Il 27 marzo rapporto economico annuale
della Camera di commercio presso l’Università
L’INCHIESTA
di Francesco Toti
– Non si vende più niente: né in Italia, né all’estero. Il portafoglio ordini del settore metalmeccanico del Riminese ha avuto un vero e proprio tracollo: meno 80-85%. Le aziende solide veleggiano su meno 70 per cento. Il guado della salvezza ancora non si vede, ma ci saranno molti morti (aziende che chiudono) e una montagna altissima di feriti. Significa che un patrimonio di conoscenze e professionalità rischiano di scomparire quando si riprenderà la navigazione, che non sarà più come prima. E se la crisi finirà, ci vorranno molti mesi, se non una manciata di anni, per rientrare nel vecchio regime. Fanno impressione i cassintregati della Scm, l’inaffondabile ammiraglia produttiva della provincia di Rimini leader mondiale nelle macchine per la lavorazione del legno. In aprile, oltre alle officine, chiusi completamente gli altiforni dove colano pezzi di ghisa a Villa Verucchio, anche se i sindacati avanzano qualche perplessità. E metteno tristezza le sere della Valmarecchia senza le luci accese dei capannoni, fa notare un imprenditore.
Durante la presentazione del rapporto annuale della Camera di commercio tenutosi lo scorso 27 marzo nell’aula magna dell’Università di Rimini, più che di economia si è parlato delle sue cause e del suo futuro. Le cause sono state individuate nell’ingordigia dell’uomo e il futuro non può che passare attraverso relazioni industriali su altre basi hanno fatto notare Guido Caselli, dirigente dell’Ufficio studi Unioncamere dell’Emilia Romagna e Giulio Sapelli, professore all’Università di Milano. E anche il rapporto, oltre agli indicatori economici, dedica molte pagine alla responsabilità sociale dell’impresa e all’ambiente e allo sviluppo sostenibile.
Un quadro a 360 gradi dell’istantanea economica, la dà una bellissima impresa del territorio, forse la più grandi d’Italia tra i terzisti. Ha 120 dipendenti, una proprietà sicura di sé, col pallino dell’innovazione e la capacità di stare accanto ai proprio dipendenti con responsabilità. Da settembre fino ai primi di aprile, la proprietà ha sempre messo mano al proprio portafoglio per onorare i salari. Purtroppo dava lavoro ad una trentina di artigiani esterni, ma per sopravvivenza ha riportato nelle officine interne le commesse. E’ azienda indicativa perché fornisce pezzi che vanno dalle apparecchiature elettromedicali, fino ai carri armati, passando per una miriade di altre attività sempre legate alla metalmeccanica. Ha visto crollare gli ordini del 70 per cento. Insomma, un disastro.
Non se la passa bene, ma ci crede e spera che la sponda del fine crisi sia vicina è Bruno Bargellini, titolare della Top Automazioni, nonché presidente dell’Api (Associazione della piccola e media industria) della provincia di Rimini. Afferma Bargellini: “Non è dura, ma durissima: in questo momento la crisi arriva fino al collo. Nella mia azienda, così a sentire i miei colleghi, gli ordinativi sono crollati dell’85 per cento. Ci aspettiamo qualcosa, un segnale tra un paio di mesi: la famosa rondine che forse non fa primavera, ma ti fa intravedere una speranza”.
Bargellini sottolinea anche il rapporto impresa-banca: “Se un imprenditore crede nella propria azienda deve andare in banca e dare ogni garanzia possibile, fino a mettere a disposizione le sue proprietà”.
Ma sono competitive le aziende del nostro territorio? Bargellini: “In questo momento le nostre aziende sono competitive in ogni settore; non si può affermare la stessa cosa nella mini-crisi di 6-7 anni fa. In questo periodo è stato investito e anche molto. In questo momento al di là dei discorsi è fondamentale salvare le aziende e la forza lavoro qualificata”.
Bargellini, presidente Api: “Non è dura, ma durisima. E’ una crisi mondiale e non da sistema Rimini. Le nostre imprese sono competitive”
Un’impresa ogni 9 abitanti
– Al quinto posto in Italia per tasso di imprenditorialità. Questa è la provincia di Rimini: quasi un’impresa ogni 9 abitanti, che in totale fanno oltre 33.874 (meno 0,6% rispetto allo stesso periodo del 2007).
Ricchezza: 7,47 miliardi
– La provincia di Rimini è l’11^ per ricchezza in Italia. Nel 2008 ha prodotto beni e servizi (Pil) per 7,47 miliardi di euro. Fino allo scorso settembre il fatturato dell’industria era sui livelli dell’anno precedente, con gli ordinativi al meno 0,6%.
