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Borsa o sala corse?

Redazione di Redazione
15 Dicembre 2008
in L'inchiesta
Tempo di lettura : 4 minuti necessari
A A

IL PUNTO DI VISTA

di Gianfranco Vanzini

Al concetto di “investimento” si è sostituito quello di “speculazione”.
Si compra e si vende con una velocità incredibile, si possono fare operazioni a premio (scommesse), si possono vendere azioni senza esserne proprietari (vendite allo scoperto). La vendita allo scoperto è la quintessenza della speculazione

– Le Borse Valori sono nate per essere luogo di scambio privilegiato e veloce di valori mobiliari, oggi in particolare di azioni, cioè di quei titoli che rappresentano il capitale sociale di un’azienda, di una società per azioni.
Normalmente, infatti, il capitale sociale di una società, specialmente se si tratta di una grande azienda, è diviso in azioni ognuna delle quali ha un “valore nominale” prestabilito, fissato, di solito, al momento della costituzione della società.
Ogni azione poi ha un “valore di libro”, valore determinato dal totale dei “mezzi propri” (o “patrimonio netto”, che è la stessa cosa) della società diviso per il numero delle azioni in circolazione.
Per fare un esempio concreto: la società Alfa, nata nel 1998, oggi può avere un capitale sociale di euro 40.000.000 diviso in n. 20.000.000 azioni da 2 euro ciascuna; inoltre avendo negli anni scorsi prodotto utili, non distribuiti interamente ai soci, ma rimasti in azienda, come riserve per farla crescere, i mezzi propri potrebbero essere saliti a: 40.000.000 di capitale sociale originario più 20.000.000 di riserve accumulate, per un totale di “mezzi propri” di euro 60.000.000.
Il “valore di libro” delle azioni oggi è perciò diventato pari a euro 3 per ciascuna azione.
Qual è invece il “prezzo di mercato” di queste azioni?
Se la società Alfa è quotata in Borsa, il prezzo è quello che giornalmente viene determinato dalla domanda e dalla offerta delle azioni sul mercato ( cioè nella Borsa) e rilevato, di solito, all’inizio delle contrattazioni e alla fine della giornata borsistica.
Va da sé che se le azioni sono molto richieste, perché si pensa che la società sia sana e in futuro continuerà a produrre risultati positivi, il prezzo sarà alto (normalmente più alto del valore di libro, anche di molto), se, invece, si pensa che la società stia attraversando un momento di difficoltà, o peggio ancora sia in crisi, per cui sono a rischio i risultati futuri, allora il prezzo sarà più basso.
Queste dovrebbero essere le “regole” che guidano i comportamenti degli “investitori” in borsa: acquistare azioni per fare investimenti, sapendo che un investimento per definizione non è mai di brevissima durata (un giorno o anche meno) ma deve durare almeno qualche mese, se non addirittura anni qualche anno; oppure vendere azioni per fare un disinvestimento, cioè monetizzare un investimento fatto qualche tempo fa (non ieri, o anche solo due ore fa).
Trattandosi di investimenti che devono durare e produrre “reddito” nel tempo, si dovrebbero valutare attentamente le caratteristiche e le condizioni dell’azienda in cui ci accingiamo ad investire: se i prodotti che fa hanno mercato, se gode di una buona reputazione, se i risultati degli anni passati sono stati positivi, se le prospettive future sono buone ecc.
Tutto questo per evitare che il nostro investimento vada in fumo per una errata valutazione.
Oggi la nostra Borsa come funziona? Come abbiamo appena detto? Direi proprio di no. (Non solo la nostra, anche quelle di altri paesi, più o meno tutti).
Al concetto di “investimento” si è sostituito quello di “speculazione”.
Si compra e si vende con una velocità incredibile, si possono fare operazioni a premio (scommesse), si possono vendere azioni senza esserne proprietari (vendite allo scoperto); in questi giorni fortunatamente la Consob ha vietato quest’ultimo tipo di operazioni, ma solo fino al 31 dicembre, perché non per sempre? La vendita allo scoperto è la quintessenza della speculazione.
Perché vendo azioni che non ho? Solo perché spero di comprarle fra qualche giorno a meno.
E questo vi sembra un investimento?
Quando le azioni di una società, o addirittura di molte società insieme, aumentano i loro prezzi del 10-20% in pochi giorni, poi in altrettanto pochi giorni perdono tutto quello che avevano guadagnato; quando le oscillazioni dei prezzi sono alte e violente, verso l’alto o verso il basso, questo è il momento in cui più infuria la “battaglia speculativa” ed è il momento in cui un operatore saggio deve “starsene fuori”. Attenzione perché è quello che sta succedendo nel mondo in questi giorni!
Quando la Sala Borsa si trasforma in “Sala Corse” dove si fanno solo scommesse, l’accesso deve essere riservato solo agli scommettitori, solo ai giocatori d’azzardo, non agli operatori economici.
Sono oltre 30 anni che seguo, per esigenze professionali prima, per cultura personale poi, le vicende della Borsa Italiana; a mio avviso l’appellativo di “bisca” forse sarebbe più rappresentativo della realtà e selezionerebbe meglio i frequentatori.
Vorrei pertanto rivolgere un invito alla Consob, alla Banca d’Italia, al Ministero del Tesoro perché si affrettino a dettare regole nuove e imperative, non tanto emanando l’ennesimo documento, magari pieno di inutili e a volte incomprensibili termini inglesi mutuati dagli americani, come succede troppo spesso, ma per indirizzare l’attività dei mercati verso obiettivi di più lungo respiro e animati da meno “trimestrali” (che producono solo danni) e invece da un po’ più di etica e di rispetto per il denaro e le fatiche altrui. Nei nostri 1500 anni di storia economica e sociale (da San Benedetto ad oggi, nella nostra cultura c’è già tutto, non occorre andare ad imparare all’estero) si possono trovare i principi, i valori, le indicazioni operative per una corretta e positiva lettura dei tempi odierni e la scrittura di norme rispettose della libertà economica e nel contempo delle singole persone e del bene comune. Proviamo un po’ tutti, ognuno nelle sue competenze e responsabilità, a darci da fare.

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