“I cattolici democratici che dovrebbero essere i più gelosi custodi dell’aconfessionalità del partito e della laicità delle istituzioni”
– Forse disgustati dalla frequentazione delle minorenni denunciata da Veronica Lario, o impressionati dall’ accusa di corruzione del teste Mills, i vescovi italiani hanno cominciato a prendere le distanze dal presidente del Consiglio. Lo ha fatto per tutti il loro presidente cardinale Bagnasco, che ha criticato gli “ammortizzatori davvero modesti” prodotti dal governo e criticato i poco cristiani “respingimenti” dei poveri fuggiaschi dalla Libia, che nei suoi campi di concentramento riserva loro maltrattamenti e stupri. Dal canto loro, “Famiglia cristiana” ha stigmatizzato le “incongruenze e contraddizioni” del presidente del Consiglio e attaccato il cosiddetto “velinismo”, e il padre gesuita Sorge ha scritto: “Mi fa paura il clima della cultura dominante fatto di velinismo”. Non c’è avvocato difensore che tenga: il miglior conoscitore di un uomo è di gran lunga la moglie che gli ha dato tre figli! Veronica ha anche aggiunto che suo marito è malato. All’Aquila, in mezzo alle macerie del terremoto, il marito ha detto alla rappresentante del Friuli-Venezia Giulia: “signora, posso palparla un po’?”.
Ma sarebbe ingiusto insistere su questa faccenda, che Berlusconi stesso ha fatto diventare pubblica attraverso la compiacente trasmissione “Porta a Porta”. Gli italiani sono ancora in attesa delle risposte a dieci domande legittimamente rivoltegli da “Repubblica”.
Ciò che più conta è l’ affare Mills. Sappiamo che nessuno può essere considerato colpevole prima della sentenza definitiva della Cassazione. Siamo, quindi, nel dubbio. Da una parte c’è la magistratura milanese che ha condannato il teste Mills a 4 anni e mezzo dichiarandolo corrotto da Berlusconi. Dall’altra parte abbiamo Berlusconi che definisce scandalosa la sentenza, e la attribuisce alla volontà del tribunale di Milano di condannarlo a tutti i costi per ragioni di preconcetta ostilità politica.
Questa accusa è gravissima, perché il primo dovere del magistrato giudicante è quello di essere imparziale, anche se in precedenza, come in questo caso, ha criticato provvedimenti governativi lesivi del principio secondo cui la legge è uguale per tutti.
Quale conclusione trarre? Che si resta nel dubbio: Berlusconi potrebbe essere innocente, e il tribunale di Milano potrebbe aver commesso un errore (un errore, va sottolineato, e non una mascalzonata!). Ma il nostro uomo potrebbe anche risultare alla fine colpevole di corruzione di un teste. Il dubbio rimane.
E in qualsiasi paese del mondo occidentale nessun presidente del consiglio potrebbe restare al suo posto. In qualsiasi altro paese il presidente del Consiglio, colpito da tanto dubbio, dovrebbe rassegnare le dimissioni. Questo gli va chiesto, fino a sentenza definitiva eventualmente favorevole al presunto corruttore. Altro che Noemi, sua cena a palazzo Madama il 19 novembre 2008 e sue vacanze di Capodanno in Sardegna!
Tutte sciocchezzuole, che possono dare fastidio ai vescovi che avevano esaltato l’ uomo quando aveva imposto ai senatori del Pdl di votare contro il diritto dei tanti papa Englaro di rifiutare l’idratazione e l’alimentazione artificiale: ma non interessano il potere giudiziario.
Tanto, si sa, il processo non si farà mai. Oggi non si farà perché il presidente del Consiglio, caso unico al mondo, non può essere processato in virtù del lodo Alfano, approvato in fretta e furia all’inizio di questa legislatura; e non si farà nemmeno domani, perché interverrà la prescrizione del reato, grazie all’accorciamento dei tempi della prescrizione penale varato con legge ex Cirielli del 5.12.2005 sempre dalla maggioranza berlusconiana.
di Alessandro Roveri
Libero docente dell’Università di Roma