Export, sono quasi 500
– La provincia di Rimini hacirca 483 imprese che esportano. Nel quarto trimestre 2008 le esportazioni sono diminuite del 9%; bilancio a fine anno: più 3,5%. Il 56% le merci vanno nell’Unione europea, il 17,8% nel resto dell’Europa.
IL PUNTO
Artigiani, anello debole della catena produttiva
Mauro Gardenghi (segretario della Confartigianato): “La piccola impresa non ha santi in paradiso. Creato il consorzio fidi più grande d’Italia. Banche locali più sensbili”
Salvatore Bugli (direttore della Cna): “Vanno superati gli studi di settore. Chiesto lo spostamento d’anticipo d’imposta.
Lo stato paghi in 2 mesi”
– L’anello debole del sistema produttivo della provincia di Rimini sono le piccole aziende artigiane di produzione; normalmente al servizio della media e grande impresa.
Mauro Gardenghi è il segretario Confartigianato della provincia di Rimini. Argomenta: “Le nostre imprese, stanno tutte male come le altre: soffrono il mercato, le commesse sono sempre più rare, con i pagamenti sempre più dilazionati. Lo scenario mette in difficoltà la grande impresa che ha sempre qualcuno che la difende, cassa integrazione, governo, banche. La piccola impresa invece non ha santi in paradiso. In questo momento sono le piccole le più fragili. E’ a picco l’edilizia, in crisi la metalmeccanica. Soffrono un po’ meno i servizi alla persona. Mi auspico che le banche possano tornare ad essere un punto di riferimento. Per sostenere gli associati, noi della Confartigianato insieme alla Cna abbiamo come regione Emilia Romagna costituito il più importante Consorzio fidi d’Italia. Garantendo fino al 50 per cento, serve per rassicurare le banche ad effettuare prestiti. Va sottolineato che in questo momento le banche locali sono le più sensibili alla nostra imprenditoria”.
Salvatore Bugli, direttore della Cna della provincia di Rimini: “Il calo degli ordinativi brusco e repentino sta facendo soffrire, e molto, la metalmeccanica, la nautica, il tessile-abbigliamento. E sul breve periodo non si intravedono vie d’uscita. La crisi persistente ha interrotto la catena dei pagamenti, aggravata dalla ristrettezze del credito. Noi artigiani come copertura sociale aspettiamo che il governo approvi il decreto attuativo sulla cassa integrazione straordinaria. Speriamo che nel breve ci sia l’inversione, che in alcuni casi già si intravede. Al governo chiediamo di interpretare il momento con il superamento degli studi di settore; noi abbiamo anche chiesto lo spostamento dell’anticipo di imposta. Poi chiediamo alla pubblica amministrazione di pagare entro 60 giorni e non in 15 mesi. Inoltre, vanno cercati dei meccanismi per riportare la fiducia nel consumatore. Questa crisi porterà un cambiamento delle nostre abitudini: il futuro deve avere uno scheletro industriale che funzioni per la piccola, media, grande impresa, artigianato diffuso. E non finanziario”.
I NUMERI
Scm, 900 esuberi su 1650
– Forse sarebbe avvenuto anche senza la crisi attuale. L’arrivo del nuovo mega-manager dalla Brembo (freni) alla Scm, la più grande azienda produttiva della provincia, leader mondiale per la produzione di macchine per la lavorazione del legno, significa riorganizzazione aziendale. Tradotto in concretezza significa mandare a casa 900 dipendenti su un totale di 1650. Che dire? Se serve per la sopravvivenza dell’azienda è ben fatto: meglio avere un’impresa sana con pochi posti di lavoro che una balbettante ed in crisi con molti lavoratori. Per gli ammortizzatori sociali c’è lo Stato. Alle aziende spetta il compito di essere competitivi, mietere utili ed essere educati e fermi con i propri collaboratori.
L’INTERVISTA
“Diminuita la propensione a partecipare alle fiere”
“Nella crisi è più facile cambiare. Bisogna cogliere gli aspetti positivi rispetto a quando si va bene: razionalizzazioni, aggregazioni”
– “Nella crisi è più facile cambiare. Bisogna cogliere gli aspetti positivi rispetto a quando si va bene: razionalizzazioni, aggregazioni”. Lo afferma Maurizio Temeroli, segretario della Camera di commercio della provincia di Rimini. “Tutto bisogna meno che scoraggiarsi – continua Temeroli -. Certo che i dati sull’export e la cassa integrazione preoccupano. In questo momento è una scelta sbagliata rinunciare a promuovere i propri prodotti non partecipando alle fiere. Così non si fa che accentuare la crisi. Ma capisco tale comportamento da parte di chi fa impresa, in un momento in cui calano ordini e fatturato causa una crisi che è mondiale e non aziendale. Come Camera di commercio notiamo che è diminuita la propensione a partecipare alle fiere, come si nota anche dai risultati della Fiera di Rimini”.
