare con gli occhi e con il cuore.
Cercando negli anfratti dell’animo di chi le scrive, in esse si possono ritrovare i giochi, le amicizie, le situazioni ed ricordi che credevamo dimenticati ma che erano lì fermi in un cassetto in attesa che qualcuno sollevasse il sottile velo di polvere che il tempo aveva depositato.
Basta leggere le opere che pervengono manifestazioni come questa che per il terzo anno viene dedicata a Elvino Galluzzi per ritrovare molto anche di noi stessi e capire che c’è molto del cuore della Romagna in ogni scritto.
Ma c’è anche la riflessione sulla vita, l’impegno sociale, la denuncia della guerra… La Romagna e i suoi dialetti, ma più in generale l’Italia dei mille dialetti, sono le “diversità” che arricchiscono, e sono il patrimonio collettivo di ognuno di noi.