Con la lettura di questo grande autore, noi due, avevamo raggiunto, direi quasi, una perfetta persuasione della immortale bellezza del mondo di natura, cui la scienza dei fenomeni universali serve a dare la felice serenità della vita.
Pensando alla tua richiesta di quella sera e al pensiero che tu non potrai sentirli mai più questi versi, permettimi di recitarteli una ultima volta caro amico e compagno Tilìn.
Dal libro primo del “De Rerum Natura” di Tito Lucrezio Caro (versi dal 248-264; più un’appendice), nella mirabile traduzione dal latino, del professor Luca Canali.
In onore alla memoria del nostro Attilio
“E dunque nessuna sostanza ritorna nel nulla, ma tutte
dissolte ritornano alle particelle elementari della materia.
Si perdono infine le pioggie quando l’etere padre
le effonde a rovesci nel grembo della madre terra;
ma sorgono le splendide messi e verdeggiano i rami agli alberi,
questi si accrescono e piegano al peso dei frutti;
di qui si alimenta la specie degli uomini e delle fiere
di qui vediamo rigogliose città fiorire di fanciulli,
e selve frondose echeggiare delle recenti nidiate,
di qui stanche, le pingui pecore distendono i corpi,
per i floridi pascoli, e il candido umore del latte
stilla dagli uberi colmi; di qui nuova prole di agnelli
sulle tremule membra ruzzanti per le tenere erbe,
si trastulla, le giovani menti inebriate da purissimo latte.
Dunque ogni cosa visibile non perisce del tutto,
poiché una cosa dall’altra la natura ricrea,
e non lascia che alcuna ne nasca se non dalla morte di un’altra.”
[…] “e gli esseri non cesseranno mai di nascere gli uni dagli altri
e la vita non è in proprietà a nessuno, ma in uso a tutti.”
Silvio Di Giovanni