“In questo momento – conclude la riflessione Temeroli – chi è entrato nel tunnel della crisi con delle debolezze è colpito più di altri. Chi, seppur con molte difficoltà, cerca di mantenere i clienti, i fornitori, di non abbassare la guardia, affronterà meglio la ripresa. Nella nostra provincia un ruolo forte sulla ripresa verrà giocata dalla prossima stagione turistica. Se tiene, per tutti ci sarà una grossa iniezione di fiducia. L’economia della nostra provincia fortunatamente è molto diversificata e questo ci aiuta. Un altro fattore di tenuta è la disponibilità del sistema bancario. Noi come Camera siamo intervenuti sui consorzi fidi”.
FOCUS
Crisi, figlia della rendita
Riflessione umanistica di Sapelli, l’intellettuale invitato dalla Camera di commercio
Piacevole, contraddittorio. “Non può essere che un topo manager guadagni in un anno quello che non riesce ad un imprenditore in due generazioni. Gli italiani poi sono stati narcotizzati. Abbiamo i salari più bassi d’Europa. Un sistema così diseguale non può andare avanti”
– “Come non avevamo mai avuto da un secolo: questa crisi è la figlia del passaggio dal profitto alla rendita, il trasferimento da lavoro al capitale”. Parola di Giulio Sapelli, l’intellettuale ospite della Camera di commercio in occasione della presentazione del rapporto economico annuale. Negli anni addietro a Rimini sono scesi fior di professori che hanno alzato gli orizzonti: il sociologo Aldo Bonomi, l’economista riminese Stefano Zamagni. Quest’anno la scelta è caduta su questo professore di Storia economica all’Università di Milano. Provocatore, coraggioso, divertente, più che di economia ha tratteggiato l’uomo. Ha posto domande e dato risposte.
Contro la democrazia e per la meritocrazia, per le élite e la selezione dei migliori, al microfono, piegato su un lato ha argomentato: “C’è stata l’esplosione tra chi fa industria (Cina, india, Brasile, Germania) e dall’altra chi consuma e non risparmia. Su tutto questo è scoppiata la bolla finanziaria. Il paragone con la nostra crisi non va fatta con quella del 1929, ma con quella del 1907; un’economia aperta ma senza le banche centrali. Abbiamo creato dei veri e propri mostri, come vendere sul mercato i debiti sotto forma di titoli. Per favore! Questa crisi è profonda ed intacca il contratto sociale. Non può essere che un topo manager guadagni in un anno quello che non riesce ad un imprenditore in due generazioni. Gli italiani poi sono stati narcotizzati. In questo Paese non si può parlare di economia ed un economista serio non può dire niente. Abbiamo i salari più bassi d’Europa. Un sistema così diseguale non può andare avanti. Per uscire dalla crisi ci dobbiamo tenere tutto: tecnologia e manifatturiero. Anzi, dobbiamo riprendere con coraggio ed orgoglio la produzione, altro che tenersi la testa come si dice. Gli inglesi stanno parlando di reindustrializzazione. Non dobbiamo uscire dal capitalismo, ma serve un nuovo volto col principio del dono. Un’altra nostra fortuna sono le banche locali, sostanzialmente sane e non toccate dalla bolla speculativa”.
L’INTERVENTO
Economia cooperativa, nuova fase dopo lunga crescita
I teorici del liberismo costretti ad interrogarsi su: etica ed economia
Al momento, l’insieme dell’economia cooperativa riminese tiene meglio di altri comparti produttivi, ma ciò è legato al posizionamento produttivo e settoriale in cui si collocano la gran parte delle nostre imprese cooperative
– La finanziarizzazione dell’economia internazionale e gli scandali finanziari che hanno travolto banche, finanziarie, compagnie di assicurazione, hanno minato gravemente la fiducia dei risparmiatori e degli investitori, determinando una grave recessione, i cui effetti e conseguenze pur manifestandosi in maniera differenziata, si fanno sentire in tutte le aree geografiche ed in tutti i comparti.
Oggi anche i teorici del liberismo e del “mercato guardiano di sé stesso” sono costretti ad interrogarsi su: etica ed economia, trasparenza, paradisi fiscali, sistemi di controllo e vigilanza, sistemi di valutazione e superbonus dei manager, finanza creativa.
