Aveva trascorso la vita a raccogliere materiale, oggetti, giornali, che raccontassero la storia di Morciano. Possiede testimonianze uniche
IN RICORDO
di Francesco Toti
– Un pezzo della vita di Morciano che se ne va. Gianni Romani è stato trovato morto in casa lo scorso 7 maggio in un silenzio assordante. Aveva poco più di 59 anni. Da alcuni giorni non si vedeva per le strade, i pompieri hanno sfondato il portone. Ha lasciato orfana tutta Morciano e lontani parenti a Genova e a Nizza. A Morciano non aveva famigliari. Da alcuni mesi era malinconico e cupo: non andava più al bar, non andava più ai concerti, usciva solo per far la spesa.
Carattere non facile, è stata una bella figura, che ha saputo farsi voler bene dalla comunità, alla quale aveva dedicato energie e tempo. Ha passato la vita a raccogliere ogni frammento che potesse raccontare la storia di Morciano: fogli, giornali, cartoline, video, cimeli, oggetti. Aveva fatto interviste personali facendosi raccontare dai vecchi storie e fatti, soprattutto quelli legati al Morciano Calcio, uno dei suoi amori. Aveva la passione per la musica classica e la lirica. Aveva militato nel Psi e per alcuni anni era stato segretario della sezione morcianese; quando si scelse Bertino Montanari sindaco.
Sapeva farsi voler bene, ma non aveva molti amici. Quello del cuore, con il quale andava per concerti, era, scomparso.
Figura dinoccolata, occhi tristi, pochi capelli, la vita di Gianni è stata tutta in salita. La nonna è vedova e fa l’infermiera alla clinica Montanari. La madre lo concepisce fuori dal matrimonio. Senza padre, viene allevato con affetto dalle due donne alle quali era legatissimo; la madre non si sposerà mai. Scapolo per tutta la vita anche Gianni. Dato i tempi, non deve essere stato facile non avere la paternità. Inizia a lavorare molto presto; fa l’idraulico. Poi entra in Comune di Morciano sempre come idraulico. Finisce il suo iter lavorativo ad Hera alcuni anni fa. I primi anni viveva la pensione come un privilegio; da alcuni mesi era preda dal male oscuro. Male che ti fa star bene solo con i fantasmi di te stesso.
Il primo anno a Hera, si prende una settimana di ferie per la Fiera di San Gregorio. Sprizzava felicità come un bambino. Diceva agli amici che lo incontravano: “E’ la prima volta, finora ho sempre lavorato; ogni giorno vado a mangiare in una osteria diversa”. Sarà sempre così fino alla pensione: faceva coincidere le ferie con la Fiera. Le sagre tipiche delle nostre zone le frequentava con assiduità.
Famiglia di pochi mezzi, pochi anni fa riesce ad acquistare l’appartamento di proprietà comunale di via Roma, di fronte al bar Roma. Il finanziamento glielo aveva concesso la Banca Popolare Valconca; apprezzava la stima che aveva ricevuto durante la stipula del prestito. Era così fiero che lo raccontava agli amici.
Chi scrive era amico di Gianni e Gianni era un collaboratore di questo giornale. Gelosissimo, nell’incredulità dei morcianesi, i suoi documenti li concedeva solo a questa testata. Per ogni San Gregorio forniva una foto storica che possedeva solo lui, che con orgoglio si pubblicava. La testata lo accreditava ai concerti come giornalista; le attenzioni che riceveva quando si presentava a nome del giornale gli piacevano. D’estate, di tanto in tanto arrivava nella nostra bottega. Si chiacchierava, si rideva e si andava al bar per una birra. Lo scriba lo aveva incontrato poco più di un paio di mesi fa per le strade morcianesi. Chiuso in sé, si defilò con una scusa verso casa, quando era solito accompagnarti. Per lui vale il finale dello scdrittore Cesare Pavese: “Mi raccomando, non fate troppi pettegolezzi”. Caro Gianni, che la terra possa essere lieve.