Ma veniamo a noi?le imprese cooperative che dagli anni novanta ad oggi avevano conosciuto una eccezionale fase di crescita in termini di numero di imprese, di crescita dei fatturati, degli investimenti, dei soci e dell’occupazione, nel nuovo quadro di crisi economica generale cominciano ad accusare i primi significativi contraccolpi.
Al momento, l’insieme dell’economia cooperativa riminese tiene meglio di altri comparti produttivi, ma ciò è legato al posizionamento produttivo e settoriale in cui si collocano la gran parte delle nostre imprese cooperative.
Infatti, in questa prima fase della recessione economica, le imprese più colpite sono quelle del comparto manifatturiero, imprese importanti e strategiche per il nostro tessuto produttivo e per la nostra economia; imprese innovative e con alti livelli di export.
Per quanto riguarda i settori in cui la cooperazione ha una presenza particolarmente significativa, va in particolare evidenziato il generale rallentamento e la fase di crisi che si è aperta nei comparti costruzioni, abitazione, progettazione; le cooperative edili hanno reagito a questa situazione con politiche di contenimento dei costi, con assunzione di lavori anche a margine zero, pur di garantire il lavoro ai soci ed ai dipendenti.
Nel comparto della Distribuzione e del Consumo, pur in un quadro generale di crisi dei consumi e di perdita del potere d’acquisto dei consumatori, le insegne a marchio cooperativo registrano una sostanziale tenuta dei volumi e di un leggero rafforzamento delle quote di mercato nei prodotti alimentari (food) e soprattutto nelle vendite di prodotti a marchio proprio. Ciò, rappresenta il risultato di una competizione molto forte, con politiche di prezzo per contenere le spinte inflattive e di difesa del potere d’acquisto dei consumatori; queste scelte hanno determinato una forte compressione dei margini e della redditività aziendale.
I comparti dell’autotrasporto-movimentazione merci-logistica sono i settori che stanno soffrendo maggiormente gli effetti della crisi, con un calo dell’utilizzo del parco veicoli e dell’attività che si aggira su un 20/30% dei fatturati; tra l’altro gli autotrasportatori e le imprese di facchinaggio non dispongono di una rete effettiva di ammortizzatori sociali.
Nei comparti della cooperazione sociale e dei servizi, pur non essendo in presenza di crisi eclatanti, vanno rimarcate le problematiche croniche di questi settori soprattutto nei rapporti con la Pubblica Amministrazione per quanto riguarda le tematiche degli Appalti (superamento della pratica degli appalti al massimo ribasso) e la necessità di tenere alta l’iniziativa per la legalità, la sicurezza e combattere le forme di imprese spurie. Una vera e propria emergenza per le imprese, è rappresentata dalla questione dei tempi di pagamento da parte della Pubblica Amministrazione; in alcuni casi anche oltre 1 anno, con gravi disagi per le imprese ed i lavoratori.
Nel comparto agroalimentare, il territorio che pur presenta vocazioni produttive ed eccellenze nell’enogastronomia, dal vino, all’olio, all’ortofrutta, etc,; siamo in presenza di un quadro di difficoltà generalizzate, in cui ad esempio i produttori vitivinicoli da anni spuntano livelli di remunerazione per le uve conferite che non coprono neanche i costi di produzione.
Per dirla in pillole, un’economia cooperativa che negli anni era cresciuta in maniera significativa, ma che in questa fase sta arrancando.
La grave recessione che ha colpito interi settori produttivi, a partire dal manuffatturiero e che si sta estendendo agli altri comparti, richiede un’adeguata azione da parte del Governo centrale a sostegno dell’impresa e dell’economia a partire dagli investimenti nelle infrastrutture e nelle opere pubbliche, innovazione, tempi di pagamento da parte delle Pubbliche Amministrazione, lotta all’evasione fiscale ed a tutte le forme di illegalità e di economia sommersa, ammortizzatori sociali per tutelare i lavoratori esposti ai colpi della crisi.
La Conferenza Sviluppo ed Innovazione promossa da Provincia di Rimini, Enti Locali, Camera di Commercio e che vede partecipi le Associazioni Imprenditoriali e le organizzazioni Sindacali, può rappresentare un tavolo importante per affrontare localmente alcune problematiche, a partire dai temi relativi a: credito e sostegno alle PMI, infrastrutture e mobilità, progetti di aggregazione, appalti, legalità, ammortizzatori sociali.
Gilberto Grazia,
vicepresidente
Legacoop Rimini
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